Visco al Polo di Novoli: per l’Europa del rigore e della “crescita”

Ventisei slides, tre presidi, un rettore e quasi due ore di lezione accademica: questi i numeri in estrema sintesi della lectio magistralis che il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha tenuto questo pomeriggio al Polo delle Scienze Sociali di Firenze.

Una lezione nella quale non sono mancate peraltro gradite sorprese. Infatti, nonostante la maggioranza dei presenti in aula abbiano mostrato un battito di mano alquanto facile ad ogni sospiro che provenisse dalla bocca del Governatore, non tutta la composita galassia studentesca dell’Ateneo fiorentino era così ben disposta. Per tali ragioni, a fronte di un format come quello della lectio magistralis che per tradizione non prevede dibattito, un nutrito gruppo di studenti ha provato a far sentire, nonostante la massiccia presenza della Digos, la propria voce. La contestazione, peraltro ampiamente annunciata nei giorni scorsi, è quindi riuscita nel proprio intento di bloccare per quasi quaranta minuti il soporifero andamento della lezione, nella quale Visco stava ricostruendo, secondo i canoni classici della vulgata neoliberista, le difficoltà attuali delle economie Occidentali. Il Governatore ha quindi più volte sottolineato come l’origine della crisi sia da ricercare in primo luogo nell’eccessiva finanziarizzazione e nelle spregiudicate innovazioni dei mercati, che a loro volta, come mele marce, avrebbero infettato anche la parte sana, ovvero l’economia reale. Le ragioni della proliferazioni di strumenti di alta finanza non vengono però specificate dal Governatore, che sembra assumerle come dati oggettivi, negando perciò a priori la possibilità di rintracciarne le origini. Queste, ad esempio, per la vulgata marxiana sono da collegare direttamente alla tendenziale caduta del saggio di profitto, dovuto a sua volta all’aumento della percentuale del capitale fisso rispetto a quello variabile. I minori profitti che le imprese riescono ad assicurarsi a fronte della diminuzione della forza-lavoro impiegata, che rimane, non sembra superfluo ricordarlo, l’unica parte dell’intero ciclo produttivo nel quale si produce plus-valore, induce quindi i capitalisti a percorrere altre strade. Tra queste ed in primis troviamo la finanza. Una siffatta ricostruzione può ovviamente essere criticata e rigettata. Tuttavia, l’operazione che induce Visco a ritenere la crescita della finanza come uno stato di natura è intellettualmente inaccettabile.

Il secondo focus del Governatore ruota attorno all’Europa, che vive una situazione di estrema fragilità non solamente per la difficile congiuntura internazionale, ma anche per alcune debolezze specifiche del Vecchio Continente. Queste si concentrerebbero nella tendenza esplosiva dei debiti statali e nell’incompletezza della costruzione dello spazio comune europeo. Visco glissa però sull’evidenza che l’ammontare del debito statale non costituisce di per sé alcun problema, come insegna il caso del Giappone dove un rapporto debito/pil sopra quota 230% convive con tassi di interesse alquanto limitati. Il vero nodo del contendere riguarda casomai come viene rifinanziato il debito stesso. Punto sul quale peraltro il Governatore sembra avere le idee molto chiare visto che ripete il solito mantra neoliberista, ovvero sottolineando l’importanza delle rassicurazioni da fornire ai mercati. Questi infatti, a fronte di instabilità interne nei singoli Stati chiedono di essere rassicurati con maggiori tassi di interesse sui propri prestiti. I governi che vogliano quindi assicurare al proprio Paese un differenziale basso rispetto ai Bund tedeschi possono solamente procedere nella direzione che il passato governo ha intrapreso. Si tratta, come evidente, di una costruzione di senso forte, una gabbia dalla quale è difficile evadere e che trova piena espressione nelle conclusioni proposte dal Governatore, che si delineano come una vera e propria agenda di governo: a) riduzione delle debolezze a livello nazionale ed europeo; b) implementazione del processo di unità economica e politica a livello continentale; c) equilibrio dei conti pubblici; d) difesa e potenziamento delle politiche di rigore, come il famigerato, almeno per noi, fiscal compact; e) ampio grado di libertà per il mercato che deve funzionare e può farlo solamente in una società senza vincoli.

La lectio magistralis di Visco termina qua, seguono i ringraziamenti di rito ed un lungo e gelido applauso. Per fortuna a riscaldare il cuore di chi non ritiene la strada tracciata da Visco l’unica possibile ci avevano già pensato gli studenti fiorentini, quelli pensanti ça va sans dire.

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