Dov’è la ripresa economica? Da nessuna parte…

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Riceviamo da Dino Erba e pubblichiamo:

A fine settembre, i media mainstream italici lanciarono un accorato allarme sulla stagnazione dell’Euro zona, cui contrapponevano la ripresa Usa. La realtà è assai diversa, come dimostra l’articolo di Michael Roberts. I soliti pennivendoli raccontano balle al solo scopo di premere l’acceleratore sui sacrifici da accollare ai proletari. Belle merde!

Dov’è la ripresa economica?

Michael Roberts

20 settembre 2014

I due principali organismi economici internazionali dell’economia capitalistica globale continuano a rivedere le loro previsioni per la crescita economica di quest’anno e del prossimo. In un aggiornamento delle previsioni formulate lo scorso Maggio, l’OCSE ha annunciato che la “previsione aveva prospettato nel 2014 e nel 2015 il buio per quasi tutte le grandi economie del mondo”. L’OCSE ha rivisto al ribasso le sue previsioni su una crescita nel 2014 per tutte le grandi economie, ad eccezione dell’India. Ci si attende ora una crescita del 2,1% negli Stati Uniti, dello 0,8% nella zona euro e dello 0,9% per il Giappone, una revisione al ribasso per ciascuna economia tra gli 0,3-0,5 punti %. Il Regno Unito sarà il leader tra le economie capitaliste avanzate col suo 3,1%. Per il 2015, l’OCSE continua a sperare in un picco di ripresa, ma anche in questo caso ha di nuovo rivisto al ribasso la maggior parte delle sue previsioni. Per gli Stati Uniti si prevede una crescita del 3,1%, in calo rispetto alla previsione del 3,5% fatta lo scorso maggio, mentre l’Eurozona e il Giappone ci si aspetta debbano gestire solo un 1,1%.

L’OCSE ha ammesso che la crescita del PIL mondiale a poco più del 3% l’anno è stata ben al di sotto dei tassi pre-crisi, confermando che non vi è stato alcun ritorno alla ‘normalità’, ma ciò che è interessante è che stanno perfino rallentando le cosiddette economie emergenti. Secondo l’OCSE, tra le principali economie emergenti, la Cina potrà ancora raggiungere una crescita del 7,4%, anche se su questa cifra vi sono molti dubbi. E il Brasile raggiungerà quest’anno solo una crescita dello 0,3% .

Il FMI in un recente rapporto valuta che la crescita media del PIL reale nelle economie emergenti (compresa la Cina) sia scesa dal 7% durante il periodo pre-crisi (2003-2008) al 6% nel periodo post-crisi (2010-13 ) e nei prossimi cinque anni (2014-18) vi sarà una flessione del 5%. Dal 2012 i tassi di crescita in oltre il 70% dei mercati emergenti sono stati inferiori rispetto alla media pre-crisi .

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Ironia della sorte, dopo aver invitato alla moderazione salariale e all’austerità fiscale per diversi anni dalla fine della Grande Recessione del 2009, l’OCSE afferma che ora “mentre [la debolezza dei salari] ha contribuito a contenere le perdite di posti di lavoro durante la crisi ed è stata necessaria in alcuni paesi dell’area euro al fine di recuperare competitività, ora sta impedendo una forte ripresa dei consumi”. La crescita della produttività nelle principali economie è penosa ed è pari a circa l’1%, ma anch’essa è stata divorata dai profitti mentre i salari reali sono praticamente piatti sin dalla fine della Grande Recessione.

Quindi non c’è da meravigliarsi che i mercati finanziari siano stati in piena espansione, mentre la crescita globale no. Questo preoccupa l’OCSE. L’esu-beranza dei mercati finanziari è in contrasto con la crescita dell’economia reale e questo mette in evidenza la possibilità che il rischio non venga apprezzato e gli osservatori corrono il pericolo di dover fare una correzione improvvisa.

 Il FMI, in un documento preparato in vista della riunione in Australia dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali del G20 di questo fine settimana, ha affermato che la crescita nel primo semestre di quest’anno è stata più debole di quanto non fosse stato previsto nel mese di aprile ed è pronto a previsioni al ribasso. Il FMI avverte che “la ripresa globale è precaria, in quanto l’aumento delle tensioni geopolitiche e la prospettiva di una politica monetaria più restrittiva degli Stati Uniti rischiano di smorzare le prospettive di una crescita globale”.http://www.inventati.org/cortocircuito/wp-content/uploads/2014/10/2.png

Questo contrasta con l’ottimismo espresso da economisti e da funzionari del governo degli Stati Uniti e del Regno Unito circa la ripresa economica. Il tasso di crescita più rapido della Gran Bretagna sembra ancora basarsi su un’economia squilibrata, guidata dal boom dei prezzi delle case e dai mercati finanziari, piuttosto che da una ripresa nel settore manifatturiero, delle esportazioni e degli investimenti produttivi che potrebbero far aumentare la produttività.

Gli ultimi dati ufficiali sui prez- zi delle case nel Regno Unito mostrano un mercato immobiliare a spirale, con prezzi medi delle case a Londra che sono saliti a più di 500.000 sterline o 850.000 $! Fino a luglio, i prezzi delle case sono stati in aumento dell’11,7% su base annua, con Londra in crescita del 19%.

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Andamento dei prezzi delle abitazioni nel Regno Unito (%)

Allo stesso tempo, mentre la disoccupazione è in calo, i salari reali sono scesi in maniera eccessiva. La crescita dei salari solo dello 0,7% su base annua è ancora ben inferiore ad un tasso d’inflazione del 1,7% sempre su base annua, ed il reddito reale disponibile si sta probabilmente contraendo ancora di più se vengono considerate le tasse e i benefit. Questa non è certo una ricetta per una crescita economica sostenuta ed è probabile che si arrivi ad una resa dei conti.

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Salari reali e prezzi al consumo nel Regno Unito (%)

L’assenza di qualsiasi aumento dei redditi reali delle famiglie medie si ripropone anche negli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti hanno subito un altro anno di redditi stagnanti in quanto la “ripresa” economica non è riuscita a tradursi in una crescente prosperità per la media delle famiglie. Secondo il Census Bureau, il reddito al netto dell’inflazione per la famiglia americana media è aumentato nel 2013 dello 0,3%, e non è superiore a quello di venticinque fa. [Vedi i grafici nella pagina seguente]

La crescente disuguaglianza, ben documentata a partire dalla metà degli anni 1990, è stata confermata anche dal Census Bureau. Dal 1990, il top 5% delle famiglie americane hanno visto aumentare i loro redditi reali dell’1,41% l’anno, mentre le famiglie a reddito medio hanno ottenuto un aumento annuo solo del- lo 0,43%, o inferiore più di tre volte.

Si è verificato inoltre un enorme calo dei redditi, pari al 20%, delle famiglie situate nella parte inferiore che nel lontano 1999 avevano subito una caduta del reddito reale di un inimmaginabile 16%!

Infatti, il 60% delle famiglie americane ha subito una diminuzione dei redditi reali di circa il 10% a par- tire dal 2000 e le perdite più elevate, in termini di reddito, si sono verificate in famiglie, con adulti di età compresa tra 45-54 anni, che dovrebbero raggiungere sempre il livello più elevato dei loro guadagni di tut- ta la vita e che sono in grado di fare delle spese importanti per i bambini che vanno a scuola, ecc.

Dal 1999, i redditi reali delle famiglie per questa fascia di età sono calati quasi del 16%.

Anche il presidente della Federal Reserve Janet Yellen è stata costretta a fare un commento su questo, ammettendo che la recessione 2007-2009 ha lasciato “ferite profonde sulle famiglie americane più povere che devono ancora riprendersi dopo più di cinque anni” di ripresa economica dichiarata ufficialmente. Quindi, se gli economisti si aspettano una ripresa economica sostenuta sulla base di un aumento della spe- sa dei consumatori allora verranno tristemente delusi. Nessuna meraviglia che l’OCSE sia preoccupata.

Naturalmente, la produzione capitalistica potrebbe riprendersi attraverso un aumento degli investimenti in quelle imprese che generano maggiore occupazione. Ma gli investimenti nell’economia reale e in parti- colare nei settori produttivi rimane in stallo a livello globale, mentre la crescita dei profitti delle imprese sembra aver raggiunto il suo limite in questo ciclo, anche negli Stati Uniti (vedi il mio post, http://thenextrecession.wordpress.com/2014/08/24/getting-out-of-a-jackson-hole/), cosa che non è di buon auspicio per una ripresa della crescita a livello globale nel 2015.

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Sopra: Crescita cumulativa reale del reddito medio delle famiglie per quinquenni, considerando la fascia più ricca (top 5%). Sotto: Crescita del reddito medio reale delle famiglie tra i 45 e i 54 anni.

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