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IL CASO AMPS-ENIA-IREN

Il lavoro che segue sulla storia della privatizzazione dell’Amps e della nascita di Enia-IR.EN è un capitolo di un testo più ampio, una storia della città di Parma nei quattordici anni del governo di Ubaldi (1998-2007) e Vignali (2007-2011) e delle profonde trasformazioni politiche, sociali ed economiche avvenute in tale periodo.

La vendita delle aziende municipalizzate del Comune di Parma: il caso Amps-Enia-IREN

"La privatizzazione dell’Amps è stata una operazione avveduta e trasparente che ha portato e porterà benefici importanti nelle casse comunali" Elvio Ubaldi, 16 dicembre 2000

La storia della ex municipalizzata Amps (Azienda municipalizzata provinciale servizi), della sua privatizzazione e della sostanziale perdita di ogni controllo pubblico sulle risorse che essa amministrava è una di quelle parabole dove Ubaldi, Vignali e il ceto politico che a loro faceva riferimento hanno mostrato la propria ottusità di apprendisti stregoni alle prese con le mitiche virtù benefiche del mercato e delle privatizzazioni, il tutto condito con la proverbiale arroganza del piccolo satrapo pelato e del suo successore.

Come vedremo in poco più di 10 anni l’ente pubblico e la popolazione della città hanno di fatto ceduto a grandi gruppi capitalistici la proprietà delle strutture un tempo in mano pubblica e oggi la città è chiamata a pagare il costo salato di questa dipendenza da logiche interamente mercantili, sia per quel che riguarda la politica tariffaria, sia per quel che riguarda la costruzione dell’Inceneritore.

Lo smantellamento della proprietà pubblica è stato effettuato sostanzialmente in tre momenti, nel 2000 incassando circa 75 milioni di euro, nel 2007 incassando 57 milioni di euro e nel 2011 cedendo le restanti quote di quel che fu l’Amps per un controvalore di 95 milioni di euro, entrate che hanno gettato le basi per la incredibile colata di cemento pagato coi soldi pubblici stesa su Parma negli anni 2000. Amps nella seconda metà degli anni ’90 era un’azienda in buone condizioni, che controllava gran parte dei servizi energetici e idrici della provincia, con bilanci in attivo, una leva nelle mani del potere politico locale che poteva permettersi politiche tariffarie tutto sommato accomodanti: «…una conglomerata da 460 dipendenti e 250 miliardi di lire di fatturato. I bilanci sono in costante miglioramento: pur a parità di introiti, l' utile netto è passato da 14 miliardi di lire nel 1993 a 16,5 nel 1994, e ancor di più quest' anno, senza debiti con le banche. "Storicamente quest' azienda forniva tutti i servizi alla città, poi furono scorporati i trasporti e la nettezza urbana, che andò all' Amnu che ha altri 3 miliardi di utile", spiega il direttore Pier Luigi Cerati. Ora nei progetti ci sono nuovi pozzi per l' estrazione dell' acqua da 10 miliardi d'investimento in tre anni, una serie di centrali elettriche per fare il salto a produttori, un impianto per la riduzione dei nitrati nell' acqua da 1 miliardo che sarà pronto l' anno prossimo, mentre è stato appena aperto - sempre per l' acqua - un laboratorio di analisi in grado di effettuare esami per qualsiasi istituzione italiana ed estera.» 1 Il presupposto politico delle trasformazioni di questa come di altre municipalizzate sta nei governi di centro-sinistra degli anni ’90, i soliti noti sinistri eredi del PCI, PDS-DS-PD 2 e nella loro saggezza economica: vengono infatti approvate le leggi che spingono verso la privatizzazione e l’introduzione di regimi concorrenziali nel settore: il decreto Bersani o più propriamente il decreto legislativo n° 79 emanato il 16 marzo 1999, è lo strumento che ha introdotto in Italia la liberalizzazione del settore elettrico. Tale decreto è noto agli operatori con il nome dell'allora ministro che lo propose, Pier Luigi Bersani. Gli effetti di questo decreto furono quelli di aprire un mercato elettrico - che dalla nazionalizzazione del 1962 era di fatto monopolistico - ad altri operatori che diventano così concorrenti. A Parma è stato il ceto politico ubaldiano nell’indifferenza, anzi col plauso della sedicente sinistra istituzionale, che ha avviato la privatizzazione della municipalizzata: appena arrivato nella stanza dei bottoni nel 1998 Elvio Ubaldi provvede a nominare presidente Amps il commercialista di fiducia Vincenzo Simonazzi, un personaggio autore anni dopo di una buffa comparsata di poche settimane nella giunta Vignali (fine estate 2011). Nel 1999 Amps venne allo scopo trasformata in società per azioni mentre acquisiva da AMNU il ramo d'azienda dei servizi di fognatura e depurazione delle acque e la raccolta dei rifiuti. L’anno successivo il duo Ubaldi- Simonazzi ritenne giunto il momento per il grande salto: il 18 dicembre 2000 Edizione Holding (la testa finanziaria del Gruppo Benetton) e NHS-Nuova Holding del Gruppo bancario San Paolo IMI acquistarono una partecipazione del 34,64% nel capitale di Amps, per un controvalore di 145 miliardi di lire (quasi 75 milioni di euro), una cifra consistente che verrà in massima parte spesa da Ubaldi per le prime grandi opere gradite ai costruttori.3

Nello stesso anno, Amps diventava proprietaria della intera rete di distribuzione dell'energia elettrica nel comune di Parma acquistando le reti ancora in mano ad ENEL. Nel maggio 2001 l' assemblea straordinaria di Amps, ora controllata dal Comune di Parma per il 64,3%, approva il progetto di quotazione in Borsa. Tra gli azionisti di rilievo vi sono Edizione Holding (Benetton) e Nhs (Imi San Paolo) con il 17,3% ciascuno. Il progetto tuttavia non decolla poiché nel frattempo prende piede l'idea della aggregazione di Amps con le municipalizzate di Reggio Emilia e Piacenza, Agac e TESA: a tal fine l'Agac di Reggio stipula nel 2003 con Medio Credito Centrale, Credito Emiliano, Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza e Banca Popolare dell'Emilia Romagna un contratto di portage 4 finanziario, per il riacquisto temporaneo di tali quote per favorire la futura aggregazione di Agac, Amps e TESA: le banche provvedono ad acquistare da Edizione Holding e da San Paolo IMI il 34,64% del capitale sociale di Amps. Il 25 febbraio 2005 i sindaci Graziano Delrio di Reggio, Elvio Ubaldi di Parma e Roberto Reggi di Piacenza siglano l’intesa con cui si sancisce la nascita di Enia, nuovo colosso nella gestione di rifiuti, acqua ed energia che mette insieme Agac di Reggio, AMPS e Tesa di Piacenza: ”Il capitale sociale della nuova società risultante dalla fusione venne ripartito in modo che i tre soci delle local utility possedessero una percentuale di quote di Enia proporzionale al contributo conferito nella formazione del valore della nuova società: AGAC 53,2%, AMPS 31,6%, TESA 10,7%.” 5 Avendo l’ex municipalizzata reggiana riacquistato le quote di Amps precedentemente privatizzate la sua posizione risulta evidentemente dominante, con più del 50% delle azioni. Nel maggio dello stesso anno Enia inizia il gioco sul tavolo dei giganti dell’energia formando una cordata assieme alla Aem di Milano che compra il 10% di Edison, il più grande produttore italiano di energia dopo ENEL: oltre alle polemiche e alle tensioni politiche molto forti all’interno del centrosinistra reggiano, l’operazione genera un cospicuo indebitamento della società emiliana.6

Nei primi dieci giorni di luglio 2007 arriva il momento del collocamento ufficiale alla Borsa di Milano di Enia, circa il 38% del capitale viene venduto e il Comune di Parma incassa 57 milioni di euro, scendendo al 17% nel capitale della multi utility. 7

Questi soldi finiscono nella grande abbuffata dei cantieri che Vignali apre in ogni angolo della città.

Secondo i dati aggiornati al 7 dicembre 2007 8 la nuova Enia semiprivata è così strutturata: Comune di Reggio Emilia - 21.924%, Comune di Parma - 17.282%, Comune di Piacenza - 4.620%, Amber Capital LP - 2.140%, Ecofin Ltd - 2.048%, Pictet Asset Management Ltd - 2.024%. Sembra che anche Mediobanca abbia acquisito una quota rilevante, attorno al 4%, secondo le informazioni della Gazzetta di Parma.9 Circa la metà del capitale dell’azienda è ora nelle mani dei privati. Nonostante la quota azionaria fortemente ridotta, i dividendi Enia assicuravano ancora alle casse comunali un benefico contributo di oltre 5 milioni di euro per l’anno fiscale 2008.10 Nel corso del 2009 la situazione appare di nuovo in movimento, i prezzi dell’energia sono alle stelle e prende piede il progetto Iride+Enia= IR.EN, ovvero la fusione con Iride la società delle ex municipalizzate di Torino e Genova. Arriva il primo luglio 2010, Vignali e compagnia acconsentono alla fusione di Enia con Iride che da luogo alla nascita del colosso IR.EN - da subito carico di debiti portati soprattutto dall’asse ligure-piemontese: “ 2,6 miliardi di euro consolidati, con dentro il fardello del rigassificatore di Livorno e della grande centrale a gas metano di Torino Nord; 250 milioni di debito del Comune di Torino; 225 milioni di debiti in eredità da Edipower; l’incognita dell’esborso per chiudere con l’acquisto di Edipower; gli investimenti bloccati (…) ; rating di Borsa sostanzialmente sospeso; perdita della metà del valore dalla quotazione da 1,3 a 0,7; dividendi verso l’azzeramento. Questo ciò che i mercati sanno e risulta da nostre interrogazioni. Al 30 settembre 2011 il debito della società IR.EN era attestato a 2,6 miliardi di euro. Da questa cifra sono scomputati i 250 milioni di euro che il Comune di Torino deve ad IR.EN in base a bollette non pagate nell’epoca Chiamparino. 11 (…) I mercati hanno sospeso il giudizio su IR.EN, in attesa di capire a quanto si consoliderà il debito (fonte: Il Sole 24 ore, 12 gennaio 2012). Siamo ad almeno 3 miliardi e 200 milioni di rosso.” 12

I dati del consigliere comunale reggiano sono sostanzialmente confermati dal quotidiano economico Sole 24 ore del 25 marzo 2012 (In bilico il dividendo IR.EN) secondo cui il debito della conglomerata sfiorava i 2,7 miliardi di euro, “…un livello che non può essere considerato tranquillizzante.” Va inoltre ricordato come sia proprio IR.EN al centro delle inchieste e degli arresti per corruzione della magistratura di Parma che demoliscono la giunta Vignali e il ceto politico a lui devoto; il funzionario Tannoia è al centro di un giro di mazzette per gli appalti del verde pubblico nel giugno 2010, mentre la grossa inchiesta che decapita l’entourage del sindaco l’anno successivo vede ancora al centro delle accuse la malversazione di fondi della ex municipalizzata.

L’ultimo capitolo di questa disgraziata gestione della cosa (ex) pubblica da parte del ceto politico ubaldiano-vignaliano è la vicenda della cessione nel marzo 2011 delle azioni IR.EN di proprietà del Comune alle ultra indebitate società partecipate STT e ParmaInfrastrutture e girate in pegno fino al 30 giugno 2015 alle banche loro creditrici: si tratta della nuda proprietà di 52.200.000 azioni ordinarie a STT Holding S.p.A. per una quota pari al 4,417% del capitale sociale di IR.EN e di 20.217.703 azioni ordinarie a Parma Infrastrutture S.p.A. per una quota pari al 1,711% del capitale sociale di IR.EN. 13

Dato che all’epoca il titolo IR.EN veleggiava attorno a 1,3 euro per azione, si parlò di un conferimento per un controvalore di circa 95 milioni di euro: al primo marzo 2012 il titolo è crollato poco sopra i 70 centesimi per azione, con grande dispiacere delle banche creditrici le quali, ritrovandosi in mano dei collaterali così svalutati, ben difficilmente apriranno ancora i cordoni della borsa al Comune di Parma.

Alla luce di quanto visto finora è lecito porsi alcune questioni: intanto la questione dell’Inceneritore deve essere vista in un contesto critico ben più ampio per cui l’energia, l’acqua , il ciclo dei rifiuti devono tornare ad essere servizi di pubblica utilità gestiti in economia e devono essere sottratti ai pescecani e alle multinazionali dell’energia.

Sono patrimonio sociale e tale devono rimanere, in modo tale che siano in grado soprattutto nei momenti di crisi di fornire sostegno alle classi popolari, mediante politiche tariffarie accomodanti e servizi economici, tutto il contrario delle politiche delle multinazionali dell’energia. IR.EN infatti applica una politica tariffaria dettata esclusivamente dalle proprie esigenze di profitto e non si pone alcun problema riguardo alle ricadute sociali del proprio agire: sono all’ordine del giorno i distacchi delle utenze di acqua, luce e gas a famiglie in arretrato coi pagamenti, anche se ci sono bambini in casa o se le temperature esterne sono sotto zero, come è avvenuto ad esempio nell’inverno 2011 agli abitanti della casa occupata di borgo Poi a Parma o in altri drammatici casi.14 In secondo luogo occorre fare luce sul fatto che IR.EN, fornitore locale di servizi idrici energetici ed elettrici è in realtà una multinazionale coinvolta in operazioni estremamente complesse e rischiose come i rigassificatori o come l’assalto a giganti dell’energia tipo Edipower: operazioni che potenzialmente possono generare anche il fallimento o l’insolvenza del gestore IR.EN con conseguenze difficilmente immaginabili per la popolazione.15

La vicenda locale insomma conferma e illustra nel dettaglio il drammatico quadro generale: un sistema capitalistico alle prese con una profonda e insanabile crisi di profitti si “mangia” settori produttivi alla ricerca disperata di rendite ed entrate sicure, generando squilibri e controsensi talmente acuti da mettere in discussione la sopravvivenza dell’intero sistema.

1 La Repubblica, Enti locali e pubbliche virtù, 18 dicembre 1995.

2 I governi dei sinistri personaggi come Prodi, dalema, Amato, Fassino, Berlinguer, Napolitano ecc. sono i reponsabili di una lunghissima lista di politiche dagli esiti altamente disastrosi per le classi popolari : introdotto il lavoro interinale, privatizzate le banche pubbliche, finanziate le scuole cattoliche con la parità scolastica, svendute le centrali del latte, privatizzate le Poste, Telecom, Enel, la guerra contro la Serbia, ecc.

3 Gazzetta di Parma, L’UE dice si alla vendita di Amps, 16 dicembre 2000

4 “…l’operazione nasceva dalla precisa volontà, concertata con gli altri soggetti partecipanti alla fusione, di impedire che la partecipazione in Amps venisse acquistata da soggetti terzi estranei all’operazione di integrazione. Le azioni detenute dal pool di banche, al momento dell’atto di fusione, sono state convertite in azioni Enìa.” Claudio Giachetti, Enìa: un caso di fusione fra imprese multi-utility , in www.ticonzero.it

5 Idem

6 Il consigliere comunale reggiano del M5S Matteo Olivieri sostiene che "la partita per il controllo Edipower ha portato in pancia 225 milioni di euro di debito (il 20,5% di 1,1 miliardi di debito di Edipower)”, oltre al costo sostenuto per l’acquisto delle quote della stessa società.

7 Enia, un’altra municipalizzata allo Star , in www.soldionline.it , 26 giugno 2007

8 Dal sito internet www.wikipedia.it/enia

9 Gazzetta di Parma, 13 luglio 2007

10 www.parma.repubblica.it, Società partecipate e indebitate; Il Pd: "Esposte per 200 milioni", 20 marzo 2009

11 Corriere della Sera, 17 gennaio 2012

12 Tratto da un’ intervista al consigliere comunale di Reggio Emilia Matteo Olivieri, pubblicata sul sito www.reggionline.com , 18 febbraio 2012

13 Nella verifica di cassa straordinaria effettuata il 3 novembre 2011 dal sindaco uscente Vignali e dal commissario prefettizio è risultata una situazione differente: i titoli IR.EN di proprietà residua del Comune ammontavano in valore a poco più di 5 milioni di euro (ad un prezzo di mercato?), mentre al Comune restava fino al 30 giugno 2015 il diritto di usufrutto su 57.500.000 azioni IR.EN. Degli altri circa 10 milioni di azioni con diritto di usufrutto per il Comune di Parma nessuna traccia.

14 Il 20 aprile 2012 un cittadino infuriato ha scardinato le porte d’ingresso degli uffici IR.EN in strada santa Margherita a Parma e ha minacciato gli impiegati presenti, dopo che IR.EN aveva provveduto a staccargli la corrente elettrica, pare nonostante l’avvenuto pagamento delle bollette arretrate. In www.parmaoggi.it , 21 aprile 2012

15 Che la multiutility non veleggi in buone acque emerge da articoli come questo: IR.EN cede parte degli immobili. Plusvalenza di 28 milioni pubblicato il 23 dicembre 2012 su www.parma.repubblica.it . In pratica IR.EN vende 12 proprie sedi (compresa quella di Parma) ad un fondo appositamente costituito, per pagare poi l’affitto ai titolari delle quote del fondo stesso. Come dire: mi vendo la casa, pago l’affitto ai nuovi proprietari e col ricavato tiro a campare.

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