Non solo Tav: in Valle di Susa un sito di trattamento scorie radioattive
Il piatto forte tra quelli sul tavolo per fare restare l’acciaieria in Valle di Susa è radioattivo. Per mantenere l’occupazione nel polo siderurgico di San Didero la Beltrame chiede, tra le altre cose, di poter sviluppare il progetto di un sito di processamento di materiali radioattivi contaminati prevalentemente da Cesio 137. Ma il Comune di San Didero si è già dichiarato nettamente contrario.
Nell’ultimo incontro in Regione, la Beltrame ha chiesto al Ministero dello sviluppo e al Commissario di governo per la Torino-Lione Mario Virano di farsi promotori di questa richiesta accanto a quella di produrre teleriscaldamento per i comuni della bassa valle. Richieste che si aggiungono alla proposta di inserire la valle di Susa tra le zone franche italiane, di ricevere energia a costi contenuti e di poter utilizzare i trasporti ferroviari a prezzi competitivi. Tutto questo pacchetto potrebbe entrare all’interno delle misure per aumentare l’occupazione nel territorio attraversato dalla nuova linea Torino-Lione. Ma non è automatico che il sito per scorie radioattive possa essere pagato con i soldi delle compensazioni del Tav. Anzi, per certi versi, questa proposta della multinazionale vicentina è una bomba che rischia di avvelenare ulteriormente il clima.
La Beltrame vorrebbe utilizzare l’esperienza maturata con l’incidente del 28 ottobre 2005 per realizzare un sito nazionale per il trattamento dei materiali contaminati, che andrebbero poi stoccati nel futuro deposito nucleare nazionale , che come è noto, è ancora da individuare. Con l’impianto di riprocessamento dei materiali contaminati, che sarebbe l’unico in Italia, l’azienda conta di ricavare buona parte di quei 27 milioni che le servono per restare in valle di Susa e compensare uno stabilimento siderurgico non più redditizio. E propone di impiegare almeno 80 operai, solo in questa attività.
La proposta della Beltrame ha ovviamente fatto saltare sulla sedia la sindaca di San Didero, Loredana Bellone, che è una delle attiviste storiche del movimento No Tav ed è da sempre contraria al passaggio dei convogli delle scorie nucleari che da anni transitano sulla ferrovia per andare agli impianti di riprocessamento di Sellafield e di La Hague. Così, l’altro ieri, il Consiglio comunale di San Didero ha votato un ordine del giorno contro la “proposta indecente” della Beltrame.
«Le soluzioni adottate dopo l’incidente del 2005 sono state ottime – riconosce Bellone – Ma quello è stato un incidente. Un caso sporadico e di forza maggiore. Trasformare quella esperienza e l’impianto che serve a rendere più sicura l’acciaieria, in un business rivolto al mercato mi pare una vera e propria esagerazione. Se è così, l’impianto per l’individuazione del Cesio e di trattamento dei materiali radioattivi se lo possono smontare e rimontare da un’altra parte. Siamo consapevoli che gli operai rischiano di perdere il posto di lavoro per la chiusura delle acciaierie. Nell’ordine del giorno abbiamo espresso tutta la nostra solidarietà a loro e alle famiglie. Ma questa non è certo una soluzione. Come Comune non daremo mai un parere favorevole ad ospitare un impianto nazionale di trattamento di materiali radioattivi a favore di terzi. Se lo scordino pure».
Anche la Fiom ha già espresso parere contrario.
«Lì deve rimanere un’acciaieria – dice il sindacato – non deve essere sostituita con lavorazioni che non farebbero altro che aumentare i rischi per la salute dei lavoratori».
La proposta della Beltrame mira a rendere produttivo il sistema di individuazione e decontaminazione da Cesio che fu realizzato a seguito dell’incidente. Il 28 ottobre 2005, un camion pieno di polveri decantate dei camini dell’acciaieria che provenivano dall’impianto di pellettazione dei residui di fumi, fece scattare il sistema di allarme radiologico. Si scoprì che nel rottame ferroso fuso dall’acciaieria c’era una partita che conteneva Cesio 137 che aveva sparso polveri radioattive in giro per la valle, senza, per fortuna, produrre eccessivi danni all’ambiente e alla salute. Rottami contaminati da americio dei parafulmini erano già stati individuati in passato.
Dopo questa brutta esperienza, la Beltrame aveva introdotto innovativi sistemi di prevenzione, monitoraggio e decontaminazione. Oggi, l’azienda vorrebbe trasformare le proprie attività affiancando dell’acciaieria a quella di produttore di teleriscaldamento e di polo di decontaminazione.
di Massimiliano Borgia
Tratto da: Nuova Società del 3 Maggio 2013