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Archivio per la categoria ‘Antifascismo’

LE MANI SULLA CITTA’
(un assaggio dell’iniziativa di venerdì 11 marzo)

26 febbraio 2011 Nessun commento

alemagnoIn occasione degli Stati Generali su Roma Capitale organizzati da Alemanno alla presenza di Berlusconi e Tremonti, postiamo tutte e cinque le puntate dell’inchiesta su “I forchettoni neri” pubblicata su Contropiano (http://www.contropiano.org) tra gennaio e febbraio 2011.

La fascistopoli del sindaco Alemanno presenta molti aspetti di continuità con quanto avvenuto sotto precedenti amministrazioni romane, ma anche notevoli elementi di novità.

Ad oggi, si parla di oltre 4.000 assunzioni in due anni nell’ambito delle aziende ex municipalizzate, in particolare AMA, ATAC ed ACEA, ma non è escluso che questi numeri possano lievitare ulteriormente, coinvolgendo altri settori nella disponibilità del sindaco, come gli appalti per forniture di beni e servizi e le consulenze generosamente affidate.

Ciò che desta particolare scandalo è l’entità delle assunzioni e la loro inutilità rispetto alle esigenze della città: per esempio, all’azienda che gestisce un aspetto strategico nella vita metropolitana, quale quello del trasporto pubblico, mancano almeno 140 autisti per gli autobus, con il conseguente disservizio che tutti possiamo immaginare e, soprattutto, constatare quotidianamente sulla nostra pelle di cittadini. Ebbene, fra le centinaia di assunzioni per chiamata diretta avvenute dall’elezione di Alemanno, non si trova nemmeno un autista, mentre abbondano impiegati, funzionari e dirigenti, la cui incongruità appare evidente dalla disponibilità di tempo che hanno per chattare su Facebook, come si è visto nel caso dell’ex terrorista nero installato negli uffici ATAC di Via Prenestina e dei suoi colleghi, che hanno passato sul social network alcune ore a scambiarsi opinioni e consigli sul sistema migliore per sterminare gli studenti “rossi” che manifestavano sotto i loro uffici.

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LE RADICI E LE ALI

20 febbraio 2011 1 commento

La commovente, intensa, esemplare vita di Zaccaria Verucci, soldato della classe operaia. Le poche righe che seguono spiegano molto più di 100 manuali di storia… parlano al cuore e alla mente una lingua che non ammette defezioni o rinunce.

<<Chi si pone per obiettivo quello di accendere i cuori degli altri con la sua fiamma interiore, costui getta una sfida al mondo dell’incomprensione, della negazione, al mondo ostile. Solo la lotta, infatti, ha un senso nella vita.>>
- Ernst Thalmann

Mi chiamo Zaccaria Verucci, sono nato il 29 agosto 1929 a Norcia, in provincia di Perugia.

Nel 1924 un fratello di mia madre fu ucciso a 16 anni in seguito ad un diverbio con un fascista ed alle percosse che subì successivamente. Il suo nome era Zaccaria; per questo motivo mio padre e mia madre vollero ricordarlo dandomi lo stesso nome quando nacqui.

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DA CAVOUR A MARCHIONNE 150 ANNI DI NODI IRRISOLTI

17 febbraio 2011 Nessun commento

Poche settimane ancora ed entreremo nel vivo delle commemorazioni per il 150° dell’unità d’Italia già da qualche giorno, tuttavia, la classe politica di governo si sta scannando sull’opportunità di ridare lustro a questo oscuro e liso feticcio.
Sinceramente risulta difficile comprendere cosa ci sia da festeggiare, il paese è allo sbando, la politica ridotta a un guerra, all’ultimo sangue, tra clan per il mantenimento delle proprie posizioni di potere, altro che Risorgimento qui ci sarebbe da fare festa per il ritorno dell’ancien regime! Ancora più arduo risulta da capire che cosa abbia da lamentarsi quella parte di classe dirigente nordista –quella Lega tanto “per bene”- che fa finta di pagare le tasse e sgobbare duro per sé e per gli altri.
In fondo, la storia di questo paese, nell’ultimo secolo e mezzo, ha preso esattamente la piega auspicata dagli illustri politicanti anticipatori del “celodurismo” leghista: se il nord è ricco e produttivo e il sud povero e parassitario lo si deve proprio alla classe di governo, tutta nordista, che, all’indomani dell’unità, ha governato con pugno di ferro la nazione considerando il mezzogiorno alla stregua di una colonia africana da colonizzare e i suoi abitanti come una razza inferiore di briganti e subumani. Chi conosce la storia sa bene come gli impianti produttivi e industriali della Campania, per fare un esempio, siano stati sacrificati sull’altare del liberismo e di una supposta, maggiore competitività nel mercato europeo e mondiale, eh già, il mito della globalizzazione esercitava il suo fascino perverso sulle menti dei nostri governanti perfino un secolo fa’. Si tratti di un fine statista vintage come Cavour o di un moderno maneggione pop come Marchionne, che oggi fa lo stesso con la FIAT e, per giunta, si prende tanto di pacche sulle spalle dai politici di destra e sinistra, in questo paese, il liberismo ha prodotto solo sfaceli e drammi sociali.
Ma oggi il liberismo è il Verbo, l’unica via percorribile e nessun partito sembra avere il fegato di contrastarne in campo aperto le nefaste mattanze sociali. I distinguo trasversali agli schieramenti della politica di Palazzo, riguardo al tema festeggiamenti del 150°, sembrano, rispetto alla situazione che stiamo vivendo e subendo come popolo, qualcosa di trascurabile.

Resta l’amarezza e la rabbia nel sapere in anticipo che, dato l’anniversario a cifra tonda, quest’anno più che mai, alcune figure chiave della nostra storia passata verranno utilizzate strumentalmente e senza pietà, per la memoria loro e quella altrui, in veste di “padri nobili” di questa nostra bella repubblica caduta in mano a puttane e papponi professionisti della politica.
Non potranno nemmeno reagire i vari Mazzini, Pisacane e Garibaldi d’Italia ormai ridotti a statue arrugginite, santini innocui buoni solo per le noiose cerimonie di Stato. A noi, allora, piace invece ricordare che Garibaldi è stato un pirata e un nemico delle polizie di mezzo mondo, Mazzini un sovversivo che ha passato buona parte della sua vita in prigione o nella clandestinità, Pisacane un disertore per amore, perseguitato per mezza Europa dal governo napoletano.

Si chiamasse Anarchia, Repubblica o Socialismo, questi personaggi hanno lottato, scarificando la loro intera esistenza, per un’idea di Giustizia Sociale. Sono uomini come questi i nostri Antieroi preferiti, padri di una Patria che non sarà mai la vostra. Non c’è peggior insulto alla loro memoria dello schifo di chi ci governa.

Io più non aggiungo che una parola: se non riesco disprezzo profondamente l’uomo ignobile e volgare che mi condannerà: se riesco apprezzerò assai poco i suoi applausi. Ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell’animo di questi cari e generosi amici, che mi hanno recato il loro concorso e diviso i battiti del mio cuore e le mie speranze: che se il nostro sacrificio non apporta alcun bene all’Italia, sarà almeno una gloria per essa l’aver prodotto dei figli che vollero immolarsi al suo avvenire.

- Carlo Pisacane

VALERIO VIVE I MORTI SIETE VOI!

16 febbraio 2011 Nessun commento

Alle 13,00 del 22 febbraio 1980 tre persone si presentano a casa di Valerio: “Siamo amici di suo figlio e vorremmo parlargli”, dicono alla madre, che apre. Viene subito immobilizzata, e la stessa sorte tocca al padre. Sono armati con pistole munite di silenziatore. Valerio non è ancora tornato da scuola. Alle 13,30 Valerio apre con le sue chiavi la porta di casa ed è subito assalito dai tre, con i quali ha una breve colluttazione, poi viene immobilizzato e ucciso con un colpo alla schiena. E’ dubbio se fu ucciso “precipitosamente” a causa della sua resistenza, se volessero prima “fargli delle domande”, come accennarono alla madre i tre assassini: queste considerazioni possono avere interesse solo in relazione con quanto vedremo circa le “ragioni” dell’uccisione di Valerio.
Per il resto… la morte di Valerio pesa come una montagna.

L’assassinio di Valerio non fu un una “semplice” conseguenza di uno scontro tra compagni e fascisti, né dell’agguato in strada, come spesso è avvenuto. Abbiamo sempre saputo, al di là delle “verità processuali”, che Valerio fu ucciso per delle ragioni precise, inerenti il più ampio scontro di classe tra sinistra rivoluzionaria e classe dominante, la quale si avvalse (e si avvale) dei fascisti per le sue operazioni più sporche. Valerio conosceva cose che, venute in luce alla magistratura, produssero come primo effetto la sua morte.
Valerio Verbano aveva 19 anni, era uno studente del Liceo Scientifico Archimede, nel quartiere romano di Valmelaina.
Il 20 aprile del 1979 Valerio Verbano venne arrestato con l’accusa di fabbricazione di materiale incendiario: la perquisizione che ne seguì nella casa dove viveva con i genitori portò al sequestro di materiale documentale, indicato nel verbale. Questa vicenda giudiziaria di Valerio porta ad un processo con condanna. Ma porta soprattutto ad un’altra sentenza, che, dopo quella “giudiziaria” del 22/12/79, provoca la sua uccisione il 22 febbraio dell’80, cioè esattamente due mesi dopo.
Perché i due fatti sono apparsi collegati? I documenti sequestrati nell’aprile del ’79 erano nel frattempo “scomparsi”, come denunciano il 26 febbraio ’80 gli avvocati della famiglia di Valerio, che erano in parte gli stessi che lo difesero nell’inchiesta dell’anno precedente, e che quindi conoscevano l’elenco del materiale sequestrato.
Cosa c’era in quei documenti? Valerio, come molti compagni nelle altre zone cittadine, aveva condotto una inchiesta militante sull’attivismo fascista, con particolare attenzione ai NAR, i Nuclei di Azione Rivoluzionaria di Fioravanti, Mambro, Alibrandi. La sparizione del materiale viene definitivamente accertata quando, ad ottobre dell’80 i genitori chiedono il dissequestro dei materiali, tra i quali manca appunto quello che viene definito “dossier NAR”.
Quindi, a causa di evento “accidentale” – arresto e perquisizione domiciliare – il materiale (in parte o in tutto) dell’inchiesta da lui condotta finisce nelle mani della polizia e poi della magistratura. Da quel momento “altri” sanno dell’acquisizione di dati da parte di Valerio: nomi, indirizzi, collegamenti, ruoli e attività dei fascisti in zona Montesacro Valmelaina e non solo.
A questo punto due sono gli scenari possibili: Valerio Verbano deve essere punito per ciò che ha scoperto, essendo tutto il materiale già in mano sicura; Valerio deve essere comunque eliminato ma prima bisogna cercare qualcosa che manca, e per questo si va cercarla a casa sua.
Dell’esistenza di questo “dossier” ne è a conoscenza, e probabilmente lo ha tra le mani, anche un giudice che indaga sull’eversione nera, Mario Amato. La documentazione raccolta da Valerio, sparita prima della sua morte dall’ufficio corpi di reato, sarebbe improvvisamente ricomparsa tra le mani di questo giudice.
Amato muore per mano dei NAR il 24 giugno 1980.
Poi c’è la strage del 2 agosto a Bologna. I giudici che indagarono su questo attentato hanno più volte affermato che gli omicidi di Valerio e di Amato sono connessi.

testo preso da: www.reti-invisibili.net/valerioverbano

IN MEMORIA DI ROBERTO “PATATA” MASSI

15 febbraio 2011 Nessun commento

patata2011

I MORTI SONO ANCORA VIVI E CI ORDINANO DI COMBATTERE!

A proposito dell’iniziativa su Tolkien… “guerra di simboli” e forme di mimetismo politico

11 febbraio 2011 Nessun commento

copertina_bozzaIl nostro contributo all’interessante dibattito sviluppatosi sul blog dei Wu Ming – www.wumingfoundation.com/…
Un estratto dal libro “Bastardi senza storia” di Valerio Gentili (in uscita aprile 2011, Castelvecchi).

Dall’introduzione, “Guerra di simboli e fenomenologia della violenza politica“:

È opinione comune, figlia di un’opera trasversale di rimozione storiografica, che la marcia di avvicinamento al potere dei fascismi europei non abbia trovato, sul terreno della violenza politica, nemici in grado di fronteggiare la situazione. Per motivi diversi si è preferito elidere il ruolo giocato, negli anni a cavallo tra le due guerre, da quei movimenti “irregolari” che contesero ai fascisti non solo il mero monopolio della violenza di strada ma un intero immaginario fatto di simboli, liturgie, marce, divise, slogan taglienti e affilati. Cercheremo di scovare all’interno della dicotomia rivoluzione-reazione, attraverso i suoi, a volte labili confini, nelle sue paludose zone grigie, le tracce dello scontro, manifestatosi con intensità variabile di nazione in nazione, che oppose, per le strade d’Europa, eserciti di soldati politici, l’uno contro l’altro, armati. Militarizzazione della lotta politica, retaggio del primo conflitto mondiale, crisi economica, disgregazione sociale, disoccupazione giovanile, incapacità della politica di interloquire con settori emergenti della società, ansie e/o speranze rivoluzionarie, crearono quella miscela sociale esplosiva che fece da innesco all’avanzata dei movimenti fascisti in Europa.

In queste prime pagine analizzeremo la <<guerra dei simboli>> e il loro, variabile ma insopprimibile, potere di fascinazione in contesti, fisici e temporali, diversi.

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E’ MORTO UN PARTIGIANO, NE NASCONO ALTRI 100!

10 febbraio 2011 Nessun commento

ciao_zac
E’ figlia della Resistenza l’Unità d’Italia, la riconquista è costata il sacrificio di migliaia di vite, migliaia di giovani si sono immolati per una idea di unità di “paese e di popolo”. C’erano in quelle speranze: la linfa e la forza che sono diventate il motore della ricostruzione e della rinascita dell’Italia. E per questo che, oggi, dobbiamo insieme fare un grande sforzo per continuare ad essere uomini e donne liberi in un paese democratico unito, un bene irrinunciabile per il presente ed il futuro della nostra Italia.

L’unità antifascista è stata protagonista dalla stagione della Resistenza sino alla conquista della Costituzione, della Repubblica e della democrazia.

L’esempio, il patrimonio storico ereditato e la testimonianza devono essere, ancora oggi per tutti i democratici, per le nuove generazioni, un stimolo costante e concreto, proprio adesso che servono coraggio, saggezza e onestà, per traghettare l’Italia verso un futuro “di unità e di comprensione dei popoli”, rifuggendo da ogni divisione, da ogni egoismo degli agi.

In questo momento difficile servono fiducia e solidarietà per una rinnovata unità, anche per salvaguardare e attuare la Costituzione.

E’ naturale che nell’Associazione, oggi, si riduce la presenza dei “partigiani” e degli uomini e delle donne della Resistenza. Contemporaneamente crescono gli antifascisti che non hanno vissuto direttamente la Resistenza. E’una grande responsabilità continuare a testimoniare il sacrificio e la storia – quando coloro che hanno vissuto sulla propria pelle la tragedia della guerra, – per motivi anagrafici – non ci saranno più, resterà sulle “vostre spalle” la responsabilità di tener fede ai valori e al pensiero degli uomini che hanno fatto l’Italia. Cercate di conservarne viva la memoria, fiero sia il ricordo …perché continueranno, proveranno ancora ad infangare gli eroi della resistenza, il pensiero e l’azione dei partigiani! …proveranno a cambiare le nostre leggi! …proveranno a cambiare la storia! Quando non ci saremo più – noi testimoni dei fatti – avrete la responsabilità di difendere la nostra memoria e le nostre azioni… vi auguro di continuare a farcela, come è già successo nei momenti più dolorosi e difficili … anche se, per una serie di ragioni – che oggi tutti chiamano storia – a qualcuno di noi, giovani degli anni quaranta, “resistere e testimoniare” ci è toccato difenderli con il sangue e con il sacrificio di migliaia di morti! …se racconteranno altre storie, se tenteranno di manipolare i fatti… non permettetelo ora sarete voi i “testimoni” di una storia e di una speranza che – i vostri padri e i vostri nonni – hanno chiamato Italia.

Sarete testimoni della Resistenza, testimoni dell’Associazione Nazionale Partigiani, l’orgoglio e la libertà portateli col cuore, nelle famiglie, nel mondo dell’associazionismo antifascista, nel mondo del lavoro, del sindacato e di tutte le Associazioni Democratiche italiane! A me Zaccaria Verucci, partigiano, questa grande forza e questo immenso credo, me le hanno dati i miei compagni caduti in guerra, nelle azioni dei gruppi partigiani o durante gli anni che abbiamo passato insieme dopo la guerra. Per tenerne viva la memoria, spero che un posto per loro, possa continuare ad essere ancora anche nel vostro cuore!

- Zaccaria Verucci


Vai alla galleria foto “Ciao Zac!”

TOLKIEN L’ANTINAZISTA

8 febbraio 2011 1 commento

Tolkien_internet

Tolkien era stato tra quei filologi che avevano liberato dalle scorie del tempo lo spirito eroico nordico come genuino elemento poetico espresso dall’antica letteratura scandinava e anglosassone. Ma aveva anche visto quella riscoperta venire accolta da forze determinate a fondare un nuovo germanesimo, pronte a metterla al servizio di un ideale abominevole. L’idiosincrasia di Tolkien per i nazisti non nasceva infatti soltanto dalla sua evidente avversione nei confronti del razzismo, del militarismo e del totalitarismo, ma aveva anche un movente più intimo, espresso a chiare lettere in uno scritto privato dei primi anni Quaranta:

«Comunque in questa guerra io ho un bruciante risentimento privato, che mi renderebbe a 49 anni un soldato migliore di quanto non fossi a 22, contro quel dannato piccolo ignorante di Adolf Hitler [...]. Sta rovinando, pervertendo, distruggendo, e rendendo per sempre maledetto quel nobile spirito nordico, supremo contributo all’Europa, che io ho sempre amato, e cercato di presentare in una giusta luce.»

Il professore di Oxford non perdonò mai ai nazisti di essersi impossessati di ciò che più amava – la filologia germanica, l’epos nordico – e averlo trasformato in mito tecnicizzato a uso e consumo del suprematismo tedesco. Il Ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm rappresenta la critica radicale a uno dei pilastri culturali di quel neopaganesimo “eroico” emerso nella storia contemporanea e capace di segnarla indelebilmente. Una critica messa in campo con le armi del mestiere: la poesia e l’esercizio della filologia. Tuttavia fu solo attraverso la prosa e l’arte subcreativa – per usare un termine a lui caro – che Tolkien riuscì a spingersi oltre la dicotomia etica a cui era approdato.
Tolkien infatti era anche un grande narratore e rispose alla sfida dell’epoca più oscura partorendo un inedito eroe letterario. Un essere apparentemente innocuo e mite, con piedi grossi e villosi che non avrebbero mai potuto calzare stivali di cuoio per marciare a passo di parata verso gli orrori del XX secolo. In principio il piccoletto si sarebbe scavato la tana in un angolo nascosto della Terra di Mezzo. Via via, un po’ per volere e un po’ per forza, ne avrebbe guadagnato il centro, finendo per reggere su di sé i destini del mondo. Finché un giorno, dopo mille peripezie, avrebbe potuto dire: “Sono tornato”.
E’ tempo che anche il suo creatore venga restituito a se stesso.

Dalla prefazione della nuova edizione del testo di J.R.R. Tolkien “Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm” (Bompiani) a cura di Wu Ming 4.

CIAO COMPAGNO ZACCARIA !

7 febbraio 2011 Nessun commento

zaccaria