Impressioni su Francis Bacon alla strozzina

Riceviamo e pubblichiamo:

In arte è difficile dire qualcosa che sia altrettanto buono del non dire niente.”

La mostra “Francis Bacon e la condizione esistenziale nell’arte contemporanea” è forse stata, in termini di presenze e critiche, la più riuscita degli ultimi anni.Un nome molto noto, come quello del pittore Irlandese, ha fornito un pretesto per il vastissimo numero di appassionati fiorentini ( ma dove?) ad avvicinarsi almeno un po’ a quella forma d’arte che viene di solito così commentata:

-Vabbè che ci vuole a farlo, è una tela strappata -

-Se questa è arte io in bagno faccio capolavori-

-Io non capisco, non capisco, non capisco –

Comprendo che l’Arte Contemporanea non sia immediata, c’è bisogno comunque di farci l’occhio e soprattutto la mente che deve recepire un messaggio troppo spesso molto contorto, in questo caso però il processo di apprendimento (argh, paroloni!) è semplice.

Le opere di Bacon, che di contemporaneo ha principalmente i dati anagrafici e poco altro, sono sempre magnifiche anche se incompiute , il corpo nudo spesso trasfigurato e le figure senza una fisionomia riconoscibile spingono ad una riflessione interiore sul nostro rapporto con le paure, le solitudini e l’incapacità di comunicare con l’esterno. Ancora più interessante tutto il materiale proveniente dall’archivio dell’artista come foto, libri, giornali e appunti.

Le installazioni con videoanimazioni di Nathalie Djurberg sono un grande ostacolo per i deboli di stomaco, soprattutto la prima opera che si incontra con protagoniste una presumibile madre ed una figlia, in quanto riproduce con personaggi di plastilina immagini forti riguardo malattia, morte, disperazione e smarrimento. L’artista crea disagio anche fisico quando costringe lo spettatore ad entrare in una caverna buia o in una casetta minuscola con sedie microscopiche ( un signore corpulento ma voglioso di entrare e sedersi inevitabilmente ne ha spaccato una ).

I dipinti di Adrian Ghenie sono stati una piacevolissima scoperta, i quadri banalmente sono belli. Interni di abitazioni e personaggi di fim di epoche lontane i soggetti. Ancora più sorpreso e contento avendo saputo che i quadri sono recentissimi ( 2010, 2011 ).

Chiharu Shiota propone un mondo di fili intrecciati (sembro il venditore d’arte di TeleProboscide ) nel quale sono inserite delle porte prese dagli stessi scantinati del palazzo Strozzi. L’opera è affascinante ed eterea, avvolgente e piena di impalpabilità; “La creazione con i fili è una trasposizione dei miei sentimenti mentre lavoro” ed è proprio la dedizione nella creazione dell’opera che diventa oggetto d’arte.

I “Ritratti fotografici cuciti” di Annegret Soltau sono limpidi chiari molto diretti, il corpo viene “costretto” da fili, avvolto da reti, creando una forte senso di isolamento ed impenetrabilità per chi osserva.

L’installazione di Arcangelo Sassolino è quella che ha suscitato più emozioni ed interesse.

“Creando mi domando: perché non provare a forzare i materiali al limite della loro resistenza? Perché non forzare verso il limite le caratteristiche della materia facendone uscire l’imprevisto come forma e come suono?”

“Ogni volta che sono su un aereo mi chiedo a quanta sollecitazione può resistere un’ala sapendo che per stress meccanico qualsiasi materiale prima o dopo è destinato a collassare”

Il soggetto dell’installazione è il rischio; un rischio che si avverte perché due enormi travi di legno sono sottoposte ad una fortissima tensione, che viene rilasciata poco prima del loro punto di rottura, da parte di un pistone industriale e delle funi da cantiere navale. Il pistone ad intervalli regolari ( circa 21 minuti, anche se la strozzina dice che parte quando meno te lo aspetti …ma va, va!) si mette in moto e il legno inizia a schiantare e contorcersi propogando per tutte le sale un rumore agghiacciante. Opera vera che crea uno stato d’animo di disagio e impossibilità di azione, talvolta paura.

La mostra sarà aperta fino al 27 gennaio ed è un buon motivo per fare un giro in centro.

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