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Archivio per la categoria ‘Internazionalismo’

BOBBY SANDS 1981/2011- Tiocfaidh àr là!

5 maggio 2011 1 commento

In attesa dell’iniziativa “Roma Ricorda Bobby Sands” prevista per sabato 14 maggio; oggi giovedì 5 maggio, giorno in cui trent’anni fà moriva Bobby Sands, abbiamo realizzato un murales in Via dei Volsci in suo onore.

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BUON PRIMO MAGGIO!

1 maggio 2011 Nessun commento

Il 1 Maggio giornata internazionale dei lavoratori , nasce come giornata di mobilitazione collegata alla lotta per l’introduzione per legge della giornata lavorativa di otto ore.

Otto ore di lavoro, otto di svago, otto ore per dormire’ fu la parola d’ordine, coniata in Australia nel 1855, e condivisa da gran parte del movimento operaio e sindacale organizzato a livello internazionale.
Il 1 maggio 1866 in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti, 400mila lavoratori incrociarono le braccia. La repressione governativa e padronale fu brutale e selvaggia. Intervennero la polizia e l’esercito, decine di morti e feriti, centinaia di arrestati tra cui otto dirigenti anarchici, successivamente condannati a morte, due di questi videro poi la pena trasformata in ergastolo, uno venne trovato morto in cella, i rimanenti furono giustiziati tramite impiccagione l’11 novembre 1887.
Il ricordo dei Martiri di Chicago diventò così il simbolo della lotta per le otto ore, la scelta cadde sul 1 Maggio successivo il 1890, dove per la prima volta si tenne una manifestazione simultanea in tutto il mondo.
Nel 1891 il secondo congresso dell’Internazionale, assunse la decisione di rendere permanente la ricorrenza.
Da allora in poi , in tutto il mondo e nel nostro paese il 1 maggio si è svolto come la festa dei lavoratori di tutti i paesi, nella quale i lavoratori comunanza delle loro rivendicazioni e della loro solidarietà.

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ROMA RICORDA BOBBY SANDS

24 aprile 2011 Nessun commento

Ricorre il 5 maggio di quest’anno il 30° anniversario del martirio del patriota irlandese Bobby Sands, un Uomo che non ha esitato a gettare la sua giovane esistenza nei vorticosi avvenimenti del secolo scorso, sacrificandola ai valori eterni di Libertà, Indipendenza, Giustizia Sociale. Trent’anni fa, nel carcere-lager di Long Kesh, il giovane Bobby diede inizio ad un lungo, estenuante, poi fatale, sciopero della fame, lo seguirono altri 9 Volontari della causa Repubblicana, morirono tutti, dopo un agonia lunga mesi interi. I 10 prigionieri scelsero l’arma disperata dello sciopero per protestare contro un governo occupante, quello britannico, che non solo riempiva le galere di combattenti repubblicani ma si rifiutava, perfino, di riconoscere loro lo status di prigionieri politici, trattandoli alla stregua di criminali comuni. Questa era la democrazia della liberale Gran Bretagna, questo il modus operandi della tanto compianta Margaret Tatcher, un energumeno in gonnella, pronta a dispensare a piene mani carcere, tortura, privazioni per tutti quei nord irlandesi continuatori ed eredi della secolare lotta per l’autodeterminazione e l’indipendenza nazionale. I combattenti dell’IRA e dell’INLA lottavano contro uno Stato fantoccio (Ulster) creato degli inglesi nel 1922, e consegnato nelle mani dei fidi protestanti unionisti, discendenti dei coloni inglesi, artefici spietati di un sistema sociale iniquo, basato sull’apartheid e la discriminazione. I cattolici nord-irlandesi, infatti, erano privati di ogni diritto civile, osteggiati sul lavoro, esclusi dai servizi sociali, segregati in quartieri dormitorio, veri e propri ghetti, cittadini di serie B, senza dignità e senza speranza. Questo era il clima sociale da cui, nei primi anni ’70, prese corpo una lotta di massa, quella di tanti giovani come Bobby, decisi a spezzare le catene della schiavitù neocoloniale all’ombra della Union Jack e riunificare la loro Patria per consegnare alle generazioni future una libera Repubblica Socialista d’Irlanda.
Bobby era, allora, un ragazzo come siamo noi, oggi. Il sociologo di turno potrebbe dire: “nato e cresciuto nel posto sbagliato al momento sbagliato”, in un quartiere di periferia, da una famiglia di onesti lavoratori discriminati perché cattolici. Ma nel suo cuore non c’era spazio –come, oggi, qualche mistificatore, interessato a creare falsi e odiosi feticci, vorrebbe farci credere- per “guerre di religione”, sciovinismi o, peggio ancora, razzismo. I colori del tricolore irlandese, la bandiera sotto la quale Bobby e tanti altri hanno dato la loro vita, simboleggiano l’unione e la fratellanza del Popolo –verde, i cattolici, arancione, i protestanti- oltre ed al di fuori delle appartenenze religiose. Bobby era il classico ragazzo della porta accanto non un “superuomo” o un “eroe” piombato sulla terra da chissà dove, per questo, il suo martirio e il suo coraggio costituiscono un monito potente in grado di infiammare, ancora, i cuori e le menti di tanti giovani ribelli in Irlanda come in Europa e nel mondo intero, oltrepassando gli anni e i confini. Per questo intendiamo fare tutto quanto ci sarà possibile perché, anche a Roma, la sua figura venga onorata nel modo dovuto in occasione del trentennale. Affinché tutti ricordino, in un momento così buio per il nostro Paese, come la “politica” –questa nebulosa parola- non debba necessariamente essere un’oscena accozzaglia di papponi ben vestiti che si ingozzano con privilegi e denari ma possa ancora rappresentare quella nobile e difficile lotta per una trasformazione radicale della società, un lontano orizzonte per il quale, tanti come Bobby, hanno dato vita, sogni e speranze.

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Ciao Vittorio!

18 aprile 2011 1 commento

Alla fine Vittorio non ce l’ha fatta. Il suo corpo è stato trovato privo di vita ieri notte dalle forze di sicurezza di Hamas, soffocato dai suoi rapitori. Si è avverato purtroppo quello che tutti scongiuravamo e ritenevamo totalmente privo di senso, umanamente e politicamente. Questo assassinio è un atto contro il popolo palestinese e un favore insperato per il suo nemico dichiarato, lo stato di Israele, oggi facilitato nel mostrare al mondo il presunto fanatismo dei palestinesi di Gaza. La cosa insopportabile è che oggi sentiremo parole dolci di circostanza e lacrime di coccodrillo versate da uomini che Vittorio lo detestavano. Ciò che fa più male, è il suo essere diventato martire per mano palestinese. Chi ha conosciuto Vittorio in questi anni sa quanto era “preparato” (se lo si può essere) alla morte. Ci conviveva quotidianamente, visitando e aiutando le vittime dei tanti raid israeliani, sentendo fischiare a pochi centimetri del proprio corpo i proiettili israeliani che i cecchini di Tsahal sparavano per divertirsi ai contadini e pastori che Vittorio e altri scudi umani internazionali accompagnavano nelle loro uscite.

Chi l’ha ucciso è un nemico del popolo palestinese. Lo stanno dicendo da ore i post che in rete, su facebook e gli altri social network, testimoniano l’amore che il popolo di Gaza e tanti altri uomini e donne in giro per il mondo, stanno dimostrando per Vittorio, riconoscendo in lui un compagno prezioso e un testimone insostituibile. La frase più tipica che potete trovare in questi messaggi è questa: “Vittorio era più palestinese di chi l’ha sequestrato”.
Il coraggio e l’umiltà che lo contraddistinguevano erano quanto di più lontano dall’olografia celebrativa e sterile dell’eroe senza paura. Nei suoi racconti, nelle sue preziose testimonianze, non nascondeva mai gli effetti traumatici e terrorizzanti del vivere assediato in una terra percorsa dalla guerra. Raccontava con grande semplicità le paure e le tensioni dell’essere bersaglio mobile dei cecchini israeliani o vittima statistica di una bomba piovuta dal cielo. La sua stessa fisicità, il tono della sua voce, erano in qualche modo testimonianza vivente e concreta degli orrori perpetrati da Israele contro il popolo palestinese. Confessava senza falsi pudori la paura del corpo che trema sotto i bombardamenti e l’essere afflitto cronicamente da disturbi da stress post-traumatico, la condizione “normale” dei/le palestinesi della Striscia.
Una testimonianza molto umana la sua. “Restiamo umani” era infatti il sigillo con cui chiudeva ogni sua corrispondenza.

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YURI GAGARIN, FIGLIO DELL’OTTOBRE ROSSO!
1961 – 2011

12 aprile 2011 1 commento

da senzatregua.org

Il 12 aprile del 1961 Yuri Gagarin è il primo uomo nello spazio. Lanciata alle 9.07, ora di Mosca dal cosmodromo di Bajkonur, la navicella spaziale Vostok 1, la prima progettata per portare un uomo, compì in 88 minuti un giro dell’orbita terrestre per atterrare in URSS alle 10.20, riportando il suo pilota sano e salvo, acclamato come un eroe di tutti i popoli.
Gli occhi del mondo si rivolsero all’Unione Sovietica e alla sua storica impresa; l’occidente scommetteva in una clamorosa disfatta che avrebbe umiliato l’URSS davanti ai riflettori del mondo intero. Ma non fu così. Appena giunto in orbita Gagarin poté vedere ciò che prima nessun uomo aveva mai visto. “La Terra è bellissima, è azzurra, non ci sono confini né frontiere.”

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Albrecht “Ali” Hohler (Bastardi Senza Storia)

30 marzo 2011 Nessun commento

prova prova

- Un autentico “villain” e quindi un antinazista scomodo e impresentabile per la storiografia democratica: il 14 gennaio 1930, Albrecht “Ali” Hohler, ex gangster e militante della RFKB, uccise il capo delle SA berlinesi Horst Wessel vendicando i proletari di Friedrichshain. Dopo l’avvento al potere di Hitler, morì due volte, ucciso fisicamente dai nazisti e colpevolmente dimenticato dal conformismo di certo antifascismo.

Svariate insubordinazioni alla nuova linea continuarono a verificarsi tra i ranghi della Rfkb (Lega dei Combattenti Rossi di Prima Linea), tanto che diversi deputati del partito ne chiesero il definitivo scioglimento in modo da porre fine all’ormai intollerabile mancanza di disciplina di alcuni dei suoi affiliati. Per la Kpd (Partito Comunista Tedesco), l’azione paramilitare dei Combattenti rossi era divenuta un problema politico, tanto più che nel loro rispondere secondo la logica dell’occhio per occhio alle violenze naziste, le unità combattenti vicine al partito avevano finito con l’incamerare buona fetta di un singolare sottobosco metropolitano, quello delle gang giovanili, politicamente di difficile gestibilità e portatore di una conflittualità endemica ed esasperata.
Contrariamente a quanto prescritto dalla sua interpretazione ortodossa del marxismo, la Kpd per una serie di contingenze si era trovata a esercitare una certa egemonia non sul mondo delle fabbriche, suo malgrado, ma su quegli ambienti ideologicamente spuri che erano i ghetti proletari delle grandi città come Amburgo e Berlino. Qui, infatti, l’idealtipo della militanza comunista, il giovane operaio politicizzato, coesisteva gomito a gomito, con le figure asociali e antisociali della piccola criminalità e delle wilde cliquen (‘squadre selvagge’), gruppi di giovanissimi autorganizzati in bande di strada.
Quello delle gang di quartiere divenne, nella Germania del dopoguerra, un vero e proprio fenomeno sottoculturale di massa, con decine di migliaia di effettivi, che impensieriva Istituzioni locali e nazionali. Gli affiliati erano portatori di un codice etico che sovvertiva la morale comune: durezza, coraggio, difesa del proprio territorio, intolleranza all’autorità costituita, predisposizione alla violenza fisica, questi erano alcuni dei requisiti necessari per far parte di una gang. Le prove di ammissione per i neofiti, spesso prevedevano l’attacco a un gruppo individuato come nemico, il pestaggio dei componenti e la requisizione dei simboli ostentati, distintivi, toppe, fazzoletti.
La crisi economica del ’29 e gli sfaceli sociali che ne conseguirono, portarono alla politicizzazione di una fetta consistente delle gang e molti si avvicinarono alla Kpd, o meglio alle sue unità paramilitari. La disoccupazione endemica spinse la gioventù proletaria a cercare riscatto e identità attraverso l’ingresso in quelle organizzazioni che si impegnavano a combattere radicalmente contro lo stato di cose presenti.

- estratto dal libro di Valerio Gentili “Bastardi Senza Storia” in uscita aprile 2011

Libia: la “rivoluzione” dei mercenari dell’euro e del dollaro‏

28 marzo 2011 Nessun commento

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”
- Josef Goebbels
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Ci poniamo alcuni interrogativi sul conflitto: Se la guerra in Libia, secondo qualcuno, non può essere nemmeno definita come tale ma, più corretamente, “missione umanitaria di pace” per esportare democrazia, perchè fa parte della coalizione NATO, che attualmente sta bombaradando obiettivi civili di uno Stato sovrano, una nazione come il Qatar? Vale a dire una sanguinaria monarchia teocratica? Perché i freedom fighter$ d’oltralpe e a stelle e strisce non hanno fatto nulla, tre settimane fa, quando il piccolo Regno del Bahrain è stato invaso dall’Arabia Saudita col preciso obiettivo di reprimere nel sangue la locale rivolta di popolo contro il feroce monarca? La regola dei “diritti umani” funziona, allora, solo quando fornisce un comodo paravento per altri interessi (magari economici)?
Fino ad ora, questa guerra ha fatto emergere, da un lato, lo scontro tra gli “imperialismi straccioni” d’Europa (Inghilterra e Francia vs Italia) e dall’altro, ha realizzato il capolavoro machiavellico del premio nobel (?) per la “pace” Barak Obama, un uomo che è riuscito a fare una guerra di razzia passando, grazie ad un’abile manipolazione e cura dei mezzi di propaganda, per un campione del pacifismo. Il bello è che qualcuno, in alto, ha finito per fingere di crederci davvero (!), un esempio? Il nostro presidente della repubblica, che ha negato, mentre l’aviazione NATO bombardava obiettivi civili in Libia, l’esistenza stessa di una guerra.
Nel mondo libero d’occidente si aggira uno spettro…quello di Goebbels!

Un interessante articolo da Peacereporter svela alcuni retroscena di questa moderna “crociata umanitaria”:

Rivelazioni sul coinvolgimento dei servizi segreti francesi nella pianificazione delle rivolte anti-Gheddafi e sulla presenza in Cirenaica di forze speciali angloamericane fin dalle prime fasi della ribellione, se non da prima.
Se non fosse per l’aspro scontro diplomatico in atto tra Italia e Francia sulla Libia, difficilmente saremmo venuti a conoscenza degli imbarazzanti retroscena della ‘rivoluzione libica’ pubblicati ieri dalla stampa berlusconiana, che dimostrano come la rivolta popolare contro Gheddafi sia sta orchestrata da Parigi fin dallo scorso ottobre.

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NEMICI DELLA VOSTRA PACE
NEMICI DELLE VOSTRE GUERRE

21 marzo 2011 1 commento

Era nell’aria da diverse settimane ed infine si è concretato. L’intervento aereo NATO sui cieli di Libia fa da battistrada ad un ormai prossimo impegno delle fanterie d’occidente nell’ennesima guerra predatoria all’ombra del vessillo stelle e strisce della morte.
Dove sono, ora, i falsi pacifisti dalle bandiere arcobaleno? Perché non si indignano per questa oscena “missione di pace” dai miserabili secondi fini? Perché i “democratici” d’Italia plaudono all’intervento “umanitario”? Non è forse vero che la Costituzione tanto difesa ripudia ogni forma di guerra? O il feticcio costituzionale fa comodo solo quando è utile a strumentalizzare il popolo per squallidi fini elettoralistici?
Non ci beviamo le menzogne della “sinistra radicale” nè quelle di D’Alema che oggi usa le stesse odiose formule giustificatorie di 10 anni fa, quando fornì basi e mezzi per i bombardamenti “umanitari” di Belgrado e del popolo serbo.
Oggi, la casta politica liberista di destra e di sinistra (poche sono le eccezioni) fa a gara a chi sta più dalla parte degli insorti libici, perché nessuno tra loro ha fatto altrettanto nei primi giorni in cui i popoli d’Egitto e di Tunisia insorgevano, compatti, contro i loro tiranni? Chiunque, nella ricerca di informazioni, sia andato oltre i canali di propaganda ufficiali, ha potuto notare come in Libia, negli ultimi mesi, non si siano fronteggiati Popolo e dittatore sanguinario ma, molto meno eroicamente, clan militari l’uno contro l’altro armati.
Qualcuno ha mai visto, nelle manifestazioni pro o contro Gheddafi, più di qualche sparuto migliaio di persone (a dire tanto)? Dov’è, allora, questo popolo in nome del quale USA e fidi lacchè d’Europa, così eroicamente, sono disposti ad intervenire?  vete mai ricevuto prova delle stragi di massa di cui, qualche settimana fa, i maggiori telegiornali davano notizie “certe”? E le fosse comuni? I dieci mila morti in un solo giorno?
Oggi, si scopre che le riprese delle troupes occidentali di fosse comuni erano, in realtà, inquadrature contraffatte di un cimitero… Non può essere, allora, che siamo di fronte alle solite balle tipo quelle di qualche anno fa su Saddam Hussein detentore di armi chimiche per la distruzione di massa? Forse, come si suol dire, i nostri governanti “se la suonano e se la cantano”…
Dire queste cose significa schierarsi dalla parte di Gheddafi? Non nel nostro caso, a noi, il Rais piace ben poco ma proviamo ancora meno fiducia nell’ipocrita sciacallaggio in salsa occidentale.
La tanto sbandierata democrazia ha spinto puntigliosamente USA e compari ad intervenire in zone geopoliticamente appetibili, dove c’erano interessi economici (il petrolio è storicamente un mantra dello zio Sam) perché altrettanto non si è fatto dove in ballo sussistevano interessi di altra natura?
L’anno scorso si è verificato un colpo di Stato in Honduras che ha rovesciato il governo democraticamente eletto dal popolo e l’esercito ha sparato sui manifestanti inermi, perché in quel caso gli USA non sono intervenuti a difendere le ragioni dell’umanità? Perché hanno appoggiato la fazione golpista?
E se andassimo a ritroso nel tempo? Cile, Argentina, Salvador… l’elenco è lungo!

NEMICI DELLA VOSTRA PACE
NEMICI DELLA VOSTRE GUERRE
FUORI DALLA LIBIA $CIACALLI D’OCCIDENTE!

BUON 8 MARZO!

8 marzo 2011 Nessun commento

L’otto marzo di ogni anno si celebra la Giornata Internazionale della Donna, festività ormai di mero stampo commerciale per molti; viene spessa celebrata dalle istituzioni e dai suoi rappresentanti in maniera rituale, come se fosse qualche vecchia tradizione da rispettare, scordando, o meglio ignorando, il reale significato di tale data e di cosa realmente è la Giornata Internazionale della Donna.

La prima giornata della donna si tenne il 29 febbraio 1909 negli Stati Uniti, dopo che il Partito Socialista americano raccomandò a tutte le sezioni locali di riservare tale data per l’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile; in Europa viene indetta per la prima volta come giornata della donna il 19 marzo 1911 su scelta del Segretariato internazionale delle donne socialiste; quella data fu scelta perché, in Germania, il 19 marzo 1848 durante la rivoluzione il re di Prussia dovette per la prima volta riconoscere la potenza di un popolo armato e cedere davanti alla minaccia di una rivolta proletaria. Tra le molte promesse che fece allora e che in seguito dimenticò, figurava il riconoscimento del diritto di voto alle donne.
In Russia si celebrò per la prima volta a San Pietroburgo il 3 marzo 1913 per iniziativa del Partito Bolscevico, con una manifestazione che fu interrotta dalla polizia zarista con numerosi arresti.
In Germania fu tenuta per la prima volta l’8 marzo 1914, giorno d’inizio di una «settimana rossa» di agitazioni proclamata dai socialisti tedeschi, mentre in Francia si tenne con una manifestazione organizzata dal Partito socialista a Parigi, il 9 marzo 1914.

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