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Archivio per 2011

GUERRA E FRONTE INTERNO:
scacco matto alla coscienza critica del cittadino in dieci sempilici mosse

31 luglio 2011 Nessun commento

Il decalogo di Noam Chomsky sulla manipolazione mediatica:

1. La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione, che consiste nel distogliere l’attenzione pubblica dai problemi importanti e dai cambiamenti determinati dalle élite politiche ed economiche, mediante la tecnica del diluvio, inondazione di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire che l’interesse pubblico si concentri sulle conoscenze essenziali riguardanti la scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. “Mantenere l’attenzione del pubblico deviata dai reali problemi sociali, accattivandola con temi senza un’importanza reale. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare; di nuovo in fattoria con gli altri animali (citazione dal testo Silent weapons for quiet wars – Armi silenziose per guerre tranquille).

2. Creare problemi e successivamente offrirne le soluzioni
Questo metodo è anche chiamato “problema-reazione-soluzione”.​ Si crea un problema, una “situazione” che preveda una reazione nel pubblico, affinché questo diventi il richiedente stesso dei dispositivi che si vuole far accettare. Per esempio: lasciare che si svolga e intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare sanguinosi attentati, in modo che il pubblico richieda leggi sulla sicurezza e politiche a scapito della libertà. Oppure: creare una crisi economica per accettare come un male necessario l’arretramento dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3. La strategia della gradualità
Per fare in modo che si accetti una notizia inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per anni consecutivi. Questo è il modo con cui condizioni socio-economiche radicalmente nuove (neoliberismo) sono state imposte negli anni 80 e 90: lo stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantiscono un reddito dignitoso, sono tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione, se fossero stati applicati tutti in una sola volta.
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Affinché la Storia insegni

30 luglio 2011 Nessun commento

sciopero_legalitario30 luglio 1922: ha inizio la “Caporetto” dell’antifascismo italiano.
Voluto dai politici di sinistra e dai capi del sindacato, comincia, a decorrere del mattino seguente, il cosiddetto “sciopero legalitario“, uno sciopero generale di protesta contro le violenze fasciste, che già dal nome, secondo i suoi organizzatori, aveva l’obiettivo di appellarsi alla difesa del concetto astratto di “legalità”.
Ma chi erano i referenti di questa invocazione d’aiuto? Il Governo? La Magistratura? La Polizia? Su tutte queste forze pesava evidente la colpa di aver tutelato, protetto, se non adirittura avallato e promosso, le violenze fasciste nei mesi precedenti. La condotta, incerta ed esitante, dei vertici politici e sindacali della Sinistra aveva impedito una resistenza energica allo sviluppo dello squardismo ed ora, addirittura, gli porgeva su un piatto d’argento il tassello finale per la vittoria definitiva.
Lo sciopero andò male, privo di una chiara prospettiva, spaventò l’opinione pubblica che più che alla legalità temette un ritorno al clima parainsurrezionale del “biennio rosso”. I fascisti agirono da crumiri, sostituirono al lavoro gli scioperanti e si presentarono come i tutori dell’ordine e della pace sociale. Le spedizioni punitive si moltiplicarono, col benevolo placet delle autorità, l’abbaglio della “legalità” sarebbe risultato fatale ai capi del sindacato. Diversi bastioni rossi della penisola, come Civitavecchia (che fino ad allora aveva resistito eroicamente), caddero nelle mani degli squadristi e fu loro spianata la strada per una futura azione contro la capitale.
Esattamente un anno prima, agosto ’21, firmando il cosiddetto “patto di pacificazione”, il partito socialista aveva rinunciato all’autodifesa sconfessando l’azione degli Arditi del Popolo. 12 mesi dopo, ancora si cullava nell’illusione di un ritorno alla “legalità”. Sola resistette Parma:
Fu Parma a salvare, allora, l’onore del proletariato italiano… Parma con il successo della sua resistenza, dovuto alla partecipazione unitaria di tutte le componenti del movimento operaio e popolare, costituì un luminoso punto di riferimento per la lotta contro il fascismo“.

Washington D.C. 29 luglio 1932, la “Bonus Army march

29 luglio 2011 Nessun commento

Negli USA della Grande Depressione decine di migliaia di reduci della Grande Guerra, la “Bonus Army”, assediano il parlamento di Washington reclamando giustizia sociale. La risposta del governo conservatore di Hoover è l’invio di carri armati e polizia a cavallo per stroncare nel sangue la protesta. Il bilancio degli scontri registrerà 4 veterani uccisi e oltre mille feriti.

Nella foto a destra, veterani salutano col pugno chiuso dopo un vittorioso scontro con la polizia di Cleveland.
Soldati bianchi e afroamericani uniti nella lotta.

GLI EROI DEL POPOLO SONO IMMORTALI

29 luglio 2011 Nessun commento

bresci

29 Luglio 190029 Luglio 2011
A GAETANO BRESCI

CHE RACCOGLIENDO NEL SUO CUORE
LE LACRIME E L’ODIO

DELLE MADRI, DELLE SPOSE, DEI FIGLI
DEI MASSACRATI DAL REGIO PIOMBO
NELLE STRAGI DI SICILIA E DI MILANO

INSEGNO’ AI CODARDI
COME SI PUNISCONO GLI ASSASSINI DEL POPOLO

REPORT MARCIA COMMEMORATIVA TERNI 13/6/2011

23 luglio 2011 Nessun commento

ERRICO MALATESTA
22 luglio 1932/22 luglio 2011 – 79° anniversario dalla morte

22 luglio 2011 Nessun commento

Condottiero dell’Anarchia, martire della libertà e della classe operaia.
Uomo di rara tensione etica seppe guadagnare attorno alla sua figura la stima e la fiducia non solo dei militanti anarchici ma dei sovversivi di ogni tendenza, indipendentemente dalla fede politica.
Sempre in prima linea, negli anni del Regime scelse volontariamente di non abbandonare Roma e l’Italia per continuare senza posa la lotta contro il fascismo. Fu tra i pochi e pagò con la soppressione di ogni libertà personale, persino quelle più basilari.
Il giorno del suo funerale, il 22 luglio 1932, le autorità fasciste vietarono le pubbliche esequie e ricorsero ad ogni mezzo, compresi quelli più sleali, per impedire che il popolo di Roma portasse il proprio saluto all’apostolo della Rivoluzione Sociale.
Oggi, 79 anni dopo, resta un’anonima tomba nel cimitero Verano e l’esempio incrollabile di uomo coraggioso, sincero, incorruttibile che rifiutò gli agi e i privilegi della politica di palazzo per vivere, da semplice elettricista, col popolo e per il popolo coerentemente coi propri ideali.
Onore a lui.

“La libertà che noi vogliamo per noi e per gli altri, non è la libertà assoluta, astratta metafisica, che in pratica si traduce fatalmente in oppressione del debole; ma è la libertà reale, la libertà possibile, che è la comunanza cosciente degli interessi, la solidarietà volontaria.”

Per noi è come se fosse ieri..

21 luglio 2011 Nessun commento

Sopra, a sinistra la foto dello striscione srotolato ieri al Pincio per ricordare Carlo Giuliani e altri ragazzi vittime dello Stato, sulla cui morte ancora non si è potuta fare piena luce. Accanto al volto di Carlo c’è quello di Federico (Aldovrandi), subito sotto è disegnato Stefano (Cucchi) e in basso a destra Gabriele (Sandri).
Al centro dello striscione una testa senza volto con un punto interrogativo sopra, come a chiedersi: “E ora chi sarà il prossimo?”.
A destra uno striscione attacchinato nel quartiere di San Lorenzo.

La morte di MP (un racconto a dieci anni dall’uccisione di Carlo Giuliani)
- di Cristiano Armati

Io lì non ci dovevo andare. Me lo avevano detto i miei colleghi sotto la doccia. Arrotolavano gli asciugamani e mi colpivano sulla schiena. E quando mi voltavo per vedere chi era stato giravano il dito indice, ridevano e facevano finta di niente: «Tu lì non ci puoi venire,» ripetevano, «perché sei stupido».
Erano tutti contenti di partire. Perché là pure a noi carabinieri di leva ci avrebbero pagato la giornata. E la mensa. E il posto dove dormire.
Qualcuno dei miei colleghi diceva pure che non c’era mai stato a Genova e già che c’era si sarebbe scopato qualche puttana. Magari una dei noglobal.
Io lì non ci dovevo andare. A fare il carabiniere. È che mio padre aveva un cugino che conosceva il maresciallo e allora mi hanno fatto passare. Anche se dicevano che non ci stavo tanto con la testa.
Poi un collega si è ammalato. E il comandante della caserma era convinto che dovevamo essere in tanti e allora mi ha mandato a dire che sarei salito anche io. Però dovevo stare attento perché mi volevano tirare i palloncini con il sangue infetto. E mettere le bombe nella macchina. Perché poi si volevano prendere tutto e a noi mandarci a casa.
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A CARLO, PER SEMPRE RAGAZZO

20 luglio 2011 1 commento

SAN LORENZO NON DIMENTICA

19 luglio 2011 1 commento

19 LUGLIO 1943 – 19 LUGLIO 2011
Una data indimenticabile per San Lorenzo, senz’altro la più importante nella storia del quartiere.

In questa data la capitale fu attaccata dalle formazioni di bombardieri alleati. Da San Lorenzo parte il bombardamento della città: è il primo quartiere ad essere bombardato ed è quello più duramente colpito.
Una parte degli ultimi stick sganciati investe in progressione il Viale dello scalo San Lorenzo e il viale del Verano che ne costituisce il proseguimento, le due strade che costeggiano sulla destra l’area ferroviaria. Quella prima raffica tocca anche largo Talamo, via dei Liguri, via degli Enotri, via dei Piceni. Almeno otto palazzi sono centrati, su queste strade; un altro è colpito all’inizio di via Porta Labicana.
La zona coperta da polveri e fumi s’allarga sempre di più, ad ogni ondata, e inevitabilmente i grappoli di bombe finiscono fino a tre, quattro, cinquecento metri di distanza dallo scalo. Viene investito in pieno il quartiere San Lorenzo, vengono centrati il piazzale del Verano e l’adiacente piazzale San Lorenzo.
Le maggiori devastazioni sono concentrate nel triangolo formato dal piazzale Sisto V, piazzale San Lorenzo, piazza Porta Maggiore.

L’unica breve relazione ufficiale italiana sul bombardamento parla di 3.000 bombe sganciate, tra quelle di grosso, medio e piccolo calibro, di oltre 2.000 morti e 2.000 feriti.
In realtà si è accertato successivamente che i morti non furono meno di 3.000 in quel bombardamento ed i feriti tra gli 11.000 e i 12.000.