Il cambio della guardia alla guida di Confindustria

foto di Foglio Primomaggio.Il cambio della guardia

Cambio della guardia alla guida di Confindustria. Boccia è stato eletto nuovo presidente dell’associazione padronale quale successore di squinzi. Al momento del trapasso dei poteri, ancora ufficioso sino alla prossima riunione aperta e pubblica, il presidente uscente ha manifestato tutto il suo rammarico perché non è “riuscito a convincere i sindacati ad uscire dal Novecento”, un auspicio ed un augurio che invece ha inviato al suo successore. Se qualcuno pensa che quella di Squinzi sia un’affermazione di rito, si sbaglia di grosso, perché non lo è affatto perché rimette in discussione ciò che è avvenuto durante il XX Secolo in fatto di lotte, mobilitazione e anche conquiste ottenute dai lavoratori.

In verità il Novecento è stato un secolo di lotte, mobilitazioni operaie e bracciantili. Lotte e mobilitazioni che hanno permesso il raggiungimento di obiettivi di grande rilievo per i lavoratori, ai quali però, non bisogna dimenticarlo MAI, è costato un fiume di sangue, un tributo di centinaia, forse migliaia di caduti, di morti ammazzati dagli sbirri al soldo dei padroni e a causa di incidenti sul lavoro. Un tributo di sangue che riteniamo sia esageratamente sproporzionato rispetto a quanto ottenuto anche se per un certo periodo i lavoratori italiani erano al vertice di una ipotetica classifica dei diritti, delle tutele e dei livelli salariali, almeno a livello europeo.

Questo clima è durato almeno fino alla seconda metà degli anni settanta quando i sindacati confederali, allora unitari, alzarono le braccia in segno di resa di fronte all’offensiva padronale e contribuirono a segnare l’inizio di lotte e firme di contratti che cominciavano a cancellare, passo dopo passo, tutte le conquiste fino ad allora ottenute. Il tutto per dare un contributo a che l’Italia uscisse dalla crisi. Ci riferiamo alla famigerata svolta dell’EUR e all’intervista che Luciano Lama, allora Segretario Generale della CGIL, rilasciò ad Eugenio Scalfari (1977). Da quel momento, si cominciarono a registrare una serie interminabile di arretramenti e sconfitte per i lavoratori che sono culminate con il Jobs Act.

Così oggi ci siamo trovati l’ineffabile Giorgio Squinzi che chiede al suo successore di “fare uscire il sindacato dal Novecento”, pretendendo che esso rinunci a svolgere la sua funzione di difensore degli interessi e dei diritti dei lavoratori, affinché anch’esso abbracci il nuovo, ossia le nuove regole delle relazioni industriali già delineate dal presidente uscente di Confindustria nel suo altrettanto famigerato pentalogo, diventato poi la base del documento ufficiale dell’associazione padronale in questo campo, riproponendo un modello neocorporativo di relazioni industriali, non molto lontano da quello imposto ai tempi del ventennio fascista.

In poche parole, se i sindacati prima hanno ceduto i fucili, ora secondo le pretese dei padroni, devono disfarsi anche dei temperini e degli stuzzicadenti, a dimostrazione del fatto che il sindacato, dal Novecento, c’è già uscito da solo. Quindi è perfettamente inutile che i vari Squinzi, Marcegaglia, Boccia e chi ne ha più ne metta, continuino a chiedere continui cedimenti e cessioni. Oramai i lavoratori non hanno più niente da cedere, ed il sindacato non solo è fuori dal Novecento ma anche dalla realtà.

Cosa ci aspetterà con il nuovo presidente? Niente di nuovo. Niente che non abbiamo già visto e/o sentito. Nessun miglioramento delle nostre condizioni di vita e di lavoro. Se mai, e non lo diciamo per congenito pessimismo ma per iper-realismo, le cose non potranno che peggiorare a meno che non riusciamo a fare un salto di qualità e ricominciare a mobilitarci e a lottare. Sta solo a noi. Nessuno ci ha mai regalato niente ed il poco che abbiamo ottenuto celo siamo guadagnato, perché per noi lavoratori ci sono solo tre cose che ci possono permettere di ottenere miglioramenti:l’organizzazione, la mobilitazione e la lotta.

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