Cosa sta succedendo in Egitto ? Venerdì 11, discussione a La Polveriera

L’efferato omicidio del giovane ricercatore Giulio Regeni ha tristemente portato alla ribalta del grande pubblico il grado di violenza statale che caratterizza l’Egitto oggi. Lontano da essere un semplice strumento di efferatezza utilizzato dal regime per mantenersi in sella, l’altissimo livello di repressione è l’ingrediente cruciale per comprimere la vitalità del movimento operaio egiziano ed assicurare ingenti utili ai capitali nazionali e stranieri.

Con questa iniziativa intendiamo così non solo ripercorrere le tappe che hanno portato all’affermarsi di un movimento di lavoratori estremamente militante, ma anche chiarire il ruolo che questo ha giocato nella caduta di Hosni Mubarak nel 2011. Non solo però, perché il nostro principale scopo sarà provare a comprendere la parabola del movimento rivoluzionario egiziano.

La straordinaria irruzione delle masse sulla scena politica ha infatti aperto una lunga fase di transizione che la sinistra egiziana non ha saputo sfruttare per trasformare “una rivoluzione politica con un’anima sociale” in un regolamento di conti tout court con la classe dominante.

Per quali ragioni? Quali sono stati i limiti di quest’azione rivoluzionaria? Il colpo di stato del 3 luglio 2013 guidato dal generale al-Sisi contro il primo presidente eletto nella storia egiziana, Mohamed Morsi, ha poi aperto la lunga notte della controrivoluzione.

Nel completo disorientamento di molte organizzazioni politiche che avevano giocato un ruolo cruciale nel coalizzare le forze anti-regime negli anni passati, il movimento operaio egiziano continua a mostrare oggi – nonostante la straordinaria repressione di cui è vittima – una grande forza e capacità mobilitativa. Siamo forse alla porte di un nuova ondata di scioperi che può mettere alle corde il regime di al-Sisi?

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