Invito ad una riflessione su ricerca – università – lavoro

Invito ad una riflessione su ricerca – università – lavoro
Quando quello che difendiamo è ciò che ci distrugge

Negli incontri del nostro collettivo è emerso negli ultimi giorni l’esigenza di voler far delle riflessioni sulla questione dell’azienda Mangiarotti Nuclear i quali lavoratori sono in lotta per mantenere il posto di lavoro. Abbiamo deciso di portare queste riflessioni nel corteo dello sciopero generale di oggi  essendoci nei comunicati degli studenti in lotta riferimenti per dare solidarietà ai lavoratori della  Mangiarotti. Essendo il nostro un progetto che cerca si di opporsi con ogni forza al ritorno del nucleare ma porta con se anche  una critica al sistema stesso dal quale il nucleare dipende ci è sembrato opportuno portare qualche spunto di riflessione alla questione della Mangiarotti e della ricerca universitaria stessa.

Il punto che vogliamo toccare è: come si possono supportare lotte di lavoratori che cercano di mantenere aperta una fabbrica che produce nocività, morte, guerra e tutto quanto concerne con il nucleare (qui parliamo di nucleare per questo caso specifico ma potrebbero esserci diverse circostanze, per esempio lottereste mai con lavoratori  che vogliono mantenere il loro posto in una fabbrica che produce mine antiuomo?). Purtroppo le lotte per il lavoro degli ultimi anni si limitano semplicemente a difendere i posti di lavoro e sono vuote di contenuti più critici che possano essere da catalizzatori per un cambiamento reale della società.

In più c’è anche il discorso sulla ricerca universitaria, visto che è anche il tema per cui da più di un anno a questa parte, migliaia di studenti sono costantemente in mobilitazione per la famigerata riforma Gelmini. Anche qui il discorso è simile a prima, non si tratta solo di capire quanti fondi andranno alla ricerca o meno si tratta di capire che tipo di ricerca vogliamo effettuare. Se l’università studia nuovi metodi per la fissione nucleare è ovvio che questi metodi verranno poi utilizzati per costruire centrali e bombe, è ovviamente tutto collegato.

Da qui l’invito a leggere i testi che abbiamo preparato e dai quali sarebbe interessante creare discussione sulle questioni esposte.

Scarica da qui
Versione per lettura: RicercaUniversitaLavoro.pdf
Versione stampabile: RicercaUniversitaLavoro_imposed.pdf

Presidio informativo a Saronno (VA)

Vi informiamo che domenica 28, dalle 15, si terrà un presidio informativo contro il nucleare, in Corso Italia a Saronno.

Vi invitiamo a passare.

Il volantino distribuito sarà lo stesso del presidio di Milano, avremo una mostra informativa e proietteremo dei video.

Una volta per tutte – Contro il nucleare!

Incidenti Nucleari

Vi riportiamo in questo post 3 file pdf contenenti gli incidenti legati all’utilizzo del nucleare dall’inizio del secolo ad oggi. Queste liste, tratte dal sito www.progettohumus.it, le utilizziamo anche per le iniziative informative pubbliche e sono stati stampati solamente gli incidenti dal 1990 ad oggi, questo perchè per mostrarle tutte dovremmo stampare più di 200 fogli A4!

Come vedrete dall’elenco gli incidenti sono principalmente di quattro tipi: quelli legati all’uso militare (la maggior parte), quelli legati alla produzione di energia nelle centrali, quelli per la ricerca atomica e quelli legati alla medicina (per le radiografie per esempio).
Sicuramente la lista sarà incompleta, anche se in continuo aggiornamento, perchè spesso gli incidenti vengono tenuti sotto segreto militare o di stato.

Non pensate a un incidente nuclearare solo come alle colossali tragedie
tipo Chernobyl, a volte anche una piccola perdita da un reattore può
portare a conseguenze devastatnti.
Per questo forse questa lista può sembrarvi inverosimile ed è per questo, forse, che non ne sapevate niente.

Presidio informativo in P.zza Mercanti

Sabato 6 febbraio 2010 in P.zza Mercanti a Milano dalle 15 alle 19

Presidio informativo contro il nucleare e il mondo che lo produce.

Diffusione di materiale informativo e libri a tema + proiezione video sui rischi e incidenti

Nucleare: un nuovo passo nella catastrofe

Una nuova avventura nel disastro del nucleare è alle porte.
L’illusione che la minaccia nucleare fosse stata scongiurata dalle lotte degli anni ’70/’80 si è infranta di fronte alle brame di profitto e di iperproduzione energetica che lo Stato italiano spaccia come necessità e interesse strategico per il rilancio dell’economia del Paese.

L’assurdità, la pericolosità, l’incremento di nocività che tale progetto comporta sono note a tutti: radiazioni, scorie, incidenti, inquinamento e ulteriore militarizzazione della società. E nessuna menzogna del potere e degli interessi industriali potranno nasconderlo.

Ci raccontano che il nucleare è il mezzo necessario per far fronte al fabbisogno energetico del Paese e che le tecnologie di nuova generazione sono economiche, ecologiche e sicure.

Sistematicamente nascondono che:

  • i costi per la costruzione delle centrali ricadrebbero ovviamente sulle spalle della popolazione (si parla di cifre intorno agli 80 miliardi di euro per sopperire a meno del 20% del fabbisogno energetico del Paese);

  • l’enorme dispersione energetica dei reattori nucleari li rende sostanzialmente privi di convenienza (i costi energetici di mantenimento sarebbero maggiori dei benefici);

  • il loro funzionamento comporta un enorme dispendio di risorse idriche (e ciò proprio mentre si apprestano a privatizzare l’acqua e all’orizzonte ci attendono guerre per l’oro blu);

  • il devastante impatto ecologico delle centrali riguarda la loro produzione, il reperimento dell’uranio, il necessario rilascio periodico di radiazioni, lo smaltimento delle scorie (il cui tempo di decadimento raggiunge i 250 mila anni);

  • anche i reattori di ultima generazione sono ad alto rischio d’incidente (l’attività principale dei tecnici nelle centrali riguarda infatti l’ordinaria gestione degli incidenti);

  • il nucleare è strettamente connesso alla tecnologia bellica (non si dimentichi che è stato inventato per fabbricare bombe e non per produrre energia);

  • il nucleare implica un modello di società sempre più militarizzata (infatti i siti, essendo dichiarati d’interesse nazionale, saranno presidiati dall’esercito);

  • la scelta del nucleare è irreversibile (non solo per il problema delle scorie e per la durata degli effetti delle radiazioni, ma anche perché un reattore, una volta attivato, non può più essere spento)

  • la segretezza dei siti da destinare alle centrali nucleari corrisponde alla classica imposizione dall’alto che in nessun modo tiene conto della popolazione.

Altri contrapporranno le energie alternative al nucleare, senza mettere in questione le cause del continuo incremento delle richieste di energia.

A noi non interessa proporre alternative per il funzionamento di questo mondo.

Riteniamo piuttosto necessario immaginare un’alternativa a questo mondo e alla sua immane produzione di nocività.

UNA VOLTA PER TUTTE
contro il nucleare e il mondo che lo produce
http://www.autistici.org/controilnucleare

«Benedetto nucleare» Spot atomico dalle diocesi

L’unità – 06 luglio 2010

Il nucleare è cosa buona e giusta. L’undicesimo comandamento suonerebbe così, secondo l’opuscolo dal messianico titolo Energia per il futuro : quarantasette pagine di omelia incondizionata a favore dell’energia dell’atomo, confezionate dalla MAB.q – agenzia che cura la comunicazione dell’Enel – e distribuite urbi et orbi in allegato con i periodici ufficiali di diverse diocesi italiane, da Oristano a Trento, da Agrigento a Padova. La benedizione atomica, si legge nell’opuscolo, arriverebbe proprio dal Pontefice il quale «ha auspicato l’uso pacifico della tecnologia nucleare». Nessun dubbio: qualche riga più in là emerge ancora più netto l’orientamento della Chiesa, «la cui posizione ufficiale in materia è stata espressa dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: “La Santa Sede è favorevole e sostiene l’uso pacifico dell’energia nucleare, mentre ne avversa l’utilizzo militare”». Seguono quaranta e più pagine di spot cuciti addosso all’idea che l’atomo sia una scelta salvifica: pulita, sicura, poco costosa, capace di rinfilare l’Italia dentro i tetti fissati dal protocollo di Kyoto. Peccato che se e quando si metteranno in moto i reattori nucleari, l’Italia sarà già in ritardo per il rispetto degli accordi sul clima. Ma tant’è: quale sponsor migliore, per l’atomico made in Italy, di un viatico religioso? Scopri lo sponsor I giornali delle diocesi prendono le distanze dai contenuti: non sono stati loro a redarre l’opuscolo, si sono limitati a ospitarlo come una pubblicità, anche se in nessuna pagina sta scritto che si tratta di un’inserzione a pagamento e men che meno da chi è finanziata. Per capire chi in realtà abbia firmato questa operazione di sdoganamento catto-nucleare, facendola passare per un’obiettiva e asettica informazione, bisogna scivolare fino all’ultima pagina. Qui, nel retrocopertina, si scopre che a curare la pubblicazione è stata tale MAB.q, ermetica sigla dietro cui si nasconde l’agenzia di comunicazione di Egidio Maggioni, responsabile del Centro Tv Vaticana, che nel suo portafoglio clienti vanta un intero filone religioso – Radio Vaticana, Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport, Teleradio Padre Pio, Azione Cattolica, Comune di Lourdes – ma anche nomi di peso come Fondazione Cariplo, Regione Lazio ed Enel. Enel, appunto, che della torta nucleare si accaparrerà una fetta consistente: suoi quattro degli otto reattori che sorgeranno in Italia. L’Ente nazionale energia elettrica nell’opuscolo figura più o meno come una comparsa nei titoli di coda, sfuggente, pressoché invisibile: risulta aver messo a disposizione solo il suo archivio fotografico ed offerto la collaborazione di un suo esperto, ma è intuibile chi abbia ispirato il progetto, attraverso il suo braccio operativo Sviluppo Nucleare Italia. Ed è intuibile che MAB.q sia l’anello di congiunzione tra l’Enel e la Chiesa. Del resto, quando Radio Vaticana aprì le porte alla pubblicità, è stato proprio il gigante dell’energia elettrica l’inserzionista di punta. Quanto abbia fruttato l’allegato ai periodici diocesani non è dato sapere: alcuni di loro, di fronte alle proteste dei lettori, si sono affrettati a prendere il largo dai contenuti e a giustificare la scelta con le difficoltà economiche causate dall’abolizione delle tariffe postali agevolate per la stampa. Nessuna smentita o distinguo sono arrivati invece dal Vaticano, a cui non potrebbe essere sfuggita una strumentalizzazione, se di questo si trattasse, delle parole del Papa, a cui viene attribuita una netta posizione pro-nucleare. Singolare, e chissà quanto casuale, è poi notare che nella geografia scomposta della distribuzione del libretto compaiano alcuni fra i territori più accreditati per l’installazione delle centrali come Oristano, che si candida a ospitare un impianto nella piana di Cirras, e Agrigento, dove designato sarebbe il centro di Palma di Montechiaro. Qui, semmai dovessero sorgere, i reattori saranno avviati con tanto di aspersione dell’acqua santa.

Newsletter del 5 Luglio

-Newsletter di controinformazione-

Attorno alla tematica del ritorno al nucleare in Italia si fa una quantità di chiacchere impressionante, ma le cose che succedono smentiscono spudoratamente tutta la propaganda trionfalista che partiti, governi, istituzioni, media, montano per convincerci che il nucleare è bello, sicuro, pulito, economico.

“Il nucleare creerà migliaia di posti lavoro” è uno dei tanti cavalli di battaglia che i cavalieri dell’atomo utilizzano per procurarsi un po’ di consenso e dissipare malumori e preoccupazioni che il nucleare inesorabilmente suscita.

Il nucleare francese è il modello a cui si ispirano Enel e governo Berlusconi, e sono proprio i lavoratori francesi impiegati in questo settore quelli che più subiscono gli effetti disastrosi di questa mortifera teconologia. Per 50 anni nessuno si è mai interessato a loro. Invisibili. Oggi le loro voci cominciano a farsi sentire e, smentendo le tante menzogne propagandate, rivelano il modo con cui è organizzato il lavoro all’interno di una centrale, rivelano come i subappalti garantiscono profitti e deresponsabilizzazione, rivelano gli enormi rischi per la salute a cui si sottopongono.

Sono circa 22 mila i lavoratori precari del nucleare francese pronti a intervenire per i lavori più rischiosi: manutenzione idraulica, meccanica, pulizia dei macchinari ad alto tasso di radioattività.

Yann, 25 anni, un “jumpers”, assunto con “contratti a termine” attraverso le agenzie interinali che come funghi proliferano nei villaggi delle zone vicine alle centrali e che forniscono manodopera a buon mercato ai colossi del settore come Areva (che detiene di fatto il monopolio della costruzione degli impianti) e EDF il gigante dell’energia che ora deve fare i conti con la concorrenza della privatizzata GDF-Suez.

Yann deve “tuffarsi” nel generatore di vapore che alimenta il reattore e che a intervalli regolari va revisionato. Un’operazione che deve durare non più di 120 secondi pena un sovrairradiamento che lo costringerebbe a restare in quarantena e a perdere quindi parte del suo salario.

La “dose” massima di irradiamento annuale consentito per legge è di 20 millesivert”, ma scopriamo che il concetto di “soglia” definisce il significato di dose massima ammissibile non come la dose al di sotto della quale non si corre nessun pericolo, ma come la dose di radiazioni per cui i rischi per la salute umana (tumori, leucemie, danni genetici) si ritengono compatibili coi benefici economici.

Il livello massimo di radiazioni ionizzanti fino al 2003 era fissato a 50 millesivert annuali per i lavoratori del nucleare e di 5 millesivert per la popolazione: una dose calcolata sulla base delle osservazioni degli effetti della bomba atomica osservati sugli abitanti di Hiroshima e Nagasaki. I rischi non gravano in modo uguale, ma c’è di più: questo livello in seguito è stato rivisto al ribasso su pressione degli organismi internazionali ma nel contempo è stato spalmato in maniera ancor più diseguale lungo la linea gerarchica interna.

La “dose” radioattiva “accettabile” per un pulitore di una ditta subappaltante è di fatto più elevata di quella di un tecnico specializzato di EDF. La “dose” radioattiva “accettabile” per i lavoratori è più elevata di quella della popolazione.

Pierre Lambert, scafandrista, ricorda il suo primo giorno di lavoro nella centrale di Chaux: “Mi hanno chiamato la sera prima dicendo di presentarmi in centrale per un intervento urgente. Assieme a un collega ci siamo trovati ai bordi di una splendida piscina color blu cobalto. Ci siamo immersi.

Quando siamo usciti dalla vasca di raffreddamento il sistema d’allarme ha suonato. Mi hanno detto che ero contaminato e che rischiavo una leucemia. Li per li non senti niente e speri di essertela cavata. Poi a poco a poco gli immunosoppressori attaccano i tuoi muscoli e ti ritrovi senza più la forza di reggerti in piedi. Sul volto compaiono delle ecchimosi, ti guardi allo specchio e assomigli a un mostro. Io ho citato EDF in giudizio. Mi hanno risposto che per gli incidenti sul lavoro in campo nucleare dopo 10 anni scatta la prescrizione” .
Dieci anni: il tempo di incubare la malattia e di occultare le cause che l’hanno provocata.

Il caso di Pierre non rientrerà nelle statistiche riguardanti gli incidenti sul lavoro nel settore del nucleare, perchè secondo la legge i salariati delle imprese subappaltanti di Areva e EDF non sono considerati lavoratori del nucleare. Sono esclusi dal conteggio. I dati esistenti riguardano soltanto il personale interno (i dipendenti di Areva o EDF) che, spiega Annie Thébaud-Mony,  “sta ormai in cima alla scala gerarchica”

“Quando ho cominciato a fare questo lavoro – racconta Jean Marc Pirotton – il mio capo mi parlava di rischio zero. Le centrali venivano definite ultrasicure. Poi hanno lasciato perdere il rischio zero ed hanno cominciato a parlarmi di rischio calcolato”. Oggi la dottrina della radioprotezione che viene divulgata negli stages impartiti al personale si fonda sul principio ALARA, un acronimo derivato dall’inglese (as low as reasonably acceptable) che lascia margini “interpretativi” importanti.

I colossi industriali che pianificano lo sviluppo del settore del nucleare esercitano una forte pressione non solo sulle ditte che per accaparrarsi commesse tendono a tagliare i costi ma anche sui lavoratori. Chi non rispetta la regola del silenzio rischia grosso. E’ il caso di Serge Serre, tecnico EDF con 30 anni di esperienza alle spalle, che dopo aver denunciato alla direzione i tagli dei “lavoratori effettivi” nella centrale di Cruas e i conseguenti rischi per la sicurezza è stato licenziato in tronco. Trattato come un rompiballe, troppo zelante ed allarmista. Serge oggi ha perso il suo status e lavora a chiamata. E’ stato uno degli animatori del blocco della centrale che nel 2008 ha costretto la direzione al reintegro di alcune decine di persone licenziate a causa di un cambio di appalto.

Molti altri suoi colleghi pero’ hanno deciso di abbandonare questa lotta impari. “Ho preferito andarmene – racconta il radiologo Christian Ugolini – la gestione delle centrali oggi si basa esclusivamente sul ricatto e la paura” .

L’Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare indica un totale di 10786 incidenti “significativi” prodottisi nelle centrali francesi tra il 1986 e il 2006. Guasti e fuoriuscite di materiale radioattivo che contaminano i lavoratori, l’ambiente, le popolazioni e gli animali che vivono nelle vicinanze di una centrale nucleare.

Nel luglio del 2008 sul sito di Tricastin prima venne registrata una fuoriuscita di materiale radioattivo che si ando’ a riversare nelle acque del Rodano. Poi una panne alla condotta di uno dei reattori provoco’ la contaminazione di un centinaio di lavoratori. Ma l’incidente è stato presto dimenticato. EDF, AREVA e GDF-Suez avevano preoccupazioni più urgenti:  stanno cercando di “piazzare” i reattori EPR di “nuova” generazione in paesi compiacenti (vedi Italia).

A chi ora continua a progettare“affari” citando il modello francese come luminoso esempio di sviluppo risponde Philippe Billard decontaminatore “contaminato”: “faremo la stesse fine di quelli dell’amianto. E non potremo chiedere il conto a nessuno perche le contromisure sono già state prese: hanno subappaltato tutto, rischi e responsabilità”.

L’Enel e il governo Berlusconi sono pronti a seguire la stessa strada… ma attenzione… STIAMO ARRIVANDO ANCHE NOI!

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26 Giugno No Nucleare Day

Sabato 26 giugno a Milano gli organizzatori del No Nucleare Day daranno spazio ad un intervento di
Gianpaolo Persoglio -Coordinatore Regionale Lombardo di Fare Verde Onlus

Fare Verde nasce nel 1986 per iniziativa di alcuni giovani di Roma appartenenti al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del MSI, dopo una riflessione sulla necessità di affrontare il tema ambientale anche da “destra”,  ottiene il riconoscimento del ministero da Altero Matteoli (AN) l’ allora ministro dell’Ambiente dal celebre motto: «Con me è nata l’ecologia di destra».

«Fare verde» richiamandosi alla tradizione culturale del MSI diffonde l’ ideologia di un nazionalismo verde inteso come amore per la propria terra e come determinazione a difenderla dall’inquinamento, dalla speculazione, dall’usura, dallo scatenamento delle logiche dell’utile. Perché non si può essere ecologisti senza essere conservatori.

Ecco l’opposizione al nucleare che vogliono: Fare Verde non vuole che l’Italia diventi la colonia nucleare della Francia! Oggi i francesi ci vendono solo l’energia elettrica, domani potrebbero venderci le centrali incassando molto di più. E questa è una forma ancora più grave di dipendenza.
Resteremmo dipendenti dall’estero anche per l’uranio. L’Italia non ha scorte significative di questo minerale e neanche la capacità di arricchirlo per farlo diventare uranio-235, il combustibile fissile utilizzato nelle centrali. La maggiore capacità impiantistica per l’arricchimento dell’uranio è ancora in mano francese” così Massimo de Maio, presidente nazionale di Fare Verde, in un intervista.

Per il rilancio dei temi ecologisti, per la rinascita di un reale movimento contro il nucleare, non cerchiamo alternative per il funzionamento di questo mondo, costruiamo alternative a questo mondo alle sue logiche anti-vita basate sullo sfruttamento dell’uomo sull’ambiente e sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo! Contro tutte le nocività mettiamo sul banco degli imputati il sistema di produzione capitalista, per sconfiggerlo definitivamente e scaraventarlo in un buio sottoscala della storia, affinché non ritorni mai più.

Non c’è nulla da conservare, tantomeno gli avanzi avariati della destra sociale!

NESSUNA AGIBILITA’ AI FASCIO-ECOLOGISTI

NOI CI SAREMO!!

26 giugno, Milano – Piazza Fontana dalle 14 alle 18


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Corte Costituzionale: stop a norme ’sblocca centrali’

La Corte Costituzionale ha, nei giorni scorsi, dichiarato l’illegittimità
costituzionale del cosiddetto decreto “sblocca centrali” che dava al Governo
mezzi e poteri straordinari, che potevano essere utili, per ammissione dello
stesso Ministro dell’Ambiente che li criticava, anche per la localizzazione
delle centrali atomiche. E’ un’ottima notizia soprattutto per chi, come il
governatore della regione Puglia Vendola, ha dichiarato che che il nucleare in
Italia si può fare “solo con i carri armati”.

La Consulta ha bocciato l’articolo 4 commi 1,2,3,4 del decreto legge primo
luglio 2009, n. 78 dopo il ricorso delle regioni Umbria, Toscana, Emilia-
Romagna e la Provincia autonoma di Trento. L’articolo 4 riguarda “interventi
urgenti per le reti dell’energia” e al comma 1 prevede che il Consiglio dei
ministri su proposta dei ministri competenti “individua gli interventi relativi
alla trasmissione e alla distribuzione dell’energia, nonché, d’intesa con le
regioni e le province autonome interessate, gli interventi relativi alla
produzione dell’energia, da realizzare con capitale prevalentemente o
interamente privato, per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in
riferimento allo sviluppo socio-economico e che devono essere effettuati con
mezzi e poteri straordinari”. Bocciati, quindi, anche i poteri di sostituzione
e di deroga rispetto agli Enti Locali attribuiti dal comma 2 dell’Articolo 4 ai
Commissari nominati dal Governo.

Si tratta di una prima buona notizia, in attesa della pronuncia più importante
della Corte Costituzionale: quella del prossimo 22 giugno sulla delega al
Governo per l’autorizzazione delle centrali nucleari contenuta nella legge
99/09. Ricordiamo che a ricorrere nello scorso autunno sono state undici
regioni e per loro la delega non sarebbe illegittima per quello che dice, ma
per quello che non dice. Si macchierebbe di incostituzionalità nella misura in
cui non impone espressamente al Governo di rispettare le competenze delle
Regioni in materia di energia nel disciplinare la produzione di energia da
fonte nucleare. Si tratta comunque di un ricorso particolarmente importante
poiché potrebbe restituire alle Regioni il potere di veto sulla realizzazione
di impianti nucleari sul proprio territorio.

di Roberto D’Amico

Newsletter del 17 Giugno

IL NUCLEARE CHE AVANZA…
Il verbo Avanzare ammette sia la forma transitiva che intransitiva. Nella sua  forma transitiva Avanzare ha il  significato di “procedere”, “andare avanti” ecc.  Nella sua forma intransitiva l’uso comune lo classifica con il significato di “rimanere come residuo”, “essere in più”, appunto: Avanzare…

La rinascita del nucleare italiano avanza con decisione, il piano per realizzarlo si chiama Programma nucleare Italia definito da Enel e la francese EdF (Électricité de France è la maggiore azienda produttrice e distributrice di energia in Francia), avviato da Enel e Confindustria dal mese di gennaio e prevede la ricostruzione di una filiera nazionale dell’atomo cioè un’industria italiana del nucleare, con un indotto ampio e articolato non solo per la componentistica dell’ “isola nucleare” ma per tutte le forniture civili e meccaniche delle centrali.

In soldoni: una bella torta da 30 miliardi di euro.  Proprio niente male in tempi di crisi come questi come, del resto, sottolinea Fulvio Conti AD di Enel «Questo è un momento importante per l’Italia perchè in un contesto di grave difficoltà economica a livello mondiale, che mette a dura prova il nostro tessuto produttivo e occupazionale, prende avvio un progetto di rilancio infrastrutturale con pochi precedenti nella nostra storia per dimensione e qualità».


Il « Supply Chain Meeting » (da gennaio a giugno) con l’obiettivo di mappare le conoscenze e le competenze in materia nucleare esistenti in Italia ha costituito il primo passaggio di questo programma che porterà alla successiva fase di qualificazione delle imprese, per arrivare poi all’invito alle gare d’appalto. Nel corso di questi incontri (Roma 19 gennaio, Torino 24 aprile, Mestre 19 maggio) Enel ha illustrato alle aziende di tutto il territorio nazionale il processo di coinvolgimento e della qualificazione nei progetti per la costruzione di centrali atomiche con la tecnologia EPR (reattori di 3° generazione costruiti dalla francese AREVA) che saranno realizzati in Italia. Questa fase ha praticamente creato un consistente gruppo di industrie che hanno la capacità produttiva adatta per garantire la fabbricazione di tutto ciò che permetterà la costruzione delle centrali nucleari. Queste industrie sono registrate in un apposito portale.
La seconda fase è appena iniziata e prevede una serie di incontri con le industrie registrate e le relative associazioni territoriali: il giorno 8 giugno ci sono stati due incontri uno a Milano nella sede di Assolombarda e a Brescia in quella dell’Associazione industriale. Hanno partecipato 130 aziende lombarde.

IL NUCLEARE CHE AVANZA…


Bosco Marengo (AL), dicembre 2009, il movimento antinuclearista attende con ansia l’udienza davanti al TAR Piemonte per il ricorso presentato contro la costruzione di un deposito di scorie nucleari. Tutto nasce quando il governo dispone per decreto che la Sogin, già Fabbricazioni Nucleari (Enea), avvii la dismissione del sito di Bosco Marengo, dove sono custoditi 550 fusti di combustibile nucleare. Immediata la protesta di Medicina democratica, Legambiente, Pro Natura e Movimento per la Decrescita Felice, che ricorrono al Tar del Piemonte: «Il decreto è illegittimo – sostengono – perché contrasta con la legge del 2003 che impone che i materiali radioattivi siano custoditi in un sito nazionale super-sicuro, peraltro non ancora individuato». Le operazioni di smantellamento dell’impianto nucleare e il seppellimento «a tempo indeterminato» delle scorie radioattive, farebbero di Bosco Marengo un deposito autorizzato: «Il primo fra quelli che Sogin, il braccio armato del governo, vuole imporre nel Paese».
Ansia mista a speranza quella delle associazioni che hanno proposto il ricorso, speranza che « la pronuncia del TAR, se a noi favorevole, diventerà un precedente con enorme valenza per tutto il territorio nazionale».


E così è stato….


Ad aprile 2010 il TAR del Piemonte ha dato ragione al Governo e alla SOGIN, ha autorizzato il deposito nucleare a Bosco Marengo, creando così un precedente valido per tutti gli ex siti nucleari che da ora in poi sono destinati ad essere depositi di se stessi.
Perfetto!
Il Governo, la SOGIN spalleggiati dalla Regione Piemonte, dalla Provincia di Alessandria, dal Comune di Bosco Marengo hanno vinto: visto che i fusti radioattivi sono già stoccati a Bosco Marengo, il loro “seppellimento” non ne aumenterebbe la pericolosità! Realizzeranno così un depostito dove tombare le scorie nucleari per un periodo di tempo “provvisorio e indeterminato” in una zona ad alta densità di popolazione e a rischio sismico.

In Piemonte si trova la maggior quantità di rifiuti radioattivi risultato della stagione nucleare passata e sono suddivisi su tre siti:


1) a Saluggia, nell’impianto Eurex (Enriched uranium extraction) per il riprocessamento del combustibile nucleare, operazione volta principalmente al recupero del plutonio, materiale che serve soprattutto nell’ambito del nucleare militare :  lì sono stati accumulati negli anni diversi di questi elementi di combustibile, diverse barre perché dovevano servire per poter, nel tempo, recuperare sempre più plutonio perché era un materiale strategico: è rimasto il materiale su cui si è lavorato, 5 chili di plutonio . Poi c’è il deposito Avogadro che contiene oggi l’85% dei rifiuti nucleari nazionali, di fatto esso rappresenta già adesso il Deposito Unico di cui si parla, vicinissimo alla Dora Baltea che è uno dei più grandi affluenti del Po ad appena un chilometro e mezzo a monte del più grande acquedotto del Piemonte che ha i suoi pozzi a valle di questi impianti nucleari.
2) a Trino dove c’è la centrale nucleare, proprio in riva al Po c’è il nocciolo stesso della vecchia centrale.
3) a Bosco Marengo, nell’impianto di fabbricazione di combustibile necessario al funzionamento delle centrali. In questo impianto sono accumulati rifiuti radioattivi, in gran parte uranio naturale e uranio arricchito.


FERMIAMO IL NUCLEARE!
Il nucleare avanza, un radioso futuro radioattivo ci attende… Ma noi non lo vogliamo! Siamo retrogradi? No! E’ che delle brame di profitto e di iper-produzione energetica che ci spacciano come necessarie non vogliamo sentir parlare! A noi non interessano ricette e alternative in grado di garantire il funzionamento di questo sistema. A noi interessa costruire un’alternativa a questo sistema e alla sua immane produzione di nocività.
Il nucleare non serve, il nucleare fa male, il nucleare non è smaltibile, il nucleare è militare.

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Centrali nucleari, i piemontesi rischiano di diventare il Deposito Nazionale dei rifiuti di tutti

Piemonte – Il ritorno al nucleare sta creando perplessità e agitazione in tutte le regioni d’Italia, in Piemonte in particolare. Mentre dall’Emilia Romagna al Lazio, alla Sardegna, molti cittadini e amministratori si rifiutano di accettare l’idea della costruzione di centrali nucleari, i piemontesi rischiano di diventare il Deposito Nazionale dei rifiuti di tutti. In Piemonte, oltre alla dismessa centrale di Trino, nel Vercellese, ci sono il comprensorio di Saluggia, sempre in provincia di Vercelli, e l’impianto Fn di Bosco Marengo, nella zona di Alessandria. A Saluggia sorgono il deposito di residui nucleari Avogadro e l’impianto Eurex (Enriched uranium extraction) per il riprocessamento del combustibile nucleare, operazione volta principalmente al recupero del plutonio, “materiale che – chiarisce Gian Piero Godio, responsabile di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta per il settore energia – serve soprattutto nell’ambito del nucleare militare”. “Il deposito Avogadro contiene oggi l’85% dei rifiuti nucleari nazionali, di fatto esso rappresenta già adesso il Deposito Unico di cui si parla e il timore dei cittadini è proprio questo – spiega Godio – Le caratteristiche del sito in cui è stato costruito il deposito Avogadro e in cui vogliono costruire il D-2 contraddicono una delle fondamentali indicazioni di prudenza, visto che il comprensorio costeggia la Dora e si trova a meno di 2 chilometri di distanza dai pozzi d’acqua che riforniscono le province di Asti,  Alessandria e Torino”. Quello del deposito non è un problema nuovo, nemmeno la vecchia amministrazione con a capo Mercedes Bresso, dichiaratasi contraria al nucleare, è al riparo dalle critiche degli ambientalisti.

Dansette