L’attualità di Rosa Luxemburg

Rosa Luxemburg, marxista e rivoluzionaria

Introduzione all’opuscolo a cura di Dario Salvetti, scaricabile in pdf cliccando QUI

Rosa Luxemburg fu assassinata nella notte tra il 15 gennaio e il 16 gennaio del 1919. Il movimento operaio internazionale perse così una delle sue menti più brillanti.
Il danno provocato dalla sua morte è semplicemente incalcolabile. Non ci è dato sapere quale ruolo avrebbe potuto giocare nei successivi sviluppi della rivoluzione tedesca, in che misura avrebbe potuto evitarne la sconfitta, in che misura quindi evitare l’ascesa del nazismo.
Con questo documento non vogliamo solo dare un tributo ad una delle più grandi marxiste finora vissute. Si tratta, attraverso la sua opera, di analizzare i processi che precedettero l’ascesa e la sconfitta della rivoluzione tedesca, forse il momento storico in cui il capitalismo internazionale fu più vicino alla propria fine. Del resto le vicende di un rivoluzionario, spogliate dai fatti più intimi, non possono che finire per identificarsi completamente con la storia della causa a cui ha dedicato l’esistenza. Questa fu l’impostazione che Rosa Luxemburg diede alla sua vita e questa è l’impostazione con cui vogliamo parlarne. Con lei fu ucciso la stessa notte l’altro grande rivoluzionario tedesco Karl Liebknecht. Dopo poco stessa sorte toccò a Leo Jogiches, compagno di vita di Rosa Luxemburg e dirigente spartachista. Nel corso dello stesso mese morì poi il vecchio dirigente marxista Franz Mehring. L’ala sinistra del movimento operaio tedesco veniva così pesantemente decapitata nel pieno sviluppo della lotta. Gli esecutori di tali omicidi furono i reparti scelti della repressione tedesca, i paramilitari dei Freikorps. I mandanti furono però ben più diversificati. Tra questi vi fu ovviamente la borghesia tedesca. Ma la cabina di regia della repressione fu costituita dai dirigenti del partito socialdemocratico tedesco. Ma come fu possibile che il partito socialdemocratico, lo stesso in cui Rosa Luxemburg aveva militato per vent’anni, nato per difendere le idee di Marx e creato per la rivoluzione, diventasse il baluardo dell’ordine tanto da desiderare lo sterminio dell’ala marxista del movimento?
Una cosa è certa: grazie al punto d’osservazione particolare che la storia le aveva riservato, la Luxemburg fu la prima marxista a poter osservare da vicino i germi di tale degenerazione e a provare a rispondervi nella teoria e nella pratica. Nel fare questo non fu esente da errori. Ci sembrerebbe semmai strano il contrario. Solo le icone finte dei santi e del culto della personalità sono perfette. Per tutto il resto del mondo vale in fondo una sola regola: impariamo attraverso e grazie gli errori.Ciò non toglie che il nocciolo centrale del pensiero e della sua attività sia stato proprio la lotta contro il riformismo e contro la degenerazione burocratica dei dirigenti del movimento operaio. Ed è anche la parte che mantiene tutta la propria attualità. Ma perchè tale nocciolo venga pienamente alla luce, è necessario liberarlo dal contorno di luoghi comuni e falsità in cui è stato rinchiuso per decenni. Il pensiero di Rosa Luxemburg cadde infatti vittima della successiva storiografia stalinista. Non è questo il luogo – per mere ragioni di spazio – per affrontare i motivi della degenerazione della rivoluzione russa. Sia sufficiente dire che la cricca burocratica che si impadronì illegittimamente del nome e dell’autorità del bolscevismo, ebbe sempre come propria esigenza vitale quella di rescindere qualsiasi legame tra le masse dell’Unione Sovietica e le originarie idee del marxismo.
Nel fare questo non le fu sufficiente processare, calunniare e sterminare i dirigenti rivoluzionari in vita. Fu necessario processare anche i morti. Fu così che nel 1925 fa ingresso nella storia per la prima volta il termine “luxemburghismo”. Secondo le tesi approvate dall’esecutivo allargato dell’Internazionale comunista di marzo,”tra gli errori più importanti del luxemburghismo (…) conviene rilevare: a) Una maniera non bolscevica di trattare la questione della “spontaneità” e della “coscienza”, dell’organizzazione” e delle “masse”. (…) b) La sottovalutazione della preparazione materiale dell’insurrezione (…) c) Gli errori nella questione contadina. (…) d) Gli errori (…) nella questione nazionale non sono meno gravi. (…) e) Domandare che i sindacati abbiano un carattere politico di partito, come durante parecchi anni è stato fatto dal partito polacco sotto la direzione di Rosa Luxemburg. “La “lotta al luxemburghismo” nacque quindi nel pieno della campagna di stalinizzazione dell’Internazionale che andò sotto il falso nome di “bolscevizzazione dei partiti comunisti”. Ancora nel 1953 in una bibliografia di ispirazione stalinista edita in Italia era possibile leggere:

“Qualche lettore si meraviglierà forse che noi oggi, a più di trent’anni di distanza dalla morte di Rosa Luxemburg, ci occupiamo così ampiamente dei suoi errori. Ma vi sono dei buoni motivi. Il luxemburghismo, negli anni successivi alla fondazione del partito comunista della Germania, ha esercitato una notevole influenza sul movimento operaio tedesco. (…) Ma la causa principale per cui noi trattiamo ampiamente gli errori di Rosa Luxemburg è che i nemici della classe operaia, i trotskisti, i brandleristi, i dirigenti del SAP e non ultimi gli ideologi socialdemocratici tentarono e tentano tuttora di sfruttare le sbagliate concezioni di Rosa Luxemburg per i loro abietti fini. (…) il luxemburghismo non rappresentava altro che una variante del socialdemocratismo.”

Basterebbe questo per testimoniare la profonda debolezza politica della cricca stalinista. Provvista di una polizia segreta, di centinaia di migliaia di funzionari e pubblicazioni a sé fedeli, non poteva fare a meno di perseguitare il ricordo di una singola rivoluzionaria morta. Tutta quella forza materiale evidentemente non valeva l’eco lontano delle idee marxiste. E in effetti l’una è crollata, le seconde vivono.

Gli stalinisti non furono comunque gli unici ad ostacolare una corretta conoscenza del pensiero della Luxemburg. Un danno diverso ma forse non minore fu determinato dalle correnti di pensiero che sorsero in suo nome. Molti di coloro che nel secondo dopoguerra si definirono “luxemburghiani” lo fecero sulla base del presunto antileninismo e antibolscevismo del suo pensiero. Avvallarono l’idea che fosse stata la teorica dello “spontaneismo rivoluzionario”, se non addirittura della rivoluzione “democratica e graduale”, in contrapposizione all’autoritarismo bolscevico. Così ad esempio recitava l’introduzione di una sua biografia nel 1966:

Vi sono grandi differenze (…) fra questi movimenti [degli anni ‘50 e ‘60] e i Bolscevichi; tuttavia sia gli uni che gli altri non hanno niente in comune con la radicale democrazia di massa sostenuta da Rosa Luxemburg. (…) In Europa la ricerca di un fondamento ideologico assegna in ogni caso a Rosa Luxemburg un posto decisamente importante, in particolare tra gli studenti. (…) Rosa Luxemburg rappresenta un esempio importante delle richieste degli intellettuali nel momento attuale. (…). Nei loro frequenti momenti di nostalgia, gli ex-marxisti pronunciano prima di ogni altro il nome di Rosa Luxemburg.

Ancora nel 1983 la luxemburghiana Maria Jose Aubet, nell’introduzione di un’antologia di scritti di Rosa Luxemburg, professava

“la convinzione che attualmente, di fronte alla via morta in cui si trova il movimento operaio organizzato (…), tanto della via leninista come della via socialdemocratica, Rosa Luxemburg rappresenta una terza alternativa, una terza via tra Lenin e Kautsky.”

La cosa paradossale è che sia gli stalinisti che i luxemburghiani partirono in fondo dallo stesso assunto: la sistematica esagerazione e distorsione di qualsiasi disaccordo tra Lenin e la Luxemburg. Per gli uni tali disaccordi furono motivi di condanna, per gli altri di vanto. In entrambi i casi il pensiero di Rosa Luxemburg, distorto sotto questa angolatura particolare, non ha potuto che diventare preda di una sorta di movimentismo amorfo e di un riformismo dalla fraseologia radicale.

La tesi della contrapposizione sistematica tra Lenin e Rosa Luxemburg non regge alla prova dell’analisi degli scritti né dell’uno, né dell’altro. Ed è forse per questo che il luxemburghismo non ha mai potuto partorire alcuna corrente di pensiero stabile. Basandosi sul nulla, esso è rimasto al pari di uno stato d’animo. Nella sua fase terminale è sfociato addirittura nel puro intimismo, finendo per indagare la personalità della “donna”, vivisezionandone le lettere personali e gli affetti. Sia detto qua e valga per tutto il resto di questo scritto: il valore personale della donna è fuori discussione, ma è il valore politico della marxista quello che vogliamo mostrare.

La confutazione sistematica di questa tesi richiederebbe di per sè un libro. In questo testo verranno più volte toccate le differenze, sia quelle reali che quelle presunte, fra Rosa e Lenin. Un ulteriore approfondimento di questo tema verrà svolto in un testo che pubblicheremo online.

Trovare in circolazione i testi originali della Luxemburg è tutt’oggi un’impresa ed è significativo che non esista una pubblicazione delle sue opere complete. Proveremo in parte a controbilanciare questa imperdonabile mancanza, servendoci di un gran numero di citazioni dai suoi testi. Proprio per questo una precisazione terminologica precede tutte le altre: il termine “socialdemocrazia” viene utilizzato fino al 1914 come sinonimo di movimento socialista e rivoluzionario. Solo da quel momento inizia ad acquisire con sempre maggiore veemenza l’accezione con cui lo utilizziamo oggi, quella cioè di “forza borghese che si poggia sul movimento operaio organizzato”. Ma questo, più che un dettaglio terminologico, è precisamente il centro della questione.

Firenze, 7 gennaio 2009

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