17 Marzo: studenti e lavoratori in piazza per lo sciopero della scuola

Riprendiamo e diffondiamo l’appello della Rete dei Collettivi fiorentini per lo sciopero della scuola di venerdì 17 marzo

Da anni lo Stato non investe nella scuola pubblica, costringendo noi studenti a passare le giornate in edifici dove crollano muri e soffitti, dove i termosifoni non funzionano, dove scoppiano i tubi dell’acqua o addirittura ancora si rileva la presenza di amianto all’interno della struttura.

Questa situazione è inaccettabile, soprattutto visto che i finanziamenti statali vengono per la maggior parte investiti per la realizzazione di opere inutili e dannose (inceneritori, TAV) e in armamenti e interventi militari. Tutto questo avviene in un contesto mediatico generale che pretende che speculazione e guerra vengano viste come cose normali, quotidiane e addirittura necessarie. Lo capiamo quando all’uscita di scuola troviamo volanti e camionette, con le iniziative in collaborazione con l’esercito, con i militari che invadono le nostre strade, le nostre piazze. Per fare un esempio ancora più palese, durante la “Giornata Dello Studente”, nella quale la stazione Leopolda viene allestita con stand per l’orientamento universitario, lo stand più grande e centrale era quello dell’arma e dell’esercito, con tanto di bravi soldatini vestiti di tutto punto messi tutto intorno. Ci vogliono educare alla guerra, ma noi siamo ben coscienti che non è questa la guerra che vogliamo sostenere e combattere.

Incentivare gli interessi delle aziende e dei privati è qualcosa che nelle nostre scuole è all’ordine del giorno, come dimostra l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria per l’accesso all’esame di maturità, ennesimo segnale di come la scuola pubblica, stia sempre più accelerando il suo processo di privatizzazione e aziendalizzazione.

L’alternanza scuola-lavoro ci viene presentata come uno sbocco lavorativo, che dovrebbe servire ad aiutare lo studente a trovare in futuro un lavoro basato sulle capacità acquisite con questa esperienza di formazione lavorativa. Ma noi sappiamo che questo non è vero: molti dati lo dimostrano. Non solo la disoccupazione giovanile è in costante aumento, ma allo stesso modo aumenta quella generale, dato che le aziende preferiscono di certo una manovalanza gratuita, piuttosto che assumere lavoratori a tempo pieno con uno stipendio da pagare. Sempre più studenti infatti sono sfruttati a discapito loro e dei lavoratori delle aziende dove vanno a svolgere i progetti di Alternanza: perché non licenziare, abbassare lo stipendio, o non assumere lavoratori che dovrebbero essere pagati per farlo, quando si può facilmente attingere dalle frementi scuole di tutta Italia per trovare comoda forza lavoro gratuita?

Nel pratico, inoltre, molti dei progetti non risultano neanche formativi e sono basati, soprattutto per i licei, su inutili servizi d’ufficio per enti e aziende: fare fotocopie, spazzare, portare il caffè … Cos’è quindi che ci vogliono insegnare? Cosa impariamo davvero? Non si tratta di nozioni né di una semplice attitudine al lavoro, ma è il tentativo di ammaestrarci al sistema di gerarchizzazione, che è presente a scuola così come a lavoro. Come in un’azienda a capo della gerarchia c’è un dirigente, nella scuola c’è il preside, al quale sono subordinati professori, personale ATA e per ultimi noi studenti. I professori, quindi, sfruttati dal preside come guardiani, si trovano in una posizione frustrante ed usano il proprio “potere” in ogni ambito scolastico, fino a sfogarsi contro lo studente che durante il suo unico quarto d’ora d’aria (intervallo) sente il bisogno di fumare una sigaretta; quelli che si rifiutano di farlo sono costantemente penalizzati, considerati insegnanti di serie B, isolati.

Registro elettronico, voto in condotta, ronde in cortile, chiamate ed sms ai genitori, per arrivare fino ai cani antidroga, sono tutti mezzi che tutelano delle regole che ci vengono ripetute ogni giorno, e alle quali dobbiamo sottostare senza chiederci il perché. Così qualsiasi scelta che prendiamo non deriva dal nostro interesse ma da un’imposizione esterna: andiamo a scuola in orario per paura di sforare coi ritardi e non perché lo riteniamo importante, non saltiamo le lezioni per timore dei genitori senza riflettere sul valore dell’istruzione e poco importa se non seguiamo qualcuna di queste regole per via di un malessere, un problema o un disagio.

Siamo perciò vincolati a due possibilità: la prima è quella di omologarci e diventare l’ingranaggio che ci vogliono far essere, la seconda è non arrendersi continuando a non seguire le regole fino a che non ci avranno davvero punito. 

Come ci dà esempio ciò che è successo a Lavagna, che sia una multa, una denuncia, o addirittura una perquisizione, i metodi repressivi hanno un unico e un solo scopo: isolarti, colpevolizzarti, non lasciarti lavorare sui tuoi problemi a volte fino al punto da sopraffarti. Ci convincono così di essere soli; e l’isolamento, che vuole annullare ogni tipo di aggregazione, colpisce non solo nelle scuole ma anche nelle strade, negli stadi, negli ambienti lavorativi, e nelle piazze. E’ da poco uscita, infatti, la proposta del sindaco Nardella di imporre un daspo a chi dopo le 20 si siederà sulle scalinate delle chiese e di chiudere i minimarket dopo le 21in difesa di un’apparenza e di un decoro che per noi che ci viviamo in questi luoghi non significano niente. Ancora una volta Firenze si presenta come una città-vetrina a beneplacito di turisti e privati.

Come studenti siamo consapevoli che possiamo combattere tutto questo, ma non possiamo farlo ciascuno per conto suo. Dobbiamo unirci, creare noi stessi legami, aggregazione, solidarietà, organizzare cortei, iniziative e assemblee, discutere e analizzare la realtà, riprenderci le nostre scuole, le nostre strade, le nostre piazze. Rifiutiamo i finanziamenti ad armamenti e operazioni militari, il processo di privatizzazione della scuola pubblica in favore delle aziende, l’alternanza scuola lavoro obbligatoria e non pagata così come ogni imposizione di gerarchie repressive nelle nostre scuole e l’isolamento nel quale vogliono rinchiuderci. Studenti, lavoratori, genitori, se vi riconoscete nelle nostre parole scendete in piazza con noi!

H 9 PIAZZA SAN MARCO

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