Recensione del libro “L’era del petrolio”, di Leonardo Maugeri

http://www.inventati.org/cortocircuito/wp-content/uploads/2014/07/9788807171284_quarta1.jpg.448x698_q100_upscale1.jpgRecensire un libro come L’era del petrolio, seconda fatica letteraria di Leonardo Maugeri su temi petroliferi, non è semplice, e per vari ordini di ragioni.

Prima di tutto si tratta di un libro ricchissimo di dati, notizie e visioni ad ampio raggio sulla storia dell’industria petrolifera intesa nel senso più ampio del termine: frequenti digressioni dagli aspetti puramente di storia dell’industria si trovano sparpagliati in quasi tutto il libro e riguardano le più varie sfaccettature di processi storici che trascendono anche largamente il tema petrolio.

Ciononostante il libro mantiene una unitarietà e leggibilità notevole, risultando utilissimo per il lettore comune che sia interessato a comprendere le dinamiche spesso sorprendenti di un’industria tra le più influenti a livello globale.

Questo è possibile anche grazie alla vastissima mole di materiale utilizzato da Maugeri; in particolar modo sembra evidente il debito verso The Prize di Daniel Yergin ed in minor misura verso libri di sicuro spessore come Oil Politics di Francisco Parra.

Il testo è principalmente di taglio storico: le prime 200 pg trattano i più vari avvenimenti scavando indietro fino ai tempi della giovinezza di John Davison Rockefeller ed arrivando al 2006, anno di edizione del testo.

In questa prima parte Maugeri dà spazio ad una lunghissima serie di avvenimenti sorprendenti che vedono protagonisti personaggi maggiori e “minori” della storia del ’900, come Churchill, Arafat, Roosevelt, Hitler, Khomeini, Enrico Mattei, Zaki Yamani e moltissimi altri in un intreccio vorticoso e affascinante.

La lettura di queste pagine è davvero stimolante ed i colpi di scena sono sorprendenti e godibili: il libro di Maugeri da questo punto di vista è davvero un più che degno sostituto di vecchi volumi come quello di Manlio Magini, L’Italia ed il petrolio tra storia e cronologia.

Questa prima parte del libro si chiude con un capitolo, il quindicesimo, (La prima crisi petrolifera del ventunesimo secolo) con il quale si arriva fino al 2006, e quindi, appunto, all’inizio della crisi petrolifera tuttora in atto.

Le cause della crisi per Maugeri sono presto dette: un prolungato periodo di bassi investimenti ha portato delle strozzature nel settore della raffinazione e questo fattore unito ad altri minori – Uragano Katrina, attentati del M.E.N.D. in Nigeria – alla guerra in Iraq e ad un imprevisto rimbalzo dei consumi petroliferi ha sostanzialmente spinto i prezzi verso l’alto.

Maugeri lega l’ultimo di questi fattori alla crescita economica cinese, la quale però era, com’è ovvio, largamente prevedibile ben prima del 2006.

Da questo punto in poi il discorso di Maugeri si fa fortemente critico con coloro che adottano un determinato approccio al tema dell’esaurimento del petrolio: sostanzialmente si tratta dei continuatori del lavoro di Marion King Hubbert.

Se infatti l’analisi storica nella prima parte del testo è raffinata e compatta, in queste ultime pagine si assiste invece ad una serie di attacchi a quelli che Maugeri chiama “profeti di sventura”: a farne le spese sono vari ex-esponenti dell’industria petrolifera, divenuti dei “critici” del sistema stesso.

Oggetto di attacco è in primis Colin Campbell, (pg 207) vittima di un attacco che non rende giustizia allo stesso Maugeri: è infatti abbastanza sconcertante leggere pagine eleganti ed elaborate dove si chiede di prestare attenzione a percorsi storici anche assai complessi ed altre in cui prevale un approccio francamente al limite dell’onestà intelletuale.

Un esempio varrà a chiarire almeno uno dei punti più sorprendenti: viene infatti attribuita a Campbell la pretesa di voler avere dalla propria parte una verità assoluta in tema di esaurimento del petrolio e viene citato anche un suo importante articolo, The end of cheap oil, pubblicato su Scientific American nel 1997 (in italiano su Le Scienze n° 357 del maggio 1998).

Il fatto è che l’approccio di Campbell è estremamente duttile e restìo a farsi inquadrare in poche e dogmatiche formule: al contrario una sua famosa frase relativa alla miglior modellizzazione possibile della curva di esaurimento globale del petrolio – una frase che difficilmente Maugeri può ignorare – recita letteralmente così: “all numbers are wrong, all figures are wrong; the question is: by how much?”.

Semplicemente si è trattato per Campbell di fare un paziente lavoro di raccolta di dati e di proporre un modello molto elaborato che è la diretta continuazione del lavoro di Marion King Hubbert, il famoso geologo della Shell che fu il primo, nel 1956, a prevedere con passabile precisione il picco di produzione degli USA, verificatosi nel 1970.

Vi sono poi alcuni capitoletti conclusivi, per circa una settantina di pagine, in cui Maugeri tratta temi che gli sono evidentemente cari e che si distanziano (in parte, come detto) dal resto del testo sotto un profilo specifico.

In questa seconda parte, intitolata significativamente Percezioni sbagliate e problemi all’orizzonte, si chiarisce meglio quale sia per Maugeri l’approccio più equilibrato all’intera questione dello sfruttamento del petrolio.

Anche qui i bersagli continuano ad essere Hubbert e Campbell; dei modelli di Hubbert purtroppo non vengono comprese alcune caratteristiche, dato il fatto che Hubbert, tanto per fare un esempio, non si è posto nel 1956 il problema dell’analisi delle innovazioni tecnologiche per la semplice ragione che il tipo di analisi da lui proposta aveva altri obiettivi.

Di Campbell vengono addirittura riportati dati diversi nel testo di Maugeri rispetto a quelli delle note del suo stesso libro (vedi pg 229 e relativa nota); sarebbe poi da notare che le revisioni operate da Campbell sui suoi dati sono state fatte negli anni immediatamente successivi al crollo del Muro di Berlino in una fase in cui l’apertura alle compagnie occidentali dei pozzi ex sovietici ha imposto a tutti un ritocco più o meno ampio delle proprie valutazioni (vedi a questo proposito il caso clamoroso delle stime dell’USGS).

Vi è infine è da aggiungere che nessun serio fautore delle tesi di Campbell ha mai sostenuto di avere la verità oggettiva né di avere uno “strumento scientifico infallibile per prevedere quando l’evento si verificherà”.

Purtroppo vari altri punti del testo di Maugeri presentano fraintendimenti grossolani delle tesi dei fautori del picco, vedi ad esempio pg 238 a proposito dei greggi non-convenzionali o pg 240 per quel che riguarda le possibilità dello sviluppo tecnologico nelle future estrazioni.

Il problema è che Maugeri presenta fatti di notevole portata interpretandoli quasi esclusivamente in un’ottica economica: questo tipo di analisi è sicuramente utilissima ed interessante ma trova un limite quasi imbarazzante nel momento in cui Maugeri afferma esplicitamente di ispirarsi ad i lavori di Morris Adelman definendoli come i probabili portatori dell’approccio più corretto. (vedi pg 242).

Nella stessa pg 242 Maugeri testualmente scrive che “gli esperti più seri ritengono addirittura “irrilevante” qualsiasi tipo di congettura sullo stock complessivo di una risorsa”, purtroppo senza esplicitare il significato di quelle virgolette, e che “l’unico indicatore accettabile del del futuro potenziale dell’offerta è costituito dal flusso incrementale delle riserve provate”.

Purtroppo il significato di quelle virgolette non comparirà mai nel testo di Maugeri: l’impressione che si ricava è quella di una notevole fiducia nello sviluppo tecnologico e nelle leggi del mercato definite da Maugeri “ferree”.

Vi è però anche un argomento tecnico assai robusto dalla parte di Maugeri: quello relativo al miglioramento delle procedure di raffinazione.

In questo caso i margini di miglioramento sono effettivamente ampi: una raffineria standard può ricavare da un barile di Ural (il greggio di riferimento russo) il 12% di benzina ed un 45% di bitumi mentre una più moderna raffineria ad alta conversione può arrivare a ricavare ben il 25% di benzina e solo il 16% di quei residui che stanno divenendo un problema per tutti i raffinatori essendo il mercato in contrazione ovunque.

Passi in avanti come questi sono fondamentali e potrebbero aiutare notevolmente a livellare i prezzi dei principali prodotti finiti al ribasso per un certo periodo di tempo; purtroppo però come si è potuto osservare negli ultimi otto anni, il volume complessivo delle estrazioni a livello globale è rimasto pressochè inalterato: basti dire che il dato relativo al 2013 si aggira approssimativamente attorno agli 85 milioni di barili al giorno (dato comprensivo di tutte le diverse qualità di greggio estraibili).

Siamo ben lontani dai dati che nel 2006 Maugeri dava come probabili: il rapporto CERA (Cambridge Energy Research Associates), indicato come una seria analisi della produzione al 2010 dava un potenzialità produttiva di 101 mbg, mentre con ogni evidenza la produzione del 2010 è stata pressochè identica a quella del 2004, intorno agli 85mbg.

Dieci anni di stagnazione produttiva quasi perfetta e di prezzi costantemente alti – sebbene variabili in relazione alle normali dinamiche di mercato all’interno di un contesto di crisi globale – non si erano mai verificati nell’intera storia delle estrazioni petrolifere.

Naturalmente i molti fattori “di disturbo” elencati da Maugeri, quali i mancati investimenti nel settore della raffinazione, la salita al potere di Hugo Chavez, le scelte Opec in direzione di una produzione più orientata al just in time e numerosi altri sono assolutamente reali ed influenti, ma viene tagliata quasi del tutto fuori, a parere di chi scrive, una componente di lunghissimo periodo: la possibilità concreta che sia stato raggiunto il picco della produzione petrolifera.

In estrema sintesi si può dire che il libro di Maugeri è assai ben scritto e coinvolgente nella parte propriamente storica, con le eccezioni che abbiamo sottolineato, mentre risente di una mancanza di conoscenze nella critica che l’autore compie ad autori che non sono stati sufficientemente compresi: a volte si ha addirittura la sgradevole impressione che su alcuni punti specifici si stia deliberatamente sparando nel mucchio quando si parla genericamente di “pessimisti” senza fare alcun nome né citando alcun libro o articolo.

Una lettura utilissima e ricca, vivamente consigliabile se non altro perchè scritta certamente da un esperto, ma anche parzialmente fuorviata da un approccio quasi esclusivamente centrato sulla componente economica, sicuramente importante ma non onnicomprensiva.

Giovanni Pancani

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