Carrara – Uno schiaffo per un’alluvione

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Il Tirreno – 11/06/2015

Stamani, durante una delle solite cerimonie che poco ci interessano – presente il Sindaco Angelo Zubbani nella solita veste di taglia nastri e sventola bandiere -, un uomo compie un gesto “fuori dal coro”: un ceffone al primo cittadino. Spettatori-attori dell’accaduto personalità politiche, balneari, chi passava per caso, chi era curioso e l’Assemblea Permanente che aveva organizzato un presidio di contestazione alla cerimonia che celebra la “bandiera blu” assegnata anche quest’anno al nostro litorale.

Non sono passate che una manciata di ore dall’episodio che già si inscena la solita danza delle dicotomie, di chi si dissocia, di chi condanna la violenza, di chi usa un “ceffone” per ripristinare l’ordine di facciata, chi difende il proprio modo di far valere le ragioni e di chi usando metodi “educati” permette che le ragioni si dimentichino.

Guardando i fatti. Oggi è il 9 Giugno. Sono passati otto mesi e un giorno da quell’otto Novembre in cui in 3mila, donne e uomini, bambine e bambini, assediarono il palazzo civico con un urlo di dignità rivendicata mentre Marina di Carrara da 3 giorni era sommersa dal fango; otto mesi e 1 giorno da quando il primo cittadino ha dato a 3mila persone, molte delle quali indossavano stivali sporchi di fango, lo schiaffo più forte che si potesse ricevere, l’ultimo, quello che dice “non ci sentiamo responsabili”. È lo stesso sindaco che oggi sventola bandiera blu, della quale evidentemente si sente responsabile e meritevole, che solidarizza con quegli imprenditori della cosa pubblica che di questa bandiera fanno il loro vanto e il loro portafogli; lo stesso sindaco che non è stato solidale con le vittime dell’alluvione che chiedevano giustizia otto mesi fa.

Qualcuno ha dimenticato, qualcuno ha scelto di lottare quotidianamente per recuperare ciò che aveva perso, qualcuno ha rimesso la barca pari, qualcuno invece ha ancora tanta rabbia dentro, tanta frustrazione che quello schiaffo non ha proprio potuto fare a meno di usarlo.

Il gesto è di per se da valutare come manifestazione di disperazione, un gesto individuale, non organizzato, dettato dalla sensazione di impotenza che domina l’animo di chi ha perso tutto, di chi magari già fatica a riconoscere la misura della violenza nella propria quotidianità, da chi ad oggi non vede dare risposte al perchè ha perso tutto, ma vede sulle testate giornalistiche i soliti balletti e i soliti rimpasti post elettorali in cerca di una nuova verginità politica, perdendo di vista le vere priorità ad oggi nascoste sotto un tappeto come polvere. Chi conosce la misura della violenza dovrebbe guardare dall’ altra parte, dovrebbe ricordare le immagini di quelle case sepolte da fango e detriti, dovrebbe vedere la violenza in un territorio deturpato, sfruttato, imbavagliato e stuprato da mani abituate ad annodare cravatte e lucidare scarpe da cerimoniale. La violenza del “non siamo responsabili”. La violenza e l’abuso di un sindaco che oggi, come il suo collega Matteo Salvini, si ritrova a dover andare per la città scortato (con soldi dei contribuenti) perché la città è stremata. La politica ha fallito in Italia quando insegnanti che manifestavano contro una legge che distrugge l’istruzione pubblica venivano manganellate dalla polizia di stato, ha fallito quando le piazze si colorano di sangue per difendere politici che a quelle piazze evidentemente non sanno più parlare, la politica ha fallito quando si è così lontani dal sentimento popolare che si pensa di poter mostrare il proprio volto in pubblico e ci si dimentica di aver lasciato una città nel fango e che da quel fango può anche uscire uno schiaffo che ti ricorda che otto mesi fa dicevi “non è mia responsabilità”.

A chi prende le distanze da quell’ atto di disperazione perché teme strumentalizzazioni, a chi si dichiara contro la violenza tout court, vogliamo dire che un gesto del genere è inefficace, magari, che si può chiamare ingenuo, poco lucido, colui che sfoga la propria rabbia con un ceffone ai danni del proprio carnefice; allo stesso tempo invece è chi strumentalizza quel ceffone per trasformare il carnefice in vittima che deve essere condannato insieme a chi di quella strumentalizzazione giova e a chi da quella strumentalizzazione si fa corrompere e inibire al punto di dimenticare o rinnegare che quell’ uomo è stato parte del processo che ha visto nascere un’assemblea di migliaia di persone.

Coscienti che un gesto singolo non ha nessun potere, che non ha alcun senso istigarne l’emulazione; coscienti che solo l’azione collettiva, organizzata o spontanea, può avere un seguito e un percorso; coscienti che quella rabbia ha bisogno, non di essere educata ne repressa, ma ascoltata, espressa e trasformata in coscienza e volontà di riappropriazione di libertà e dignità umana; non rivendichiamo l’accaduto ma siamo e saremo sempre complici e solidali con chi paga per aver dato uno schiaffo e non con chi paga con uno schiaffo l’aver distrutto una città intera a favore di interessi di portafogli.

“…..Ed e’ sempre stato facile fare delle ingiustizie!
Prendere, Manipolare, Fare credere!………..ma adesso
State piu’ attenti!
Perche’ ogni cosa e’ scritta!
E se si girano gli eserciti e spariscono gli Eroi
Se la guerra poi adesso cominciamo a farla noi!
NON SORRIDETE!………gli ” schiaffi ” sopra……SONO PER VOI…..”

C.Harlock, Carrara

da https://collettivoharlock.wordpress.com/

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