Cosa vuol dire “Fiom” nella fabbrica GKN di Campi Bisenzio
La presa di posizione del Consiglio di Fabbrica della Gkn di Campi, al comitato centrale della Fiom
Non ci stupisce che dopo 11 mesi di trattative, ancora oggi ci sia poco da dire sulla parte economica.
Vale la pena ricordare che sin dall’inizio un personaggio come Sacconi ha definito la proposta contrattuale di Federmeccanica, l’unica vera proposta innovativa dopo il Jobs Act.
Sin dall’inizio le aziende hanno investito pesantemente su un concetto: la ricchezza va redistribuita dove si crea. Che cosa significa questo?
I padroni sanno di avere un sistema industriale spaccato a metà: con aziende legate magari all’export che tirano e fanno profitti e altre dove esuberi e cassa integrazione la fanno da padrone. Hanno scommesso pesantemente su questo contesto per provare a dividere i lavoratori in due: quelli a cui il contratto nazionale non interesserà più perché sono legati fedelmente al welfare aziendale e ai premi produzione della propria azienda e quelli che sono troppo impegnati a difendere il posto di lavoro per potersi interessare alle tematiche del contratto nazionale.
Il ministro Poletti se l’è lasciato scappare, del resto qual è l’obiettivo che i padroni hanno messo nel mirino? Superare il salario-orario. Un obiettivo che necessita di una serie di passaggi intermedi che vedano aumentare la variabilità del salario, legandolo sempre di più alla produttività aziendale.
Se questa era la posta in gioco, sin dall’inizio la Fiom avrebbe dovuto contrapporre un’idea forte, strategicamente alternativa sia sulla parte economica che su quella normativa.
Le proposte di Federmeccanica non sono semplicemente cattive sindacalmente. Sono un vero e proprio virus che messo in circolo individualizza il rapporto tra lavoratore e padrone, fidelizza gruppi di lavoratori alle proprie aziende. Un virus che di fatto mette in discussione la stessa sindacalizzazione.
Abbiamo assistito invece a 11 mesi di trattative. 11 mesi di trattative dove di fatto non si è mai nemmeno provato a mettere in discussione l’impianto della parte normativa e ci si è concentrati sul provare a strappare alla controparte un aumento salariale che fosse minimamente presentabile alle assemblee nelle aziende. Un aumento salariale che fosse almeno in grado di indorare il resto della pillola da buttare giù.
Ci avevate detto quando fu fatta rientrare senza nessuna spiegazione la mobilitazione sul Jobs Act, che il superamento del Jobs Act lo avremmo chiesto nei contratti. Oggi ci viene detto che questo tema non è rimasto realmente nemmeno un minuto sul tavolo.
11 mesi di trattative che non hanno visto nemmeno un corteo nazionale e con mobilitazioni chiamate a nostro modo di vedere con poca convinzione e con una risposta contraddittoria nelle aziende. E come potrebbe essere altrimenti? L’indebolimento del contratto nazionale non nasce da oggi.
E’ stato perseguito con concetti come l’indice Ipca, con le deroghe, dando sempre più potere alla contrattazione aziendale a scapito di quella nazionale. L’indebolimento del contratto nazionale è il risultato di tutto quello che i vertici di Cisl e Uil hanno seminato negli ultimi 10 anni.
Ma veniamo poi al punto. C’è sempre stato un non detto in tutta questa vicenda contrattuale: qualsiasi sia il contratto, già firmarlo sarebbe un successo e un riconoscimento della Fiom. Negli attivi si è fatto vero e proprio terrorismo psicologico: se non si firma questo contratto, mettiamo in discussione la nostra esistenza.
Noi pensiamo sia l’esatto contrario. Salvaguardare la nostra esistenza non vuol dire salvaguardare le entrate derivanti dalle quote contrattuali, magari in futuro dagli enti bilaterali. Non significa salvaguardare l’esistenza del nostro apparato. Significa prima di tutto salvaguardare la nostra bandiera, quella che rappresenta in termini di ideali programmatici, di obiettivi. In una società dove mancano punti di riferimento, la Fiom riusciva ad esserlo per noi lavoratori.
Se guardo alla mia azienda, Fiom ha un significato preciso.
Da noi si applica il contratto del 2008. Non si applica nessuna delle brutture normative contenute nei due contratti separati fatti da Cisl e Uil negli anni successivi. Non si penalizza ad esempio la malattia e si è ritenuto questo sempre un punto dirimente.
Da noi Fiom vuol dire: rifiuto della sanità integrativa e lotta per la difesa del senso universalistico della sanità pubblica.
Da noi Fiom vuol dire che il testo unico sulla rappresentanza è, come disse Landini allo scorso congresso, “una porcata antidemocratica”. I lavoratori hanno creduto a quelle parole. E infatti da noi non lo si applica: si vota con il proporzionale puro ai rinnovi Rsu, ai quali possono partecipare anche non firmatari di quel testo. E non c’è esigibilità: si sciopera ad esempio, e orgogliosamente, sui sabati di straordinario anche se questi sono inseriti in accordi aziendali.
Da noi Fiom vuol dire rifiuto del Jobs Act. E infatti secondo l’accordo aziendale, da noi non solo non si applica il Jobs Act ma nemmeno la Fornero.
Da noi Fiom vuol dire PARTE FISSA DEL PREMIO DI RISULTATO. Perchè la produttività è un concetto tutto in mano alle aziende, che manipolano e cambiano come vogliono.
Con la firma di questo contratto, se avvenisse o comunque già oggi per come lo si sta costruendo, indipendentemente dalla parte economica, si cancella con un solo tratto di penna tutto questo. Nel senso che la Fiom sparisce?! O nel senso che noi accetteremo di perdere tutto questo?!
No, assolutamente no.
Nel senso che la Fiom cancella, toglie una bandiera piantata nella testa di migliaia di lavoratori. E ci vorrà del tempo per rimettercela, per tornare a issarla, una volta che su una serie di concetti noi abdichiamo.
Per concludere. Quando muoviamo queste obiezioni, ci obiettano che la nostra azienda è un caso isolato, una punta avanzata. Siamo lusingati di essere una punta avanzata ma non è di certo così che veniamo trattati. Forse sarà perchè ci siamo dichiarati incompatibili in solidarietà con i delegati Fca, forse sarà perchè da anni siamo orgogliosamente su posizioni critiche, forse sarà perchè siamo del Sindacatounaltracosa. Insomma, forse sarà per pura voglia di emarginare chi non la pensa come te, il 20 aprile su uno sciopero provinciale sul Ccnl con presidi chiamati sui cancelli delle più grandi fabbriche della provincia ci avete lasciati soli, oppure, se all’ultimo attivo provinciale dei delegati di Firenze siamo stati addirittura minacciati di querela per aver espresso opinioni critiche.
Ma al di là di questo, il punto è che si può avanzare se si parte dalle punte avanzate per tentare di sollevare il resto delle aziende. E non al contrario, se si firmerà un contratto nazionale che recepisce tutto quello contro cui queste punte avanzate si sono battute negli ultimi anni seguendo le stesse indicazioni che arrivavano dalla nostra direzione sindacale. Se avviene questo, noi ci batteremo con la stessa tenacia per respingere la cancellazione della nostra storia sindacale.
Per il Cdf Fiom GKN Firenze
Matteo Moretti
da https://sindacatounaltracosa.org/
Leggi anche: