Alcune note sulla Brexit
L’egemonia del capitale tedesco nell’Unione Europea pesa anche sulle diverse borghesie nazionali. Questo vale per il capitale francese tanto quanto per quello inglese. La Brexit si è messa al servizio dell’aspirazione dei piccoli proprietari inglesi e di una fetta di grande capitale per tutelare una porzione di mercato sempre più asfittico. Per farlo, una parte del capitale inglese ha cavalcato la legittima rabbia dei lavoratori inglesi.
Che Londra lo abbia voluto o meno, da oggi lo scontro tra il capitale tedesco e quello inglese entrerà in una fase nuova. Nuovi scontri commerciali sono alle porte. Misure protezioniste verranno avanzate come i carri armati del Risiko.
I lavoratori non hanno nulla da guadagnare dalla vittoria dell’uno o dell’altro fronte. Classe lavoratrice massacrata dalle privatizzazioni, lavapiatti e baristi da tutta Europa a orari impossibili, ceto impiegatizio con orari d’ufficio da ‘800 nell’era dell’Europa Unita; identica sorte sotto il tallone dei padroni con la Union Jack nell’era dell’indipendenza dall’Unione Europea.
Il mercato manterrà le stesse leggi che ha mantenuto fino ad ora nei confronti dei lavoratori. Che lo faccia dentro o fuori l’UE non cambierà nulla per i lavoratori come noi.
Che i nazionalisti dell’Ukip lo abbiano voluto o meno, da oggi le spinte centrifughe di Irlanda del Nord e Scozia diverranno ancora più forti. “Ora tocca a noi”, diranno legittimamente. Ma la borghesia inglese non frantumerà il proprio mercato per democrazia. Queste spinte dovranno trovare uno sbocco operaio o andranno incontro allo stesso sanguinoso destino degli ultimi 30 anni.
Ecco, il dibattito sulla Brexit per i compagni italiani è tutto qui ed è molto concreto. Non vederlo, significa semplicemente credere che un padrone nazionalista sia più buono di uno imperialista. Significherebbe pensare che pagare un chilo di pane 8 mila lire possa incidere meno di 3,50 euro sulle nostre magre buste paga.
La direzione del Labour ha una grande responsabiltà ora, nonostante si sia schierata per il “Remain” perché nonostante l’esito del referendum le condizioni operaie in Inghilterra sono rimaste identiche.
Corbyn dovrebbe organizzare il Labour attorno alle aspirazioni delle migliaia di immigrati e di lavoratori sfruttati della Gran Bretagna. Al primo posto del suo programma deve esservi la caduta del governo e la lotta, spietata, a liberali e nazionalisti. Non dovrebbe esservi scritto “Riforma dell’Unione Europea” ma “Controllo operaio sulle aziende di tutta Europa”. Dovrebbe chiedere l’unione di classe di lavoratori inglesi, scozzesi, gallesi, irlandesi. Non la sovranità nazionale, ma una sovranità di classe internazionale: il controllo consapevole sulle aziende e le strutture dello stato da parte di chi vi lavora.
Questa è l’unica Europa Unita che possiamo concepire.