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ROMA RICORDA BOBBY SANDS

24 aprile 2011 Nessun commento

Ricorre il 5 maggio di quest’anno il 30° anniversario del martirio del patriota irlandese Bobby Sands, un Uomo che non ha esitato a gettare la sua giovane esistenza nei vorticosi avvenimenti del secolo scorso, sacrificandola ai valori eterni di Libertà, Indipendenza, Giustizia Sociale. Trent’anni fa, nel carcere-lager di Long Kesh, il giovane Bobby diede inizio ad un lungo, estenuante, poi fatale, sciopero della fame, lo seguirono altri 9 Volontari della causa Repubblicana, morirono tutti, dopo un agonia lunga mesi interi. I 10 prigionieri scelsero l’arma disperata dello sciopero per protestare contro un governo occupante, quello britannico, che non solo riempiva le galere di combattenti repubblicani ma si rifiutava, perfino, di riconoscere loro lo status di prigionieri politici, trattandoli alla stregua di criminali comuni. Questa era la democrazia della liberale Gran Bretagna, questo il modus operandi della tanto compianta Margaret Tatcher, un energumeno in gonnella, pronta a dispensare a piene mani carcere, tortura, privazioni per tutti quei nord irlandesi continuatori ed eredi della secolare lotta per l’autodeterminazione e l’indipendenza nazionale. I combattenti dell’IRA e dell’INLA lottavano contro uno Stato fantoccio (Ulster) creato degli inglesi nel 1922, e consegnato nelle mani dei fidi protestanti unionisti, discendenti dei coloni inglesi, artefici spietati di un sistema sociale iniquo, basato sull’apartheid e la discriminazione. I cattolici nord-irlandesi, infatti, erano privati di ogni diritto civile, osteggiati sul lavoro, esclusi dai servizi sociali, segregati in quartieri dormitorio, veri e propri ghetti, cittadini di serie B, senza dignità e senza speranza. Questo era il clima sociale da cui, nei primi anni ’70, prese corpo una lotta di massa, quella di tanti giovani come Bobby, decisi a spezzare le catene della schiavitù neocoloniale all’ombra della Union Jack e riunificare la loro Patria per consegnare alle generazioni future una libera Repubblica Socialista d’Irlanda.
Bobby era, allora, un ragazzo come siamo noi, oggi. Il sociologo di turno potrebbe dire: “nato e cresciuto nel posto sbagliato al momento sbagliato”, in un quartiere di periferia, da una famiglia di onesti lavoratori discriminati perché cattolici. Ma nel suo cuore non c’era spazio –come, oggi, qualche mistificatore, interessato a creare falsi e odiosi feticci, vorrebbe farci credere- per “guerre di religione”, sciovinismi o, peggio ancora, razzismo. I colori del tricolore irlandese, la bandiera sotto la quale Bobby e tanti altri hanno dato la loro vita, simboleggiano l’unione e la fratellanza del Popolo –verde, i cattolici, arancione, i protestanti- oltre ed al di fuori delle appartenenze religiose. Bobby era il classico ragazzo della porta accanto non un “superuomo” o un “eroe” piombato sulla terra da chissà dove, per questo, il suo martirio e il suo coraggio costituiscono un monito potente in grado di infiammare, ancora, i cuori e le menti di tanti giovani ribelli in Irlanda come in Europa e nel mondo intero, oltrepassando gli anni e i confini. Per questo intendiamo fare tutto quanto ci sarà possibile perché, anche a Roma, la sua figura venga onorata nel modo dovuto in occasione del trentennale. Affinché tutti ricordino, in un momento così buio per il nostro Paese, come la “politica” –questa nebulosa parola- non debba necessariamente essere un’oscena accozzaglia di papponi ben vestiti che si ingozzano con privilegi e denari ma possa ancora rappresentare quella nobile e difficile lotta per una trasformazione radicale della società, un lontano orizzonte per il quale, tanti come Bobby, hanno dato vita, sogni e speranze.

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Report Fotografico della Marcia Commemorativa

18 aprile 2011 3 commenti

Ciao Vittorio!

18 aprile 2011 1 commento

Alla fine Vittorio non ce l’ha fatta. Il suo corpo è stato trovato privo di vita ieri notte dalle forze di sicurezza di Hamas, soffocato dai suoi rapitori. Si è avverato purtroppo quello che tutti scongiuravamo e ritenevamo totalmente privo di senso, umanamente e politicamente. Questo assassinio è un atto contro il popolo palestinese e un favore insperato per il suo nemico dichiarato, lo stato di Israele, oggi facilitato nel mostrare al mondo il presunto fanatismo dei palestinesi di Gaza. La cosa insopportabile è che oggi sentiremo parole dolci di circostanza e lacrime di coccodrillo versate da uomini che Vittorio lo detestavano. Ciò che fa più male, è il suo essere diventato martire per mano palestinese. Chi ha conosciuto Vittorio in questi anni sa quanto era “preparato” (se lo si può essere) alla morte. Ci conviveva quotidianamente, visitando e aiutando le vittime dei tanti raid israeliani, sentendo fischiare a pochi centimetri del proprio corpo i proiettili israeliani che i cecchini di Tsahal sparavano per divertirsi ai contadini e pastori che Vittorio e altri scudi umani internazionali accompagnavano nelle loro uscite.

Chi l’ha ucciso è un nemico del popolo palestinese. Lo stanno dicendo da ore i post che in rete, su facebook e gli altri social network, testimoniano l’amore che il popolo di Gaza e tanti altri uomini e donne in giro per il mondo, stanno dimostrando per Vittorio, riconoscendo in lui un compagno prezioso e un testimone insostituibile. La frase più tipica che potete trovare in questi messaggi è questa: “Vittorio era più palestinese di chi l’ha sequestrato”.
Il coraggio e l’umiltà che lo contraddistinguevano erano quanto di più lontano dall’olografia celebrativa e sterile dell’eroe senza paura. Nei suoi racconti, nelle sue preziose testimonianze, non nascondeva mai gli effetti traumatici e terrorizzanti del vivere assediato in una terra percorsa dalla guerra. Raccontava con grande semplicità le paure e le tensioni dell’essere bersaglio mobile dei cecchini israeliani o vittima statistica di una bomba piovuta dal cielo. La sua stessa fisicità, il tono della sua voce, erano in qualche modo testimonianza vivente e concreta degli orrori perpetrati da Israele contro il popolo palestinese. Confessava senza falsi pudori la paura del corpo che trema sotto i bombardamenti e l’essere afflitto cronicamente da disturbi da stress post-traumatico, la condizione “normale” dei/le palestinesi della Striscia.
Una testimonianza molto umana la sua. “Restiamo umani” era infatti il sigillo con cui chiudeva ogni sua corrispondenza.

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San Lorenzo: occupata la Sala Cinema Palazzo in piazza dei Sanniti

18 aprile 2011 1 commento

I cittadini/e di San Lorenzo hanno occupato la Sala Cinema Palazzo in piazza dei sanniti per rivendicare la destinazione d’uso culturale dello stabile.
Il cinema teatro “Palazzo” in piazza dei Sanniti, nel quartiere popolare di San Lorenzo, ha una lunga storia e tradizione iniziata nei primi decenni del ’900, alla fine dei quali l’intera struttura ha ospitato una sala biliardo e una sede del Bingo. Tale trasformazione ha pian piano svilito ed umiliato questa tradizione legata al mondo della cultura che nel corso degli anni ha coinvolto artisti di dichiarata fama primi tra tutti Ettore Petrolini e Romolo Balzani.

Attualmente è in corso un’altra ristrutturazione da parte di una Società privata, dell’intera struttura per ospitare ed allestire un Casinò con tanto di slot machine e giochi virtuali. L’ennesimo esempio di una cultura non cultura legata solo al gioco d’azzardo e all’impoverimento e alla mortificazione delle potenzialità artistiche e culturali dell’intera città di Roma.

Invitiamo quindi tutte le risorse culturali ed artistiche, esponenti politici, Enti Teatrali a personaggi legati al mondo della cultura e dello spettacolo del Paese, a partecipare ed a discutere insieme sull’utilizzo delle risorse da destinare ai fini culturali ed al fine di scongiurare l’ennesimo scempio speculavo e di creare un centro/laboratorio di una scuola romana di teatro e danza aperta alle aspirazioni di tanti giovani e non, che ancora credono alla cultura come espressione massima o per la società e per l’uomo che ha da sempre creato una coscienza ed un pensiero autonomo fondativo di una coscienza civile libera da ogni imposizione.

YURI GAGARIN, FIGLIO DELL’OTTOBRE ROSSO!
1961 – 2011

12 aprile 2011 1 commento

da senzatregua.org

Il 12 aprile del 1961 Yuri Gagarin è il primo uomo nello spazio. Lanciata alle 9.07, ora di Mosca dal cosmodromo di Bajkonur, la navicella spaziale Vostok 1, la prima progettata per portare un uomo, compì in 88 minuti un giro dell’orbita terrestre per atterrare in URSS alle 10.20, riportando il suo pilota sano e salvo, acclamato come un eroe di tutti i popoli.
Gli occhi del mondo si rivolsero all’Unione Sovietica e alla sua storica impresa; l’occidente scommetteva in una clamorosa disfatta che avrebbe umiliato l’URSS davanti ai riflettori del mondo intero. Ma non fu così. Appena giunto in orbita Gagarin poté vedere ciò che prima nessun uomo aveva mai visto. “La Terra è bellissima, è azzurra, non ci sono confini né frontiere.”

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ONORE E GLORIA ETERNA AI CADUTI PARTIGIANI

6 aprile 2011 1 commento

Sabato 16 aprile, è ormai il terzo anno, sfileremo su via Tiburtina per portare il nostro commosso saluto al sepolcreto dei caduti della Resistenza romana.
Pochi mesi fa, ci ha lasciato la staffetta partigiana Zaccaria Verucci che, negli scorsi due anni, aveva marciato al nostro fianco aprendo simbolicamente il corteo. E’ stato un grande onore per noi poter condividere con lui quei momenti ma il tempo è impietoso e se da un lato gli ultimi partigiani rimasti se ne vanno per sempre, dall’altro, gli uomini di potere non perdono occasione per relegare la tensione etica che ha animato i resistenti nella soffitta delle lontane nostalgie. Per le caste trasformiste d’Italia la Resistenza non può che rappresentare un precedente scomodo.
Il sangue dei partigiani ha scritto, ieri, alcune delle pagine più belle e gloriose nella storia di questo Paese. Oggi, per noi, quel sangue versato deve tornare ad essere linfa vitale, solo rendendo onore quotidianamente all’esempio dei combattenti antifascisti, infatti, avremo la forza di trovare, domani, stimoli e impulsi continui nella lotta per un orizzonte futuro. Non ci rassegniamo allo schifo di chi ci governa, alle meschinità della classe politica, a chi plaude alle guerre di razzia contro altri popoli e paesi, alle prepotenze istituzionalizzate sui luoghi di lavoro e nelle scuole. Settant’anni fa la gioventù d’Italia si ribellò alla guerra e ai mercenari dell’arbitrio e del dispotismo, oggi tocca a noi! La Resistenza rappresenta le nostre radici e le nostre ali, l’esortazione più nobile a combattere per la Giustizia Sociale e la Libertà.
Nell’Italietta dei Marchionne, dei papponi ben vestiti che siedono in parlamento, dei 4 morti sul lavoro ogni santo giorno, IL SANGUE DEI VINTI, contrariamente a quanto qualche noto pennivendolo ha cercato di farci credere negli ultimi anni, E’ IL SANGUE DEI PARTIGIANI. Per loro, a chi tutto ha dato senza niente chiedere, il nostro perenne ricordo e la nostra promessa di lotta. Che il loro sacrificio non sia stato vano.

1945-2011
LA RESISTENZA CONTINUA

Albrecht “Ali” Hohler (Bastardi Senza Storia)

30 marzo 2011 Nessun commento

prova prova

- Un autentico “villain” e quindi un antinazista scomodo e impresentabile per la storiografia democratica: il 14 gennaio 1930, Albrecht “Ali” Hohler, ex gangster e militante della RFKB, uccise il capo delle SA berlinesi Horst Wessel vendicando i proletari di Friedrichshain. Dopo l’avvento al potere di Hitler, morì due volte, ucciso fisicamente dai nazisti e colpevolmente dimenticato dal conformismo di certo antifascismo.

Svariate insubordinazioni alla nuova linea continuarono a verificarsi tra i ranghi della Rfkb (Lega dei Combattenti Rossi di Prima Linea), tanto che diversi deputati del partito ne chiesero il definitivo scioglimento in modo da porre fine all’ormai intollerabile mancanza di disciplina di alcuni dei suoi affiliati. Per la Kpd (Partito Comunista Tedesco), l’azione paramilitare dei Combattenti rossi era divenuta un problema politico, tanto più che nel loro rispondere secondo la logica dell’occhio per occhio alle violenze naziste, le unità combattenti vicine al partito avevano finito con l’incamerare buona fetta di un singolare sottobosco metropolitano, quello delle gang giovanili, politicamente di difficile gestibilità e portatore di una conflittualità endemica ed esasperata.
Contrariamente a quanto prescritto dalla sua interpretazione ortodossa del marxismo, la Kpd per una serie di contingenze si era trovata a esercitare una certa egemonia non sul mondo delle fabbriche, suo malgrado, ma su quegli ambienti ideologicamente spuri che erano i ghetti proletari delle grandi città come Amburgo e Berlino. Qui, infatti, l’idealtipo della militanza comunista, il giovane operaio politicizzato, coesisteva gomito a gomito, con le figure asociali e antisociali della piccola criminalità e delle wilde cliquen (‘squadre selvagge’), gruppi di giovanissimi autorganizzati in bande di strada.
Quello delle gang di quartiere divenne, nella Germania del dopoguerra, un vero e proprio fenomeno sottoculturale di massa, con decine di migliaia di effettivi, che impensieriva Istituzioni locali e nazionali. Gli affiliati erano portatori di un codice etico che sovvertiva la morale comune: durezza, coraggio, difesa del proprio territorio, intolleranza all’autorità costituita, predisposizione alla violenza fisica, questi erano alcuni dei requisiti necessari per far parte di una gang. Le prove di ammissione per i neofiti, spesso prevedevano l’attacco a un gruppo individuato come nemico, il pestaggio dei componenti e la requisizione dei simboli ostentati, distintivi, toppe, fazzoletti.
La crisi economica del ’29 e gli sfaceli sociali che ne conseguirono, portarono alla politicizzazione di una fetta consistente delle gang e molti si avvicinarono alla Kpd, o meglio alle sue unità paramilitari. La disoccupazione endemica spinse la gioventù proletaria a cercare riscatto e identità attraverso l’ingresso in quelle organizzazioni che si impegnavano a combattere radicalmente contro lo stato di cose presenti.

- estratto dal libro di Valerio Gentili “Bastardi Senza Storia” in uscita aprile 2011

Libia: la “rivoluzione” dei mercenari dell’euro e del dollaro‏

28 marzo 2011 Nessun commento

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”
- Josef Goebbels
nato_assassini

Ci poniamo alcuni interrogativi sul conflitto: Se la guerra in Libia, secondo qualcuno, non può essere nemmeno definita come tale ma, più corretamente, “missione umanitaria di pace” per esportare democrazia, perchè fa parte della coalizione NATO, che attualmente sta bombaradando obiettivi civili di uno Stato sovrano, una nazione come il Qatar? Vale a dire una sanguinaria monarchia teocratica? Perché i freedom fighter$ d’oltralpe e a stelle e strisce non hanno fatto nulla, tre settimane fa, quando il piccolo Regno del Bahrain è stato invaso dall’Arabia Saudita col preciso obiettivo di reprimere nel sangue la locale rivolta di popolo contro il feroce monarca? La regola dei “diritti umani” funziona, allora, solo quando fornisce un comodo paravento per altri interessi (magari economici)?
Fino ad ora, questa guerra ha fatto emergere, da un lato, lo scontro tra gli “imperialismi straccioni” d’Europa (Inghilterra e Francia vs Italia) e dall’altro, ha realizzato il capolavoro machiavellico del premio nobel (?) per la “pace” Barak Obama, un uomo che è riuscito a fare una guerra di razzia passando, grazie ad un’abile manipolazione e cura dei mezzi di propaganda, per un campione del pacifismo. Il bello è che qualcuno, in alto, ha finito per fingere di crederci davvero (!), un esempio? Il nostro presidente della repubblica, che ha negato, mentre l’aviazione NATO bombardava obiettivi civili in Libia, l’esistenza stessa di una guerra.
Nel mondo libero d’occidente si aggira uno spettro…quello di Goebbels!

Un interessante articolo da Peacereporter svela alcuni retroscena di questa moderna “crociata umanitaria”:

Rivelazioni sul coinvolgimento dei servizi segreti francesi nella pianificazione delle rivolte anti-Gheddafi e sulla presenza in Cirenaica di forze speciali angloamericane fin dalle prime fasi della ribellione, se non da prima.
Se non fosse per l’aspro scontro diplomatico in atto tra Italia e Francia sulla Libia, difficilmente saremmo venuti a conoscenza degli imbarazzanti retroscena della ‘rivoluzione libica’ pubblicati ieri dalla stampa berlusconiana, che dimostrano come la rivolta popolare contro Gheddafi sia sta orchestrata da Parigi fin dallo scorso ottobre.

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335 Spine nei Nostri Cuori

24 marzo 2011 Nessun commento

Una suggestiva manifestazione ha ricordato l’eccidio del 24 marzo 1944: ieri sera, più di cento persone si sono ritrovate in Largo Bompiani per un presidio commemorativo. Verso le 21 è stata accesa e lanciata in volo la prima lanterna e progressivamente le altre 334, ognuna in ricordo delle vittime dei nazisti.

L’appuntamento è stato organizzato da Rash Roma, Senza Tregua, realtà antifasciste di Roma sud, san Lorenzo e Casalbertone, per comunicare alla città che i valori dell’antifascismo non possono essere archiviati o parificati a quelli dei fascisti. Lo scorso anno, da parte di settori della destra, vi furono ripetuti tentativi di proposte di promulgare una legge che equiparasse i partigiani ai repubblichini, ma una viva opposizione ha fatto cadere nel vuoto questa insostenibile tesi.
Per Cristiano Armati, scrittore di “Cuori rossi”, è stata un’iniziativa: “Bellissima e toccante soprattutto in un momento in cui le istituzioni hanno smarrito il senso della patria vero e autentico, questo senso è rifondato dal basso da un gruppo di ragazzi che hanno inventato questo modo per celebrare i partigiani, una forma per ripartire e immaginare un’altra idea di paese”.

Fabrizio, uno dei presenti ha commentato con emozione; “In questa serata di marzo forse non tutti ricordano, ma se avessero alzato lo sguardo verso il cielo avrebbero visto volare più di 300 anime sacrificate, Noi li ricordiamo cosi. Con la fierezza di un antifascismo che è sempre vivo”.

Alcune foto dell’evento qui e qui