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VALERIO VIVE I MORTI SIETE VOI!

Alle 13,00 del 22 febbraio 1980 tre persone si presentano a casa di Valerio: “Siamo amici di suo figlio e vorremmo parlargli”, dicono alla madre, che apre. Viene subito immobilizzata, e la stessa sorte tocca al padre. Sono armati con pistole munite di silenziatore. Valerio non è ancora tornato da scuola. Alle 13,30 Valerio apre con le sue chiavi la porta di casa ed è subito assalito dai tre, con i quali ha una breve colluttazione, poi viene immobilizzato e ucciso con un colpo alla schiena. E’ dubbio se fu ucciso “precipitosamente” a causa della sua resistenza, se volessero prima “fargli delle domande”, come accennarono alla madre i tre assassini: queste considerazioni possono avere interesse solo in relazione con quanto vedremo circa le “ragioni” dell’uccisione di Valerio.
Per il resto… la morte di Valerio pesa come una montagna.

L’assassinio di Valerio non fu un una “semplice” conseguenza di uno scontro tra compagni e fascisti, né dell’agguato in strada, come spesso è avvenuto. Abbiamo sempre saputo, al di là delle “verità processuali”, che Valerio fu ucciso per delle ragioni precise, inerenti il più ampio scontro di classe tra sinistra rivoluzionaria e classe dominante, la quale si avvalse (e si avvale) dei fascisti per le sue operazioni più sporche. Valerio conosceva cose che, venute in luce alla magistratura, produssero come primo effetto la sua morte.
Valerio Verbano aveva 19 anni, era uno studente del Liceo Scientifico Archimede, nel quartiere romano di Valmelaina.
Il 20 aprile del 1979 Valerio Verbano venne arrestato con l’accusa di fabbricazione di materiale incendiario: la perquisizione che ne seguì nella casa dove viveva con i genitori portò al sequestro di materiale documentale, indicato nel verbale. Questa vicenda giudiziaria di Valerio porta ad un processo con condanna. Ma porta soprattutto ad un’altra sentenza, che, dopo quella “giudiziaria” del 22/12/79, provoca la sua uccisione il 22 febbraio dell’80, cioè esattamente due mesi dopo.
Perché i due fatti sono apparsi collegati? I documenti sequestrati nell’aprile del ’79 erano nel frattempo “scomparsi”, come denunciano il 26 febbraio ’80 gli avvocati della famiglia di Valerio, che erano in parte gli stessi che lo difesero nell’inchiesta dell’anno precedente, e che quindi conoscevano l’elenco del materiale sequestrato.
Cosa c’era in quei documenti? Valerio, come molti compagni nelle altre zone cittadine, aveva condotto una inchiesta militante sull’attivismo fascista, con particolare attenzione ai NAR, i Nuclei di Azione Rivoluzionaria di Fioravanti, Mambro, Alibrandi. La sparizione del materiale viene definitivamente accertata quando, ad ottobre dell’80 i genitori chiedono il dissequestro dei materiali, tra i quali manca appunto quello che viene definito “dossier NAR”.
Quindi, a causa di evento “accidentale” – arresto e perquisizione domiciliare – il materiale (in parte o in tutto) dell’inchiesta da lui condotta finisce nelle mani della polizia e poi della magistratura. Da quel momento “altri” sanno dell’acquisizione di dati da parte di Valerio: nomi, indirizzi, collegamenti, ruoli e attività dei fascisti in zona Montesacro Valmelaina e non solo.
A questo punto due sono gli scenari possibili: Valerio Verbano deve essere punito per ciò che ha scoperto, essendo tutto il materiale già in mano sicura; Valerio deve essere comunque eliminato ma prima bisogna cercare qualcosa che manca, e per questo si va cercarla a casa sua.
Dell’esistenza di questo “dossier” ne è a conoscenza, e probabilmente lo ha tra le mani, anche un giudice che indaga sull’eversione nera, Mario Amato. La documentazione raccolta da Valerio, sparita prima della sua morte dall’ufficio corpi di reato, sarebbe improvvisamente ricomparsa tra le mani di questo giudice.
Amato muore per mano dei NAR il 24 giugno 1980.
Poi c’è la strage del 2 agosto a Bologna. I giudici che indagarono su questo attentato hanno più volte affermato che gli omicidi di Valerio e di Amato sono connessi.

testo preso da: www.reti-invisibili.net/valerioverbano

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