Memoria (10)
Le parole non bastano per ricordarlo, splendida persona, splendido compagno e sincero antifascista.
Preferiamo, nel dolore, ricordarlo in mezzo a noi, nei cortei, nella musica, nel sorriso che chiunque l'abbia conosciuto non scorderà mai.
Le tue lotte, Bagna, sono le nostre lotte, il tuo pensiero verso gli sfruttati di questa società continuerà ad essere la benzina del nostro fuoco di ribellione, come te non accettiamo la menzogna e la sopraffazione del potere e dei potenti, e, con te, per te, e per tutti noi continueremo ancora a lottare per un ideale che non avrà mai fine.
Hasta Siempre Bagna
Siamo tutti partigiani
Facciamo la storia
Progetto per una ricerca sulla storia della guerra e della Resistenza nel Parmense sostenuta e finanziata da una sottoscrizione popolare.
a cura di Centro studi movimenti e Anpi provinciale di Parma
Ogni giorno, almeno da un decennio, giornali e sondaggi ripetono che la maggioranza delle persone che vivono nella nostra epoca – e i giovani soprattutto – non ha memoria storica o ha una visione distorta e confusa del passato. Non solo, cioè, l’attuale società manca di conoscenza e consapevolezza delle proprie radici ma, problema forse maggiore, non sa cosa “farsene”. Si è diffusa la convinzione che il passato non abbia più nulla da insegnare perché si è convinti che ciò che viviamo sia sempre accaduto e sempre accadrà, e che nulla possa cambiare: se il tempo è un eterno presente, il futuro non sarà che una sua insignificante ripetizione.
Ciò che si è spezzato, oggi, non è solo il filo della memoria antifascista quanto il filo stesso della storia. E se è il ruolo della storia che è venuto meno, da qui bisogna ripartire per tentare di capire la trasformazione: altrimenti cosa può farsene della memoria chi non riesce più a collocare nella storia la sua esistenza? In questo sta la differenza forse più profonda tra conservare o trasmettere la memoria e attivare la consapevolezza storica, attivare cioè la consapevolezza di vivere in un flusso di tempo storico. La consapevolezza di esistere in un presente determinato da ciò che è stato e, a sua volta, determinante per ciò che sarà il futuro.
A questa situazione non si possono contrapporre nostalgie e conservatorismi ma studi nuovi e rigorosi, i cui risultati possano essere utilizzati da tutti e quindi contribuire a una maggiore consapevolezza democratica.
È questa non facile operazione che il Centro studi movimenti di Parma, che già da tempo si muove in questa direzione, in collaborazione con l’Anpi provinciale, propone a tutta la cittadinanza, dando inizio ad una nuova ricerca sulle vicende del periodo bellico, resistenziale e postbellico in provincia di Parma. Crediamo infatti che la storia della Resistenza non possa essere conservata da pochi sacerdoti della memoria, nel privilegio della condivisione di una piccola minoranza. È necessario restituirla alla collettività, alla polis nel suo insieme. È un bene comune del quale non ci si può disinteressare.
Per questo, il sostegno collettivo che chiediamo, anche nella forma concreta e materiale di una sottoscrizione popolare ad un progetto di ricerca condiviso, è immediatamente un gesto politico.
È un gesto politico perché la polis, o almeno una parte di essa, sceglie consapevolmente quale passato valorizzare, sceglie di sostenere e condividere le conoscenze sulla Resistenza per la collettività nel suo complesso.
Chiediamo dunque alla città di dare il proprio contributo a questa ricerca, inviandoci documenti, foto, diari, memorie, testi, lettere che ci aiutino a sapere di più di quegli anni e di quegli eventi.
E chiediamo anche di sostenerci, sottoscrivendo oggi per un libro che ognuno riceverà ad aprile 2015.
Dai dunque il tuo contributo e riceverai una copia del volume disponibile ad aprile 2015
Puoi versare sul Conto corrente postale n. 001017933001
alla Libreria La Bancarella di via Garibaldi
alla Libreria Fiaccadori di strada al Duomo
(sottoscrizione minima 10 euro)
Centro studi movimenti
E-mail:
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9 marzo 1985 - 9 marzo 2014
PEDRO VIVE
29 anni fa, il compagno Pietro Greco “Pedro” veniva assassinato a Trieste dai boia dello stato borghese Nunzio Maurizio Romano, del Sisde, Maurizio Bensa, Mario Passanisi e Giuseppe Guidi, della Digos di Trieste.
Il suo omicidio, evidentemente pianificato, rappresentava per la classe dominante il sancire la chiusura di un'epoca, iniziata alla fine degli sessanta, caratterizzata dalla lotta di classe, in termini di conflittualità del proletariato e di sviluppo della prospettiva rivoluzionaria. Quella stessa borghesia che allora uccideva, oggi blatera, per mezzo dei suoi rappresentanti politici e culturali, di “pacificazione nazionale” rispetto a quelli che, demonizzandoli, essa definisce “anni di piombo”. Dopo aver attaccato la memoria della lotta partigiana, oggi si attacca la memoria dell'altra grande fase di lotte che ha spaventato la classe dominante.
Napoli, venerdì 7 febbraio ore 17 - Mensa Occupata di via Mezzocannone 14
Il mito delle foibe: riscrivere il passato per dominare il presente
Intervengono: Sandi Volk (storico), Francesco Soverina (storico, direttore dell'archivio dell'istituto campano di storia della Resistenza), Giuseppe Aragno (storico)
A seguire cena
***
“Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava,non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”
Benito Mussolini 1920
Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale, celebrata il 10 Febbraio per "commemorare le vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata".
Libri,documentari, fiction televisive, studi storici aumentano e si rinnovano nel corso degli anni per fornire una specifica chiave di lettura degli avvenimenti del confine orientale italiano nella prima parte del Novecento fino alla fine del secondo conflitto mondiale. Un'operazione ideologica che tace sui crimini dei fascisti, i primi ad infoibare uomini e donne di origine slava, colpevoli di non voler accettare la politica di assoggettamento economica e culturale nel corso di una occupazione durata vent'anni.
Stamane, sabato 4 maggio, un piccolo corteo di circa 150/200 persone ha attraversato le strade e le piazza di Parma. Un corteo fatto di brevi tappe per conoscere la storia della città durante l’occupazione nazista, il collaborazionismo fascista e la resistenza della lotta partigiana. Si trattava, infatti, di una visita guidata alla mostra 10 volti per la Liberazione, curata dal Centro studi movimenti e inaugurata il 24 aprile scorso.
La mostra, composta da dieci sagome di figure partigine, posizionate in luoghi significativi per la Resistenza locale, è stata nei giorni scorsi oggetto di diversi atti di vandalismo fascistoide, più o meno consapevole. E, per reazione, anche di una sorta di mobilitazione “dal basso” di singoli lavoratori e circoli democratici che hanno teso a proteggerla da nuove offese.
La figura di Eugenio Copelli, il partigiano “Gianni”, era già stata spaccata tra il 25 e il 26 aprile ma, immediatamente, alcuni cittadini l’avevano riparata e riposizionata all’angolo tra borgo Copelli con piazza Ghiaia. Dopo due giorni, però, nella notte tra sabato e domenica è sparita di nuovo. E con essa è stato colpito un altro dei “segni della memoria” che la mostra 10 volti per la Liberazione ha diffuso tra le piazze e le strade della città.
Questa ennesima offesa – che segue quella a “Nullo” e a “Mirka” dei giorni scorsi – non lascia più dubbi su quanto l’esposizione diretta e senza protezione nella vita della città di icone partigiane abbia fatto emergere le contraddizioni che evidentemente lacerano la memoria collettiva rispetto all’antifascismo e alla Resistenza.
di William Gambetta
Alla fine del luglio 1922, in seguito all’inasprirsi delle violenze fasciste contro le organizzazioni del movimento operaio, l’Alleanza del lavoro proclamò per il primo agosto uno sciopero generale in “difesa delle libertà politiche e sindacali”.
Sono le dieci di sera del 25 agosto del 1972, una calda serata di agosto. Mariano Lupo, detto Mario, con altri suoi compagni, si avvia verso il cinema Roma, dove aveva un appuntamento. Mario non è solo ma va con fare non spensierato perchè già dal pomeriggio era stato minacciato da alcuni neofascisti che militavano nella locale sezione del Msi-Dn di Parma.
riceviamo e pubblichiamo da Rivistoriantago
(19 FEBBRAIO 1937 – 19 FEBBRAIO2013)
La data del 19 febbraio, rappresenta per il popolo etiopico il “Giorno della Memoria” in cui sono state commesse atrocità terribili durante il periodo dell’aggressione e dell’occupazione da parte dell’Italia fascista (1935-1941).
Questa giornata è stata assunta a simbolo di tutti quegli anni in cui gli etiopi hanno dovuto subire sofferenze, sacrifici e lutti indimenticabili.
Da un'intervista realizzata qualche anno fa da Alessandro Doranti alla storica Alessandra Kersevan e pubblicata sul periodico locale Trentagiorni.
Non è mai stato semplice trattare la questione delle foibe: stereotipi consolidati, revisionismo, metodologie di lavoro inesatte e giochi politici dei vari schieramenti hanno sempre invaso il terreno della ricerca storica. In questi ultimi anni è stata ottenuta la costruzione di una verità ufficiale, fin troppo sbrigativa e di comodo, che ha dato il via a commemorazioni, monumenti, lapidi, intitolazioni di strade.
Alessandra Kersevan, ex insegnante ed oggi paziente ricercatrice di storia e cultura della sua regione, il Friuli, da anni lavora al recupero della memoria storica in merito agli avvenimenti del confine orientale.
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