Gino Bartali: contraddizioni a due ruote e non solo

http://www.inventati.org/cortocircuito/wp-content/uploads/2014/08/bartali.jpg

Mettiamo a disposizione i link dei due tempi della miniserie Rai perché il codice fornito dalla stessa è bloccato:

https://www.youtube.com/watch?v=w_kGXia9unc

https://www.youtube.com/watch?v=ixigEG_3oMM

In questa “normale” estate di crisi, diluvi, #disagi nei trasporti, chiusure di giornali dei quali non sentiremo la mancanza, di spiagge vuote e temporali, può capitare di volersi rilassare accendendo la tv in piazzola, o collegandosi a rai.tv dai nostri tablet, in tenda, aspettando che smetta la pioggia e sperando che la tenda del decathlon-made-in-china non ci tradisca.

Mentre i facchini dell’Ikea scioperano, mentre i lavoratori Alitalia, ennesimo carrozzone nazionale mai ristrutturato e mantenuto a colpi di statalismo, protestano contro la (s)vendita in favore dei ricchi petro-beduini, cercando possibilmente un programma che non sia il solito tg che ci informa, puntuale tutti i lunedì, da 5 mesi a questa parte, che secondo il premier “sarà una settimana decisiva per le riforme”…può capitare di imbattersi in una fiction Rai, dedicata a Bartali.

Fin dalle prime battute si capisce che non è solo una fedele ricostruzione della vita del campione, basata sui racconti del figlio Andrea, ma è anche un piccolo affresco sull’Italia di quegli anni, dall’avvento del fascismo al dopo guerra.

Le prime battute del film sono dedicate al determinante ruolo della religione nella cultura rurale delle campagne fiorentine dell’epoca. Bartali perde il giovane fratello, promessa del ciclismo. Per meditare sull’accaduto, non potendosi connettere a facebook né farsi un selfie, si ritira in convento, e sulla lapide di suo fratello gli promette di portargli negli anni successivi, al posto dei fiori, una maglia rosa e una gialla: gli giura che avrebbe vinto per lui Giro d’Italia e Tour de France. Nell’intervista della prima vittoria al Giro, incitato dall’allenatore a fare “il ringraziamento a quello in alto”, sottinteso che era il Duce, Ginettaccio fa il “suo” dovere, ringrazia chi secondo lui era “più in alto di tutti”, la “Madre Vergine Maria”. Come dagli torto? chi è che è più in alto di tutti? il Duce? No. Nemmeno lui, pur istituendo un regime, riuscì mai nell’utopica impresa di laicizzare lo stato italiano.

Le autorità fasciste, stizzite e irritate dalla dichiarazione del già indiscutibile campione “nazionale”, nulla poterono contro il sentimento popolar-cattolico contenuto in quell’affermazione. Del resto Mussolini solo negli ultimi anni capì qualcosina di questo paese: “governare l’Italia non è impossibile, è inutile”.
La vocazione ipocrito-bigotta, aldilà del credo politico, dello cultura italiana si ripropone anche negli anni successivi, con lo “scandalo” di Fausto Coppi, al quale l’opinione pubblica, anche quella dei lettori del’ “Unità” come era lui, non perdonò il tradimento del matrimonio.

Attorno all’elemento religioso ruota anche la narrazione di alcuni eventi in cui la vita del fuoriclasse si intreccia alla lotta al fascismo. Di questa pagina della storia italiana viene evidenziata la natura interclassista e nazional-popolare delle forze che lottavano contro il regime per costruire la futura democrazia borghese italiana. Bartali dà il suo contributo, ovviamente a mani basse, sui pedali: salva un migliaio di ebrei sobbarcandosi numerose volte, tra il 1943 ed il 1944, i 175 km che separano Firenze da Assisi. Il cardinale Elia della Costa avevo infatto teso una mano all’allora rabbino di firenze Nathan Cassuto e Bartali era il corriere, il tramite di questa rete ebraico-cristiana che permetteva agli ebrei presenti in Italia di raggiungere o la Francia o la Yugoslavia (http://www.repubblica.it/cronaca/2013/09/23/news/bartali_giusto_tra_le_nazi oni-67078081/).

Finita la guerra è la volta della ricostruzione, per la gioia del capitale. Il partigiano Togliatti si appresta a firmare l’amnistia (http://it.wikipedia.org/wiki/Amnistia_Togliatti) che permette a pilastri dello stato fascista quali l’OVRA e alle individualità più importanti, come Guido Leto, di ricollocarsi tali e quali nel nascente stato italiano (Cfr. Stefania Limiti, “L’Anello”, Chiarelettere, 2009). Del resto, come poteva il buon Palmiro non essere riconoscente a colui – Guido Leto, capo dell’OVRA – che aveva salvato la vita al fratello Eugenio Giuseppe Togliatti?

Ma nel 1948 qualcosa traballa: un esaltato studente di Giurisprudenza (con scarse basi di relazioni internazionali, verrebbe da dire..) per paura di una secondo lui imminente invasione dell’ URSS, mina il processo di pacificazione nazionale sparando a Togliatti.

I militanti più fedeli del neo-nato Partito Comunista non più “d’Italia” ma italiano scesero in piazza insieme a coloro i quali avevano fatto la resistenza non per edificare lo stato borghese italiano ma per “fare come in Unione Sovietica” (secondo il vecchio motto della sezione italiana dell’Internazionale) che presero le difese proprio del leader che li aveva traditi.
Il “migliore”, come veniva chiamato Togliatti, rilasciò una dichiarazione dall’ospedale per rassicurare sulle sue condizioni, ma non bastò: ci voleva un’impresa che ricordasse ancora una volta alle due parti in conflitto la loro vocazione nazional-popolare. Al Tour de France le squadre all’epoca era divise anche per nazioni: Bartali, rappresentante quindi dell’Italia, recupera più di 40 minuti, e, dopo dieci anni dalla prima vittoria del Tour, arriva nuovamente a Parigi in maglia gialla. De Gasperi, pur sapendo che se si fosse trattato di una vera rivoluzione non sarebbe bastata una maglia gialla per “calmare” gli spiriti, lo ringraziò con un telegramma per aver sedato “divisioni e avversioni”. L’attentatore Antonio Pallante si fece 5 anni di prigione e venne graziato da un’altra amnistia (amnistia Azara, D.P.R. 19 dicembre 1953, n. 922, anch’essa come quella di Togliatti per reati comuni, politici, e militari) e adesso vive come un anonimo pensionato a Catania.
Bartali fu considerato il “salvatore dell’Italia”.

Il film restituisce al pubblico, con puntuale precisione, questi aneddoti a cavallo tra storia, ciclismo, e politica. Al netto della retorica (prima si diceva catto-com… ora si dice catto-dem), pur essendo una fiction Rai, è un buon modo di passare il tempo in questa grigia estate, aspettando chi il sole, chi le riforme, chi la formazione di un’organizzazione politica internazionalista in grado di guidare un cambiamento radicale, chi la improbabile riapertura de L’Unità, chi l’apertura del chiosco di giornali nel campeggio per comprare la Gazzetta dello Sport prima di andare in spiaggia.

“A ciascuno il suo…” (per ora) secondo il suo credito, o il suo reddito, la sua passione, la sua formazione politica, o la sua ideologia.

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