Grillo e il Movimento 5 Stelle: nulla si crea, nulla si distrugge…

…tutto si trasforma

Pubblichiamo un articolo presente sul nostro ultimo numero cartaceo (scritto, quindi, più di due settimane fa) , visto l’esito delle elezioni e l’esplosione di molte discussioni sul “fenomeno 5 stelle”, anche  dopo l’uscita di due commenti a caldo di Wu Ming . L’articolo qui sotto non ha molte pretese, soprattutto visto il limite delle 5.000 battute imposto dal cartaceo. Ma ci sembrava interessante postarlo anche qui, in modo che possa essere diffuso maggiormente e entrare nelle discussioni collettive, sia rispetto ai 5 stelle che ai movimenti sociali chiamati in causa da tanti e in particolare da Wu Ming. Da parte nostra c’è la certezza che senza un’adeguata analisi di classe della realtà e dei movimenti sociali (come sul Movimento Occupy ma anche dall’Onda ad oggi ), senza attenzione per la comunicazione politica, come ci insegnano tanto i 5 stelle quanto i No Tav con le loro lotte, e in mancanza di protagonismo individuale e collettivo, c’è poco da stupirsi che certi vuoti, qualunque essi siano, vengano canalizzati verso la compatibilità entro il sistema. 

Vi lasciamo all’articolo e non ci dilunghiamo oltre, queste sono solo due righe di introduzione….

Il Movimento 5 Stelle rappresenta senza dubbio una novità della campagna elettorale italiana. Nato nel 2009 sotto l’ala del comico Giuseppe Grillo e dell’esperto di web marketing Gianroberto Casaleggio, fondatore della società Casaleggio Associati, questa nuova organizzazione fatta di reti territoriali connesse via web e non solo, si è trasformata in poco tempo, organizzandosi. Ciò è avvenuto grazie a quattro passaggi preliminari: la nascita del blog di Grillo (2005); lo sviluppo dei MeetUp, gruppi locali di attivisti (2005/2008); le iniziative realizzate nei vari anni in giro per la penisola, riguardanti tematiche come l’ambiente, l’energia, la tecnologia, la mobilità, lo sviluppo; e la candidatura alle elezioni amministrative e regionali, con la recente decisione di arrivare in Parlamento. La bravura di Grillo, pardon di Casaleggio Associati, è risieduta nell’individuare alcune tendenze particolari dell’Italia in crisi, per potersi calare nello scenario politico: il vuoto lasciato dalla scomparsa dei “partiti di massa” (caso anomalo il PCI/PD, ridimensionato ma relativamente presente); il malessere crescente dovuto alle disuguaglianze sociali aumentate con la crisi; un gran numero di comitati e gruppi attivi localmente su questioni di potenziale conflitto sociale, ma frammentati; la mancanza di un riferimento politico nuovo e organizzato e, infine, l’insofferenza della cosiddetta “classe media” italiana: lavoratori del terziario, piccoli imprenditori, liberi professionisti, studenti traditi dal cinismo del mercato del lavoro, pensionati.

Il movimento targato Grillo si pone come il solo capace di riattivare le persone, anzi i “cittadini”, attraverso l’informazione capillare e immediata di tutto ciò che accade e campagne virali ben studiate, con messaggi semplici come “abolizione della casta” o “acqua pubblica”, mobilitandoli per una “democrazia diretta”, senza mediazioni. Se l’idea di riattivare l’entusiasmo e il protagonismo sono buoni propositi, il problema arriva guardando da vicino le contraddizioni dei 5 Stelle, a cominciare dal loro megafono. Infatti il ruolo di personaggi come Grillo ha come risultato, voluto o meno, di convogliare l’attenzione verso progetti di compatibilità entro il sistema, presentato come riformabile, e il tutto viene ricondotto ad un unico grande problema: quello dello sviluppo e dei consumi compatibili, lo stesso che sta alla base di innumerevoli commissioni delle Nazioni Unite, chiamandolo genericamente “decrescita”. Senza contare la schizofrenia, sia del programma che delle esternazioni a 5 stelle, in fatto di economia: criticano il Pil e la sua crescita, ma parlano di “sovranità monetaria” e di far ripartire l’economia. Come se la crescita non dipendesse da profitti, sfruttamento sul lavoro e interessi di banchieri e industriali. Inoltre, va sottolineato come, sia il comico/capo politico che i 5 stelle, rivendicano una forte presenza dello Stato in economia, questione che stride con il reale protagonismo di chi adesso viene invitato ad attivarsi per un cambiamento dello status quo. E stride proprio perché la formula utilizzata,“lo Stato siamo noi”, non incarna una visione critica della società rispetto alla divisione in classi (più sfumata rispetto al passato, ma certamente presente nella tangibilità dei drammi sociali quotidiani), al ruolo storico dello Stato quale garante dell’ordine presente, così come dell’economia politica e delle sue leggi (su tutte, la continua ricerca del profitto). Ed è proprio sulla fiducia nello Stato che bisogna tirare una riga: non basta infatti parlare di classe politica marcia, dato che questo significa non voler far capire che lo Stato ha un ruolo cardine per il mantenimento dell’ordine. I diritti minimi acquisiti nel dopoguerra, ad esempio , sono arrivati grazie ad anni di lotte, a cui poi, e solo poi, è seguito un adeguamento delle leggi. Questo perché il diritto o prende atto della forza delle spinte della società, oppure viene usato politicamente contro di essa (a proposito di legalità), come accaduto in passato e come succede oggi in periodo di crisi e disgregazione, con i recenti provvedimenti antisociali dei governi europei.

Un’altra questione apparentemente controversa, si riscontra nel fatto che i 5 Stelle si presentano come “movimento di idee e non di ideologie, perché destra e sinistra sono concezioni del passato”. Anche qui siamo di fronte ad una mistificazione della realtà: è vero che “destra” e “sinistra” non vogliono dire niente di per sé. Tuttavia, di ideologie ne è rimasta almeno una, forte, radicata e apparentemente intangibile: quella del “libero mercato” (delle merci e dei corpi), dello “sviluppo” (di ciò che non serve) e della “crescita” (dello sfruttamento), insomma: del capitalismo come miglior rapporto sociale possibile. Chi non se ne rende conto ne è intriso e abbagliato e si comprende come mai, anche di fronte all’evidenza, sia portato a legittimare lo stato di cose presente, nella speranza di riformare un sistema che è dannoso alla radice; del resto, in ogni epoca le idee dominanti sono le idee della classe dominante.

Bisogna stare molto attenti, poi, a non assecondare messaggi di impronta nazionalista o, ancor peggio, alla retorica del “bene del paese”, cosa che riguarda praticamente ogni partito che si candida alle elezioni. Infine, un punto sul web come nuovo strumento di organizzazione: Grillo e i 5 stelle elogiano la rete quale campo “libero” e “orizzontale”, dove non si può mentire e vince quindi l’onestà. Il punto, anche qui, sta nella troppa semplificazione, perché non è vero che il web è libero (la censura imperversa) e non è nemmeno orizzontale, infatti i media (e anche Grillo in modo molto abile) se ne sono semplicemente appropriati come ulteriore campo di diffusione verticale di informazione e propaganda. La rete è certamente utile, ma a noi piace come strumento di intelligenza collettiva, non è il nostro fine, è solo un altro mezzo. Pensare di abolire guerra e sfruttamento per decreto, o con un click, è semplicemente illusorio. Soprattutto non spinge all’interazione reale, senza la quale, anche in rete, non si proietta niente o, almeno, non la realtà. Per questo è necessario rilanciare un protagonismo collettivo, studiando il fenomeno 5 stelle ma comprendendo che si tratta solo dell’ennesimo meccanismo di delega, per quanto all’apparenza sembri il contrario.

E’ proprio vero, nulla si crea, nulla si ditrugge, tutto si trasforma, specie in tempi di crisi cronica del capitalismo.

Barbra Streisand

Di seguito il numero cartaceo da sfogliare online, o scaricare da QUI

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