Grecia – “Sinistra radicale”: nuovo approdo o nuovo naufragio ?
Ancora una volta è un successo elettorale a muovere il ceto politico di una sinistra più o meno parlamentare: la vittoria di Syriza in Grecia! Con il 36% dei voti sul 63,9% di votanti (anche in Grecia “renzianamente” importa poco che la vera maggioranza sia del non-voto, con il 36,1% degli elettori!…), il 25 Gennaio il suo leader, Alexis Tsipras, si è affermato, divenendo premier. Significativamente, la maggioranza di governo è stata perseguita e raggiunta in parlamento insieme alla destra, lì denominata ANEL (Indipendenti Greci), con la quale è stata data vita ad una coalizione: non è un caso che già durante la campagna elettorale sia l’italiana Meloni, che la francese Le Pen, avevano fatto gli auguri a Tsipras. Il collante era, e rimane, l’aspirazione ad una “Europa di popoli liberi e sovrani”!
Tutta la questione del “debito sovrano”, sul quale i governi europei hanno scaricato i deficit delle banche, dovuti alla crisi economica, chiedendone poi il saldo alle popolazioni, ha favorito la retorica populista e nazionalista contro la Germania, il cui capitale è effettivamente il nucleo centrale della Banca Europea… Ma se è vero che quest’ultima, insieme al Fondo Monetario Internazionale (FMI) ed alla Commissione Europea, ha dato luogo al triumvirato della cosiddetta “Troika”, che ha imposto alla Grecia la politica di austerity, in cambio della liquidità minima indispensabile a non “fallire” come Stato, è anche vero che l’interesse a mantenere in piedi lo Stato greco, come gli altri Stati capitalistici europei, è di tutto il capitale europeo, e non del solo capitale tedesco!
Sulla questione della crisi, la richiesta di una estemporanea uscita dall’Euro ed, in genere, di tutto l’armamentario politico del “sovranismo”, cioè della rivendicazione di una decisionalità di una “patria” interclassista a fronte del fenomeno ineluttabile dell’accentramento del capitale, e quindi del comando capitalistico, anche sul medesimo piano politico, non fanno che sviare i proletari dalla individuazione dei propri obiettivi come classe! Non si tratta tanto del fatto, pur vero, che un eventuale ritorno alla Lira verrebbe fatto pagare in modo ancora più caro i proletari che stanno in Italia (dentro o fuori della UE), ma del fatto che, in questa società, i proletari hanno, in primo luogo, bisogno dei mezzi di sussistenza, in Lire, in Euro o in beni e servizi, poco importa!
Il fatto che la crisi venga fatta pagare, come sempre, ai proletari (e non sempre “al popolo”) è un dato di fatto oggi, ed è comune a tutta l’Europa (oltre che a tutto il mondo!), ma lo è soltanto perché questi non hanno la forza di unirsi come tali a partire dalla propria indipendenza, da tutte le nazioni e da tutti i “sovrani”! Altro che “sovranismo”! Ed unirsi a partire dalla rivendicazione dei propri bisogni, primo fra tutti la sussistenza, che, in questa società, si traduce nel SALARIO!!!
Qualcuno dirà che non è vero che stiano pagando la crisi solo i proletari, ma vi sono interi strati sociali di piccola ed, a volte, media borghesia ad impoverirsi. Questo non dipende altro che dalla ampiezza e dalla portata della crisi stessa! Si tratta di fenomeni di proletarizzazione, che, però, come tali, non possono significare una diluizione del proletariato in una moltitudine magmatica, ma occorre muoversi, prima di tutto come comunisti, in direzione della indipendenza di classe dei proletari, perché i citati fenomeni allarghino i confini della classe stessa! Come il dover proprio scegliere tra una piccola patria e l’unità territoriale più ampia (nel nostro caso europea): un compagno dovrebbe vedere più di buon occhio quest’ultima, perché, scontata l’unità dei padroni nello scontro di classe, permette di lavorare ad una più ampia unità di proletari!
In sintesi, per i comunisti la parola d’ordine non può essere “contro la crisi” capitalistica, perché, se i proletari si organizzano (e, come comunisti, è questo che vogliamo!), la crisi dovrà essere trasformata in caduta del capitalismo; ed una sua caduta è, ovviamente, più facile in un suo momento di crisi, che in uno (ad oggi del tutto eventuale) di espansione!
A partire dall’ottica di classe (ed è da essa che un comunista non può che partire), non può interessarci che questo o quel singolo Paese “esca dalla crisi” (ammesso che sia possibile…), ed è per questo che non ci appassionano più di tanto le elezioni e/o i loro vincitori, ma ci interessa moltissimo l’unità dei proletari, concentrando ogni nostro sforzo in tale direzione, e che tale unità varchi il più possibile di confini, perché i proletari “si salvano” solo tutti insieme, abbattendo il capitalismo.
Con la vicenda della “sinistra radicale” greca (Syriza), e con i recenti successi di “Podemos” in Spagna, si sta mettendo in moto in Italia un meccanismo analogo, e per giunta “dall’alto”, tappa importante del quale è stata la manifestazione di Sabato 14 a Roma, contro la troika, ma dal “vago” sapore elettoralista, intitolata “E’ cambiata la Grecia, cambiamo l’Europa”, indetta da vari intellettuali, ma con l’entusiastica adesione di SEL e PRC, quella del “nuovo” Partito Comunista d’Italia (PCd’I) togliattiano, ma anche dell’ARCI, di Attac, di “Sinistra Anticapitalista” e di Ross@, oltre che, addirittura, lo scomodarsi della CGIL di Susanna Camusso, preceduta dalle sue aree di sinistra, per tirare la volata anche alla fantomatica “Sinistra del PD” (presente con Fassina e Civati)!… Ben lontano dal rappresentare un segnale verso l’unità dei proletari, il modesto corteo si è presentato come “solidarietà alla Grecia” di Tsipras, contro il “ricatto della Merkel”, o, magari, della Germania (sic!)…
A “solidificare” un “nuovo soggetto politico” anche in Italia dovrebbe pensarci l’Assemblea del 17 e 18, indetta da “L’altra Europa” (la litigiosa coalizione elettorale presentatasi alle europee) a Bologna e molto attesa dal ceto politico della “sinistra” italiana, “poltronista” per vocazione. Il nemico torna ad essere il solo “neoliberismo”, contro il quale si rispolvera il “keynesismo”; sembra di rivedere, oltretutto in peggio, la nascita di un altro contenitore: Rifondazione Comunista al tempo in cui superava il 10% alle elezioni, e che ha avuto il noto e disperso epilogo… Nel mentre sul piano politico non manca chi, addirittura, esprime anche posizioni come la proposta (che, in realtà, si addice di più ad una “amichevole calcistica”) di una “alleanza” della “Europa del sud” contro “l’Europa del nord”!! Come se fossimo più vicini ai padroni mediterranei o allo stesso Renzi, piuttosto che ai proletari germanici! …Ma magari, tra quel ceto politico, qualcuno lo è!!
Intanto la coalizione rosso-nera (o rosso-bruna?) del governo greco, dopo avere solleticato l’orgoglio nazionalista delle masse, negando la privatizzazione del porto del Pireo, il principale porto greco, ora ha già fatto marcia indietro, in segno di apertura ai dettami della UE, accettando di svenderlo ad una finanziaria privata! Nel frattempo, nelle trattative con la UE, di concreto ha già “ottenuto” la scomparsa …del termine “troika”!
Il fatto che il programma elettorale di Syriza, come quello di “Podemos”, contenga anche alcune rivendicazioni positive, come una “riforma fiscale” in senso progressivo o come l’aumento del “salario minimo” (per citare due proposte identiche delle due formazioni), porta molti compagni onesti ed in buona fede a ritenere che, non essendo comuni ad altre formazioni elettorali, tali programmi vadano appoggiati o, addirittura fatti propri: è la logica del “meno peggio”, che già tanti guai ha portato dappertutto.
Vi sono poi altre parole d’ordine comuni a Syriza e “Podemos”, come lo sviluppo della “green economy”, rilancio e democrazia industriale (per “Podemos” leggi cogestione), fino ad una sorta di “democratizzazione” della finanza ed alla stessa “ristrutturazione”del debito. Mentre le prime due sono parole d’ordine certamente padronali, per le ultime due si tratta di “obiettivi” che riscuotono un diffuso successo: il primo perché viene fatto passare per possibile dai media borghesi, mentre sul secondo bisogna riflettere.
Non c’è dubbio che vi sia qualche margine entro cui un “debito” possa essere contrattato, ma a due condizioni fondamentali: la prima è che sia “esigibile”, e che quindi non possa superare il livello di solvibilità del debitore (ed a questo gli avvoltoi internazionali stanno bene attenti!), e la seconda è che comunque rappresenti un’entrata soddisfacente per il creditore (idem); fuori da tali coordinate ogni debito non ha senso. Da ciò deriva, ovviamente, che qualsiasi “ricontrattazione” del debito non potrà far cambiare di molto la condizione dei proletari greci o spagnoli (o altro). Cosa radicalmente diversa sarebbe, invece, l’annullamento unilaterale del debito, che romperebbe completamente con ogni creditore, ma si tratta di un provvedimento che può prendere solo chi è impegnato in un processo di uscita dal sistema capitalistico; e non è certo il caso di Syriza e “Podemos”, che, infatti, si guardano bene anche solo dal porne l’ipotesi!
Certamente per il programma di Syriza, non mancano affermazioni che, seppure ben “sterilizzate”, magari prese singolarmente ed isolatamente, hanno un contenuto progressista, ma va tenuto conto del fatto che non si è mai visto, in più di cento anni del gioco politico della democrazia borghese, che al “dire” corrispondesse del tutto il “fare”. Va detto, poi, ai più giovani, che programmi come questi, nel loro complesso, risultano senz’altro più moderati di quelli dei riformisti di periodi migliori, come ad esempio quello degli anni ’70! E non può valere, per dei comunisti, il fatto che il tempo di oggi è “peggiore”: significherebbe una rinuncia anche alla stessa prospettiva del cambiamento!!
Dispiace dire che, per quanto riguarda la Grecia (e, quel che ci interessa, i proletari greci), la cosa più sensata rischia proprio di averla detta “Alba dorata”, la emergente formazione di estrema destra, che ha dichiarato che il fallimento (annunciato) di Syriza le consegnerà in mano il Paese alle prossime elezioni politiche. Del resto, quando è quello il proprio orizzonte!…