In più di due anni di occupazione, la Villa è stata una casa per senza fissa dimora in fuga dalle disumane pratiche messe in atto nei dormitori, famiglie migranti, giovani precari, studenti idonei alla borsa di studio e alloggio ma non assegnatari. Ma non è stata solo questo. La Villa è stata un cinema, un teatro, un orto, un campetto da calcio per i bambini del quartiere, una libreria, un luogo di socialità e cultura libero dalle logiche di profitto e dalle legali mazzette di diritti d’autore e SIAE. Dopo essere stata abbandonata per più di 15 anni, nell’incuria, nel degrado e alla mercè della malavita, l’occupazione ha liberato lo spazio e gli ha ridato valore. E questo lo sanno i vicini di casa, scesi a darci sostegno e a dire qualche parolaccia ai poliziotti in antisommossa, che ben ricordano quando lì dentro c’erano solo topi e giri di eroina; lo sanno i musicisti che si sono esibiti sempre e solo a contributo libero, ma con gioia e soddisfazione; lo sanno le mamme del quartiere, che non lasciavano più giocare i figli per strada ma sapevano che il pomeriggio ci si incontrava nel campetto del cortile; i teatranti, che hanno sperimentato la libera espressione contro il guinzaglio da finanziamenti e progetti spartiti sempre tra i soliti noti; gli ortolani che hanno imparato la bellezza di seminare e raccogliere, e l’hanno insegnato anche a noi; gli studenti che hanno avuto un luogo libero e autonomo dove incontrarsi per discutere di politica; i migranti, con cui abbiamo diviso focaccia e zighinì; i bambini che sono cresciuti fra quelle mura e che in quel posto avevano trovato una strana ma meravigliosa famiglia. Mentre a Bari nessuna istituzione ha intenzione di prendersi la responsabilità politica di ciò che sta accadendo e si rimbalzano accuse e imbarazzi con l’occhio ben aperto verso le elezioni, e invece è arrivato il momento di prendere posizione: chi da una parte, chi dall’altra. Vogliamo i nomi dei mandanti; i loro sgherri li rivedremo nelle piazze. Villa Roth continua a fare ciò che ha sempre fatto: credere nell’autorganizzazione, nella riappropriazione e nella lotta. Siamo lì davanti, con musica, compagn*, amic*, fratelli e sorelle: ci resteremo perché Villa Roth non finisce con i sigilli di un sequestro penale, perché non è un luogo fisico ma un progetto, delle persone, dei bisogni e dei desideri. Aspettiamo tutte e tutti, e non venite ad abbracciarci come se fosse un funerale: da qui si riparte, più forti, più arrabbiati e più belli di prima, con la musica e la gioia di continuare a lottare perché, ce lo siamo appuntati sul petto con fierezza, “la felicità è sovversiva quando si collettivizza”.
Le occupanti e gli occupanti di Villa Roth