Lavorare di più, lavorare in pochi: intervista ad un postino
- Da quanto tempo lavori alle Poste a Firenze?
- Sono entrato da poco
- Che situazione hai trovato?
- All’inizio l’impatto è stato positivo, ma ancora non c’erano stati i tagli previsti dal nuovo accordo nazionale
- Che cosa ha comportato il nuovo accordo nazionale?
- Una serie di tagli a livello di personale e una redistribuzione delle zone a livello di recapito, permettendo alle Poste di diminuire i costi e aumentare i profitti. Sostanzialmente una diminuzione delle zone e di conseguenza un aumento del carico di lavoro.
- Quali sono le maggiori difficoltà che hai incontrato?
- Semplicemente non riuscire fare tutto quello che secondo le Poste italiane tu dovresti fare. Subiamo un pressing psicologico pesante da parte dei caposquadra e del direttore. Loro sono tenuti a fare i cani da guardia e, per quanto abbiano davanti agli occhi il fatto che è impossibile fare quello che ci chiedono, ci fanno sentire colpevoli per la posta e le raccomandate che non riusciamo a portare.
La pesantezza della situazione dipende anche dai periodi. Natale, ad esempio, è stato massacrante.
Inoltre i mezzi sono inadeguati: ci danno motorini senza cavalletti o con freni usurati. Anche l’ufficio è in condizioni pessime, sporco e fatiscente.
Vista la situazione l’utenza, naturalmente, si lamenta e lo fa con noi postini senza comprendere che non è certo nostra la responsabilità di tutto ciò.
- Perché si è creata una situazione del genere? Chi sono i responsabili?
-La privatizzazione delle Poste fu il primo passo. Da allora ragionano come un’azienda e non come erogatori di un servizio pubblico. L’utenza non è più composta da “cittadini”, ma da “clienti”.
- Cosa si sta muovendo a livello sindacale?
-Bella domanda… gli unici che cercano di controbattere sono i Cobas, che hanno indetto alcuni scioperi.
- E i confederali?
-Non si vedono quasi mai
- Tu cosa pensi dovrebbero fare i Portalettere per far fronte a questa situazione?
- Da una parte penso che dovremmo trovare altre forme di protesta, ma dall’altra, vedendo molti colleghi che si fanno i fatti loro, temo non ci siano le condizioni per fare come i lavoratori Ataf. Io avevo anche lanciato l’idea di uno sciopero selvaggio, ma tutti me l’hanno bocciata, anche perché, oggettivamente, i rischi sarebbero alti.
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