Economia dei furbetti o del capitale? Sul caso Volkswagen

1. L’umanità è stata universalmente convinta delle falsità più universali. E solo attraverso improvvisi balzi, spesso traumatici, ha scoperto che ciò che aveva creduto è falso. Nel caso Volkswagen parte del meccanismo capitalista rivela la propria reale natura. Dove uno si aspetta di trovare efficienti dirigenti d’azienda, in doppiopetto, contornati da ingegneri e tecnici seri e specializzati, trova in verità un manipolo di farabutti che con assoluta disinvoltura ha falsificato la verità per oltre 11 milioni di autovetture.

2. Questi scandali portano i più a pensare che esista un’ “economia dei furbetti”. Le storture del sistema più evidenti vengono così attribuite a deviazioni criminali del capitalismo onesto. Secondo tale vulgata le Borse cadono per colpa “degli speculatori”, l’Italia è indebitata per colpa dei “disonesti”, il sistema funziona ma ci sono gli “sprechi”. E così via.

3. Quanto successo alla Volkswagen è invece quanto più intimamente legato al funzionamento stesso del capitalismo. Non è l’economia dei furbetti. E’ l’economia del capitale. Per questo ci spingiamo a dire, senza dover analizzare i tubi di scarico, che è molto probabile che tutti gli altri concorrenti adottino metodi simili se non uguali.

4. Con una capacità produttiva di 100 milioni di auto e una vendita che nei picchi si avvicina ai 60 milioni, il settore vede una concorrenza agguerrita tra giganteschi monopoli. Massimizzazione del profitto attraverso intensificazione dello sfruttamento della mano d’opera e diminuzione generale dei costi sono imperativi categorici. Risparmiare su sicurezza, salari, materiali, componenti: il consiglio d’amministrazione Volkswagen ha fatto perfettamente il suo lavoro, dal punto di vista del capitale. Semmai la domanda è: perché è stato scoperto?

5. I gruppi capitalisti vivono in guerra costante tra loro. La guerra prevede inganno, raggiro, spionaggio. Tutto questo è reciprocamente saputo e perfino tollerato. Grandi tecnici e manager girano vorticosamente da un gruppo all’altro come i calciatori più pagati. Non esistono grandi segreti, di fatto. E se esistono è perchè tutti li tollerano. Se cessano di esistere è perchè qualcuno ha deciso di colpire l’avversario.

6. Il caso Volkswagen è quindi parte evidente di una guerra commerciale che si sta scatenando come anticipazione del nuovo picco di sovrapproduzione nel mercato dell’auto dopo la crescita degli ultimi mesi. Il segmento colpito non è a caso quello delle auto medio-alte, quello più ambito perché lì ci si aspetta che i consumi reggano di più anche a fronte di una nuova crisi del settore. Non sfugge, ad esempio, che Fiat-Chrysler ha un piano di rilancio faraonico del marchio Alfa Romeo proprio in diretta concorrenza con i settori dove Volkswagen è più forte.

7. Al capitale tedesco la prossima mossa. Se deciderà di generalizzare “lo scandalo” facendo trapelare l’esistenza di simili meccanismi per altri marchi, Volkswagen non avrà alcun “svantaggio competitivo”. Se così fan tutti, non c’è ragione per cui il mercato dovrebbe colpirne uno solo. Se al contrario questo non accadesse, effettivamente il colpo economico subito dalla Volkswagen è di portata tale da ridisegnare le quote di mercato dell’auto come una guerra ridisegna i confini delle nazioni.

8. Nel profondo cinismo di questa società, il danno maggiore che viene citato è quello economico subito dalla casa automobilistica tedesca: 22 miliardi di calo in borsa, 18 miliardi di una possibile multa e una class action potenziale per 11 milioni di autovetture da ritirare e modificare con un costo di 600 euro minimo cada una.

9. Nessuno cita il danno per l’umanità: milioni di autoveicoli che inquinano 40 volte di più di quanto una banale tecnologia può evitare. I costi umani sono indicibili: persone che vedranno meno giorni, bambini che si ammaleranno precocemente. E quelli economici non sono da meno: i costi sanitari per le malattie da inquinamento atmosferico ammontano a 1000 miliardi di dollari a livello mondiale.

10. In pratica, Marx aveva ragione. Il settore dell’auto è in sovrapproduzione. Marx aveva ragione. Il profitto privato è ormai un costo sociale insostenibile. Marx aveva ragione. Il monopolio economico è sviluppato alla massima potenza, ma questo non porta più razionalità ma una concorrenza ancora più devastante e potenzialmente nociva per l’intero genere umano. Marx aveva ragione. Non c’è ragione quindi per cui i grandi monopoli dell’auto non siano sottratti agli attuali cda e grandi azionisti per essere posseduti e controllati collettivamente, per una pianificazione razionale della produzione di mezzi di trasporto non inquinanti e collettivi. Qua starebbe noi avere ragione del processo storico.

da http://www.laragione.org/

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