Lorella Zanardo e la miseria di un certo tipo di femminismo

Dopo le recenti affermazioni della signora Zanardo su burkini e varie, pensiamo valga la pena diffondere il contributo che trovate qui sotto, scritto da Clara Zetkin, rivoluzionaria tedesca e compagna di Rosa Luxemburg.

Sempre sul tema, segnaliamo anche l’interessante libro di Dominique Karamazov (qui completo in Pdf) scritto nel 1977 in aperta critica verso certe posizioni nel movimento femminista di allora. Posizioni le quali, vediamo oggi, mostrano la totale mancanza di lucidità di chi non si pone di superare il presente a partire dal problema dell’esistenza delle classi sociali. Buona lettura. 

 tratto da https://www.facebook.com/note.php?created&&note_id=185816371460344

L’emancipazione delle donne passa necessariamente attraverso l’unione nella lotta con gli sfruttati, con i lavoratori, con le classi oppresse, attraverso l’unione di italiani ed immigrati, di uomini e donne. Non è “solo” una questione di genere. La lotta è una sola, ed è contro il capitale.

Così come sosteneva più di 100 anni fa Clara Zetkin, la questione femminile nasce col modo di produzione capitalistico. E solo attraverso il superamento di questo si potrà parlare di liberazione della donna.

Quelle forme di femminismo che mirano all’unione interclassista delle donne, che illudono le donne oppresse che sia possibile ottenere, al di fuori della lotta scontro col capitale, con la mobilitazione delle sole donne contro gli uomini, quei diritti e quella parità sociale che è raggiungibile soltanto da esigue minoranze di donne, sono pura utopia e si traducono nel rafforzamento del regime attuale.

Quello che segue è un testo, di estrema attualità, tratto da “La questione femminile e la lotta al riformismo” di Clara Zetkin.

 LA RIVOLUZIONE E LE DONNE

di Clara Zetkin

22 novembre 1918

Sino a ieri nei Reichstag e nei Landtag degli stati federali si giurava ancora solennemente sul fatto che noi donne non eravamo “mature” per svolgere il nostro compito di cittadine equiparate a fianco degli uomini. Ancora ieri “immature” per poter decidere della nomina d’un guardiano notturno a Buxtehude, oggi, dichiarate “mature”, elettrici ed eleggibili, con eguali diritti, siamo in grado di pronunciarci sulle decisioni più importanti per la  vita politica del paese,  e per il suo assettoeconomico.

In realtà anche le donne devono partecipare, tramite un diritto di voto democratico, all’elaborazione delle leggi fondamentali riguardanti la forma di governo e le istituzioni dello Stato. Questo dev’essere il compito delle previste assemblee  nazionali costituenti in seno alla “grande” e alla “piccola” patria; e però compito principale di queste assemblee dovrebbe essere, secondo il desiderio delle classi possidenti, quello di strappare il potere  politico dalle mani delle masse

proletarie in nome della menzognera parola d’ordine “salvaguardia della democrazia”, e sbarrare in tal modo la via all’edificazione d’una vera democrazia integrale.

Anche le donne devono potersi pronunciare sull’alternativa: repubblica borghese o repubblica socialista, o in altri termini: dominio di classe politico formale moderato da parte degli usurpatori della ricchezza sociale, oppure tutto il potere politico in mano ai produttori della ricchezza sociale.

Politica socialista radicale in grande stile per rimodellare completamente “l’antica, decrepita faccenda”, vale a dire lo Stato oppressivo capitalista e l’economia di sfruttamento capitalista per trasformarli in un ordinamento socialista, in una società di liberi ed eguali; oppure una politica di concessioni, d’armonia borghese-proletaria, una politica senza princípi che ricorre a rattoppature politiche ed economiche al fine di preservare la società capitalista. Anche le donne dovranno decidere in merito a queste alternative vitali per il popolo tedesco e qui si dovrà dimostrare la maturità politica della donna!

Le donne tedesche non dovrebbero mai dimenticare che l’equiparazione politica non è il premio ad una loro lotta vittoriosa, bensì il regalo di una rivoluzione sopportata dalle masse proletarie e che portava scritto sul proprio stendardo: democrazia  integrale e tutti i diritti al popolo. Pieni diritti anche per le donne! Forse che noi donne non siamo popolo, la metà del popolo e in conseguenza del sacrificio di milioni di uomini all’imperialismo, mai come ora la metà più grande del popolo tedesco? E non siamo forse noi donne, nella schiacciante maggioranza, popolo lavoratore che accresce la ricchezza materiale e culturale della società? Al popolo lavoratore appartiene l’operaia di fabbrica come l’impiegata e la maestra, la piccola contadina, ma anche la massaia che, attraverso la sua sollecitudine e il suo lavoro, appresta e preserva la casa per i suoi piccoli ospiti; vi appartiene innanzitutto la madre il cui contributo è il massimo dei valori: una schiatta sana e forte di corpo e di spirito la cui opera arricchisce il tesoro dell’umanità. Al di fuori di questa grande comunità di sorelle, si situano solo quelle signore che vivono alle spese e sullo sfruttamento del lavoro altrui, prive di attività autonoma; esse non partecipano all’aumento del patrimonio sociale, ma solo al suo consumo.

La rivoluzione ha procurato alle donne lavoratrici i loro diritti civili  senza chiedere se la maggioranza di esse li abbia rivendicati, senza sapere se abbiano lottato per possederli. Essa ha fatto sí che la lotta coraggiosa delle loro avanguardie garantisse la capacità, la volontà di tutte d’assolvere ai loro doveri di cittadine.

Per le donne si tratta ora di pagare questo debito di riconoscenza verso la rivoluzione e di provare che la fiducia in esse è stata ben riposta. Dimostriamoci fiere e coraggiose! Non riceviamo senza dare alcunché; non lasciamoci intimorire dagli spettri del passato, ma affrontiamo il futuro con impeto e decisione.

La rivoluzione è minacciata. Ovunque nel Reich le forze della reazione  e della controrivoluzione cercano di sgusciare dal nascondiglio in cui le masse in rivolta le hanno costrette a rifugiarsi. Le classi possidenti cominciano ad organizzarsi e ad armarsi per strappare al popolo  lavoratore il potere politico appena conquistato. I loro agenti  nella stampa, nell’amministrazione pubblica, nei parlamenti accantonati dalla rivoluzione, cominciano ad entrare in scena.

I conservatori si scoprono un cuore democratico e i democratici borghesi si accorgono che la loro azione deve essere di tipo conservatore, che al di là del limite determinato dagli interessi di classe borghesi, il principio democratico deve abdicare in favore della prassi capitalistica. I nemici occulti del potere rivoluzionario del proletariato sono più pericolosi dei nemici smascherati.  La democrazia borghese, arida formula giuridica, si appresta a strangolare la viva democrazia proletaria di cui la rivoluzione ha rappresentato un primo passo.

La rivendicazione di assemblee nazionali costituenti per il Reich e per gli Stati federali è la foglia di fico che deve coprire il tentativo, da parte delle classi possidenti, di riconquistare il potere politico. Spartizione del potere politico tra tutti gli strati e classi della popolazione: come suona bene, come suona giusto e democratico! E tuttavia il vello dell’agnello nasconde il lupo.

Vi sono due possibilità:

- o il proletariato detiene tutto il potere politico per la realizzazione del suo obiettivo finale: il superamento del capitalismo da parte del socialismo,

- oppure esso non detiene alcun potere, ma solo una parte minima di potere per la realizzazione delle riforme che non intaccano l’ordinamento capitalista, ma anzi lo rafforzano.

Una spartizione del potere tra classe operaia e  borghesia sbocca sempre in un dominio di classe borghese, rimane sempre una dittatura della classe moderata della classe possidente e sfruttatrice.

Il campo di macerie in cui la guerra mondiale ha ridotto l’ordinamento capitalista esige perentoriamente, se il popolo lavoratore non vuole andare in rovina, la costruzione della società su basi socialiste. Il socialismo, non in quanto teoria sociale, ma in quanto prassi sociale, è l’imperativo del momento. I compiti posti dall’acquisto di beni alimentari e di materie prime, dalla smobilitazione, dalla riedificazione dell’economia completamente disgregata, possono essere dominati solo attraverso soluzioni socialiste se si  vuole che le masse popolari non diventino le vittime di una situazione insostenibile. Il perno della lotta per il potere politico è rappresentato dalla lotta per l’ordinamento economico della società. Chi auspica la fine del capitalismo e l’avvento del socialismo non deve permettere che il potere politico del popolo lavoratore venga paralizzato dal potere politico dei possidenti, e deve esigere tutto il potere per il proletariato. Il terremoto politico che ha abbattuto il trono e le poltrone dei burocrati deve investire anche l’economia e mandare così a morte il capitalismo. La rivoluzione deve essere portata avanti!

Tratto da: Clara Zetkin, La questione femminile e la lotta al riformismo, Milano, G.Mazzotta Editore, 1972, pp.109-112

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