Art. 18 per tutti o barbarie
Uno spettro s'aggira per l'Italia: il referendum del 15 giugno. Il primo referendum nell'epoca postindustriale. Il 15 e 16 giugno, dopo due anni di attacco senza precedenti da parte della destra aziendalista-fascista-razzista a ciò che rappresentava una regolazione sociale complessiva del mercato del lavoro fordista, saremo chiamati a rispondere al quesito se sia giusto o no estendere a tutti i lavoratori l'art.18 dello Lo Statuto dei Lavoratori del 1970. Oggi, la legge sanziona l'ingiusto licenziamento prevedendo dei meccanismi di reintegro per le realtà aziendali che abbiano più di 15 lavoratori.
Come se fosse accettabile accettare l'ingiusto licenziamento solo perchè si lavori "al di sotto" di quella soglia!!
Il referendum è il frutto di due anni di lotte operaie sui contratti separati che CISL e UIL hanno voluto sottoscrivere in questo periodo, fino a giungere a quel famigerato Patto per l'Italia che piace tanto anche alla sinistra neoliberista.
Alla base di questo referendum vi è l'affermazione dell' indisponibilità di un diritto ad essere mercanteggiato in qualsiasi modo dall'impresa e la generalizzazione di tutti i diritti conquistati a tutto il mondo del lavoro.
E' pur vero che l'estensione dell'articolo 18 non riguarda certamente molte tipologie di lavoratori precari ed atipici (arrivati, dalle ultime stime ad essere 5 milioni), che rappresentano sempre più la precarizzazione del lavoro fordista e la crisi della società del lavoro così come l'abbiamo conosciuta nel novecento: crisi del comando salariale e precarizzazione esistenziale.
Il valore che si puo' assegnare a questo referendum è di essere, piuttosto che uno strumento legislativo "dal basso" - le indicazioni dei referendum sono spesso state disattese nel passato dalla classe politica - un chiaro messaggio al padronato ed ai politici della volontà popolare di invertire la rotta della precarizzazione del lavoro. Mainstream che, ricordiamo, già s'avviò da parte del Centro-Sinistra col Pacchetto Treu sulla flessibilità, ottenuto col consenso della CGIL che ancora non era stata trascinata dalla FIOM su una opposizione più forte alla cogestionalità liberista.
Di fronte a questa prospettiva di inversione di rotta, l'Ulivo s'è spaccato e la sinistra riformista, in splendida identità di vedute con la Confindustria, sta tentando di sabotare il raggiungimento del quorum con inviti ad andare al mare o a non votare. Cofferati compreso.
Anche nel Movimento sono presenti posizioni astensioniste che però affrontano il tema posto in essere da questo referendum con altro tono e con altre motivazioni rispetto alla sinistra riformista.
Chi invece sostiene il SI al referendum sull'art. 18, pensa che - se vincente - potrebbe diventare uno strumento per bloccare l'attacco portato ai lavoratori dalle leggi come la Legge Delega n. 30, il Ddl 848 ed il Ddl 848-Bis, che le forze padronali stanno già incassando dal Governo e dal Parlamento, così da riconfigurare una nuova stagione di lotte sociali.
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