Il capitalismo favorisce chi è già ricco

http://media.soldiblog.it/m/mil/miliardari.jpgNel sistema capitalistico le origini familiari contano più del merito. Lo sostiene un saggio dell’economista Thomas Piketty, che ha analizzato i dati storici di diversi paesi.

Mark Schieritz, Die Zeit, Germania, da Internazionale

In Papà Goriot, il romanzo di Honoré de Balzac, Eugène de Rastignac, uno studente di giurisprudenza povero ma ambizioso, arriva a Parigi per fare fortuna. Un conoscente gli suggerisce che con il lavoro regolare non si ottiene molto: un avvocato è costretto a “languire dieci anni”, dice, “baciare la toga di un procura- tore legale per ottenere qualche causa, spazzare con la lingua il palazzo di giusti- zia”. Non guadagnerà mai abbastanza per arrivare in cima, ma una soluzione c’è: “È la dote di una moglie”.

La storia si svolge nel 1834, ma a quanto sostiene l’economista francese Thomas Pi- ketty, il dilemma di Rastignac è ancora attuale. Nel suo monumentale saggio Le Ca- pital au XXIe siècle, Piketty delinea il quadro di una società in cui la condizione sociale di una persona è determinata dalle origini fa- miliari, non dal merito. Una società in cui pochi individui accumulano patrimoni sempre più consistenti. Il saggio sta facen- do discutere. L’economista Branko Milanović ha parlato di una “svolta” negli studi economici. Piketty cerca di spiegare come si è arrivati a questo risultato, e la sua diagnosi è inquietante: la concentrazione dei patrimoni è una sorta di legge naturale del capitalismo.

Piketty ha raccolto per anni i dati econo- mici di molti paesi e li ha studiati indivi- duando uno schema stupefacente: i patri- moni si sono sempre moltiplicati a un ritmo molto più rapido del pil. Secondo lo studio, le rendite delle azioni, dei crediti o degli im- mobili oscillano in media tra il 4,5 e il 5 per cento all’anno, mentre nel lungo periodo la crescita del pil si aggira tra l’1 e l’1,5 per cen- to. Il reddito da lavoro non può tenere il pas- so di quello prodotto da patrimoni già accu- mulati.

Inoltre, dal momento che i patrimoni sono ereditati dai figli dei proprietari, la di- suguaglianza esistente si riproduce per ge- nerazioni, vanificando la promessa liberale per cui il libero mercato garantirebbe be- nessere a tutti. In un mondo in cui le dina- stie familiari controllano buona parte delle risorse economiche, la nascita determina la condizione sociale. Le pari opportunità e la meritocrazia non esistono davvero.

Questo non esclude che persone brillan- ti possano arrivare ai vertici. Lloyd Blank- fein, il capo della Goldman Sachs, è di origi- ni modeste e ha guadagnato tanto da posse- dere a sua volta un patrimonio ingente. Ma per Piketty queste sono eccezioni che con- fermano la regola. Il punto decisivo è che se è vero che l’amministrazione di un patrimo- nio permette di guadagnare più dell’eserci- zio di una professione, allora si vanifica la speranza di conseguire una distribuzione equa del benessere attraverso l’istruzione. Se questa analisi è corretta, la diffusione del sapere non promuove la parità sociale e proprio come in Balzac, l’ascesa è possibile solo attraverso il matrimonio.

Un’interessante anomalia

Nei dati raccolti, Piketty ha osservato anche un’interessante anomalia. A metà del nove- cento i redditi da lavoro e quelli da capitale si sono avvicinati: da una parte l’economia era in crescita, i salari aumentavano e i lavo- ratori dipendenti godevano del welfare; dall’altra, le rendite patrimoniali si riduce- vano, perché le due guerre mondiali aveva- no distrutto molto capitale e i ricchi erano tassati per sostenere le spese necessarie per i servizi sociali e per la ricostruzione. Ma a partire dagli anni settanta la tendenza si è invertita. L’economia ha smesso di crescere a ritmi sostenuti, le imposte si sono ridotte e lo stato sociale è stato smantellato. Così, dice Piketty, la società attuale ha finito per somigliare a quella dell’ottocento: ai tempi di Balzac in Francia si ereditavano ogni an- no patrimoni pari al 20-25 per cento del red- dito nazionale. Negli anni cinquanta il valo- re era sceso sotto il 5 per cento, mentre ora è risalito al 15 per cento.

I dati di Piketty parlano chiaro, e ormai perfino istituzioni conservatrici come il Fondo monetario internazionale mettono in guardia dall’aumento della disuguaglian- za. Che fare? Che l’economia torni a cresce- re come negli anni del miracolo economico è improbabile, almeno nei paesi industria- lizzati dell’occidente, con i loro mercati sa- turi e la contrazione demografica. Piketty propone un’imposta patrimoniale interna- zionale. Una decisione del genere da parte del G20 è poco plausibile. Ma in ambito na- zionale i singoli governi potrebbero, per esempio, aumentare l’imposta di succes- sione. ? fp

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