Mores communes: estintori in erasmus

http://www.coispnapoli.com/wp-content/uploads/2011/10/15-ottobre-2011-Scontri-a-Roma.jpgIn un profetico articolo di due anni fa, il satanico apostolo del nichilismo postideologico Svart Jugend tracciava con lucidità i lineamenti di quella che lui definiva “l’erasmus generation”, anticipando quasi nei dettagli ciò che sarebbe successo di lì a poche settimane a Roma il 15 ottobre 2011. Era la manifestazione degli “indignados” italiani, etichetta che in realtà significava poco o nulla nel nostro paese, se non la presenza di una massa indistinta di giovani che, rovinati dall’antiberlusconismo e dal conseguente giustizialismo a la Travaglio e forcaioli vari, venivano bollati senza mezzi termini come “una generazione di infami”.

Puntualmente, proprio quel 15 ottobre produsse una spaccatura fra chi era pronto a praticare o quantomeno a supportare forme di lotta radicali, e chi era invece pronto a scattare una foto al primo che infrangeva una vetrina o indossava un casco per poi mandarla su facebook, indignandosi per la presenza di “violenti” nel corteo. Grazie a quella giornata gli antagonisti come noi si sono risparmiati di doversi relazionare ancora a questi giovani indignati per fare politica, ed hanno avviato percorsi autonomi che sul piano nazionale sono sfociati nelle giornate del 18 e del 19 ottobre di quest’anno quando decine di migliaia persone sono scese in piazza senza l’aiuto di partiti o altre strutture istituzionali.

Tuttavia, l’erasmus generation è lungi dall’essersi estinta, e continuiamo a vederli, se non nell’organizzazione di cortei e di iniziative, quantomeno nelle serate di autofinanziamento dove vengono a sbronzarsi e a provarci con le tipe (o a rimbalzare i tipi sbronzi e molesti). Il peccato originale degli indignados italiani è, secondo Svart Jugend, l’aver mutuato il nome dagli spagnoli, che lui definisce “i nostri cugini down”.

http://www.corriereuniv.it/cms/wp-content/uploads/2013/11/novoli-festa-non-autorizzata.jpgE pare che proprio un gruppo di spagnoli in erasmus sia stato protagonista di un episodio che ha fatto finire prima del previsto la festa universitaria organizzata dallo Spazio Autogestito del Polo di Scienze Sociali di Novoli venerdì scorso e che ha comportato la chiusura per una settimana dell’edificio D5. Voci di corridoio, ovviamente, e non è certo nostra intenzione lanciare cacce alle streghe legali o squadriste nei confronti degli spagnoli che vengono qui a “studiare” proprio come tanti studenti italiani vanno in Spagna “a farsi le canne”, come chiosa il nostro satanico profeta Svart.

Ci limitiamo a rilevare l’ironia della sorte. Ma è pur vero che, se qualcuno affronta una festa universitaria senza particolare entusiasmo, è possibile decida di svoltare la serata rovinandola a tutti gli altri. Certo la selezione trash, come vuole il nome stesso, era veramente da cestinare, e il vocalist ha regalato gioie, quando ad esempio ha sentenziato: “non siamo a Miconos, siamo a Novolis!”.

Episodi del genere comunque avvengono anche nelle migliori serate: a febbraio 2012 il concerto del Signor K al nEXt emerson venne funestato da qualcuno che svuotò un estintore sul palco sul finire del primo pezzo. Chi era presente ricorda con ammirazione lo stoicismo del rapper militante che continuò il concerto circondato da una nube tossica. Pare che in quel caso si trattasse di un posato signore di quarant’anni, non esattamente sobrio, che evidentemente non è mai uscito dalla prima adolescenza, come d’altra parte è successo a molti nati fra gli anni settanta e gli anni ottanta.

Tuttavia uno qualche domanda se la fa su cosa significhi oggi divertirsi, per giovani e meno giovani: sono in molti ad intossicarsi con sostanze psicotrope legali o illegali oltre quello che sarebbero in grado di reggere, per poi abbandonarsi all’oblio, incoscenti ed irresponsabili, sollevati per un attimo dal peso di dover vivere in questo mondo di merda. Altri cercano la svolta della serata nella violenza, nella rissa, come si fa dalla notte dei tempi. Altri ancora, come i nostri pompieri autodidatti, si divertono a rovinare il lavoro e il divertimento altrui.

http://i1.ytimg.com/vi/HtK6OQBlTnw/hqdefault.jpgMa sotto tutti questi comportamenti più o meno discutibili si trova, strisciante, la noia e l’apatia che attanaglia le generazioni cresciute a partire dagli anni ottanta, gli anni d’oro dell’eroina e del libero mercato che piacciono tanto a Max Pezzali, che esprime perfettamente con il vuoto dei suoi testi il vuoto di quegli anni, che da allora non se ne è mai andato. Spesso le persone quando escono la sera sentono che “devono divertirsi”, un imperativo morale che è proprio ciò che svuota di senso lo stare in compagnia e che fa cercare la soluzione in palliativi come l’alcol, la violenza, il comportamento molesto. Uscire è quasi peggio che andare a lavoro. E anche quando siamo tra amici spesso riempiamo il silenzio di stronzate, ci stordiamo l’un l’altro con le parole per dimenticarci che là fuori c’è un mondo brutto e cattivo.

La maggior parte della gente preferisce vivere così nell’indifferenza, ignorando deliberatamente il mondo se non quel tanto che basta a campare. La loro vita, direbbe Heidegger, si riduce a mera presenza, essi sono senza mondo, non hanno uno scopo se non quello di tirare avanti in attesa che il triste gioco finisca.

Per quelli come noi, è evidente, questo modo di vedere le cose e di vivere è inaccettabile. Per noi è fondamentale occuparsi del resto del mondo, delle altre persone, di ciò che succede, attraverso l’azione collettiva organizzata. E d’altra parte riteniamo importante non solo l’attivismo politico che si risolve nella partecipazione ad assemblee, collettivi, iniziative, cortei e quant’altro, ma anche il cercare di vivere in maniera differente e di costruire legami e relazioni sociali differenti, che non si risolvano solo nello sparare cazzate o nel farsi una bevuta (che comunque sono aspetti importanti della vita).

Se uno vuole cambiare le cose, deve avere quest’intento anche quando si sbronza, quando esce con gli amici, quando si sbottona e si rilassa, non solo quando è richiesta la performance del militante. Con la consapevolezza che siamo prodotti di questa società e che ci trasciniamo dietro tutte le sue contraddizioni, dobbiamo provare ad essere diversi, ad essere migliori del mondo che ci circonda anche quando nessuno ci guarda o ci giudica. Altrimenti sarebbe come se un vegetariano di notte uscisse a comprarsi un big mac quando nessuno lo vede. Sarebbe come rinnegare le proprie idee con la nostra condotta. Parafrasando i Mobb Deep, potremmo dire che non esistono rivoluzionari a mezzo servizio.

I più oggi cercano di dimenticare il mondo, per noi si tratta di cambiarlo. E la parte di mondo più prossima alla nostra azione è proprio la nostra stessa di vita.

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