Think out of control! Contro la “buona scuola”

In vista del prossimo corteo studentesco, pubblichiamo questa analisi della riforma della scuola di Renzi a cura degli Studenti Autorganizzati Campani.

Da qualche settimana ormai, il governo Renzi ci ha proposto una nuova favola per raccontare le nuove disposizioni che riguarderanno il mondo della scuola. Si parla di “svolta epocale”,  di una scuola che guarderà finalmente agli interessi dei giovani studenti e dei docenti, che darà protagonismo all’iniziativa individuale e collettiva, che permetterà, finalmente, di raggiungere l’obiettivo di avere un mondo della formazione “bello”, “vivace” e “innovativo”. Renzi ci ha raccontato, in un documento pieno di neologismi yankee, che ritornerà l’investimento nella scuola pubblica per riqualificare l’edilizia, che ci aiuteranno i privati per aumentare i progetti formativi pomeridiani, per permettere a tutti di seguire le proprie aspirazioni e entrare facilmente nel mondo del lavoro che più ci piace, magari attraverso un hackathon per proporre app in un generale contesto di opening up education.

Ma, al di là dei colori, dei fumetti e delle supercazzole in inglese, è davvero così? C’è qualche miglioramento? Andando a leggere il documento presentato dalla ministra Giannini , ciò che salta all’occhio è un vero e proprio ricettario di misure che non portano a nessuna novità rispetto ai governi precedenti ma che, anzi, accelerano un percorso di distruzione, privatizzazione e  gerarchizzazione dell’istruzione pubblica. Tutto questo,  ancora una volta, senza prendere in considerazione le voci degli studenti  che, in questi anni, attraverso cortei, occupazioni, autogestioni, iniziative, assemblee hanno provato a denunciare e raccontare i veri problemi e le possibili risoluzioni per il mondo scolastico.

Ma andiamo a vedere punto per punto quali cambiamenti innovativi ci propone questa riforma.

  • Nessuna voce per le necessità degli studenti, nessuno spazio per la partecipazione

Chi vive quotidianamente tra le mura scolastiche sa benissimo quanto poco peso possa avere la voce della rappresentanza studentesca negli organi accademici come il consiglio d’istituto, quanto sia difficile anche solo far partire un corso pomeridiano proposto dagli studenti o ottenere un’aula autogestita, quanto tutto sia già “programmato” e noi, ubbidienti e silenti, siamo chiamati esclusivamente a riempire le nostre menti di nozioni, comportamenti adeguati, disciplina acritica verso ogni autorità. Ebbene, tutto questo non cambierà, anzi, nel documento della riforma si rende subito chiaro che verranno “ascoltati” (naturalmente per modo di dire) tutti, docenti, presidi, amministrativi, ma gli studenti non meritano nemmeno di essere nominati, anche se potranno sicuramente inviare qualche tweet!

A pag. 64 infatti, si legge che la riforma: “La metteremo a punto con i protagonisti della scuola: presidi, amministrativi, docenti. Perché nessuno meglio di loro può dire quali siano le regole più superflue, le complicazioni più inutili, cosa serva per sbloccare la scuola”

Ma il pacchetto, in realtà, è già confezionato: nel 3 capitolo del documento infatti si precisa come la figura del preside dovrà assomigliare sempre di più a quella di un vero e proprio manager di un’azienda: con la possibilità di decidere liberamente quali docenti assumere e quali ritenere i più “bravi” sulla base di criteri di valutazione che non prendono chiaramente in considerazione le nostre opinioni, il lavoro svolto in classe durante la didattica, ma solo ed esclusivamente i ritmi di produttività dei docenti, il monte ore di lavoro che si assumono, la quantità di progetti che riescono ad avviare, insomma il solito mantra della massima produttività senza guardare alla qualità dell’insegnamento e ai fini dello stesso nel produrre coscienza critica per formare individui, non robottini.

Quello di Renzi è un modello di scuola che guarda alle imprese, che guarda a come utilizzare per  i profitti di pochi la scuola attraverso l’apprendistato per avere manodopera a costo zero, e non si interroga invece assolutamente su come garantire il “diritto allo studio” per chi non ha le stesse condizioni economiche e sociali per affrontare il processo formativo.

Ecco che, allora, invece di inserire maggiori spazi di protagonismo per gli studenti, vera anima del mondo della scuola, si procede verso un percorso di gerarchizzazione e esclusione secondo logiche aziendalistiche per nulla estranee ai precedenti piani di governo che ormai subiamo da decine di anni a questa parte, ecco che spunta anche la possibilità di modificare il Testo Unico 297/94 che, seppure in maniera parziale, garantisce la possibilità di organizzare assemblee d’istituto, comitati studenteschi etc.

Per averne una veloce dimostrazione, provate a cercare sul documento “La buona scuola” di più di 130 pagine se c’è menzionato il “diritto allo studio” anche solo una volta, riceverete un’amara constatazione di quanto sia davvero interessato questo governo a noi studenti, ai nostri bisogni, alle nostre difficoltà.

  • Quali risorse per la scuola? Meritatevele o sennò, arrangiatevi!

Sempre nel 3 capitolo della riforma, si  promette lo stanziamento di circa un miliardo di euro per la riqualificazione delle strutture scolastiche che, ormai da anni, sono causa di disagi da parte di chiunque, lavoratore o studente, si trovi a passare a scuola una buona parte della propria vita. Abbiamo sentito spesso di ragazzi feriti o addirittura uccisi da crolli e altri incidenti dovuti alla scarsissima sicurezza delle strutture scolastiche. Dunque questo miliardo può essere la soluzione al problema?

Per il governo pare di sì, ma facendo delle rapide considerazioni ci accorgiamo di quanto ciò sia falso. Facendo una media delle spese necessarie ai lavori per l’edilizia scopriamo che per ogni scuola italiana ci vorrebbe un milione di euro, e se dividessimo il miliardo ne ricaveremmo poco più di quarantamila euro a singolo istituto. Dopodiché dobbiamo considerare anche il metodo usato per la distribuzione del denaro: questi finanziamenti non sono donati direttamente alle scuole ma devono passare per le varie province, le quali hanno una certa esperienza nel far sparire ingenti somme di denaro. Poi bisogna capire quali scuole prenderanno questi finanziamenti oppure no.

Se questi soldi verranno distribuiti in base ai risultati del test INVALSI (cosa che appare probabile) molti nodi verranno al pettine: le scuole che avranno un risultato più alto al test riceveranno quei fondi, mentre quelle scuole non meritevoli continueranno ad avere sempre i soliti problemi. Basta informarsi un po’ per capire che le INVALSI sono esattamente il contrario di ciò che si propongono di essere, ovvero un metro di giudizio oggettivo. E’ ovvio che una popolazione di studenti provenienti dai centri delle grandi città con la possibilità di pagarsi lezioni private risulterà mediamente più preparata di un gruppo di ragazzi della provincia di Napoli che non hanno la possibilità di studiare a casa perché il pomeriggio devono lavorare per sopravvivere. Così facendo si aumenta volontariamente il divario tra ricchi e poveri, scuole di serie A e scuole di serie B.

Un altro punto affrontato dalla riforma della Giannini (peraltro tema già caro al governo Monti) è quello dei finanziamenti dei privati. Le aziende avranno la possibilità di investire capitali della scuola pubblica (che, a questo punto, sarebbe pubblica solo a metà). Ora, un imprenditore investirà soltanto se sarà certo di avere qualcosa in cambio. Quel qualcosa può essere costituito da manodopera a basso costo o addirittura gratuita grazie ai tirocini (soprattutto per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali), la possibilità di cambiare il programma scolastico per poter portare nella propria azienda lavoratori educati secondo le volontà del padrone. Negli ultimi giorni si è verificato un fatto surreale permesso proprio da questa riforma: in una scuola, all’interno del libretto delle giustifiche, gli studenti hanno trovato una pubblicità del pub “Speedy Pollo”. Molto semplicemente il proprietario del locale aveva investito dei soldi in quell’istituto che in cambio ha fatto pubblicità all’impresa.

Nel testo della riforma Renzi ci dice che le risorse da investire nella scuola sono immense e lo Stato da solo non può pagarle, così giustifica la sua volontà di far entrare i privati all’interno delle scuole. Ma siamo sicuri che tra tutti i soldi sprecati per l’Expo di Milano, il Mose, la Tav, per l’esercito, per gli stipendi esagerati di manager pubblici (e qui finiamo l’elenco altrimenti andiamo avanti all’infinito) non si riesca a trovare una cifra ingente per il mondo scolastico? E’ un caso che a guadagnarci sono sempre e comunque imprenditori, padroni di aziende? L’entrata dei privati può condizionare solo in peggio la nostra vita scolastica. Come nella sanità americana, dove le aziende farmaceutiche finanziano ospedali ma impongono i loro farmaci, spesso costosi, inutili e dannosi per i pazienti, nella nostra scuola i padroni potranno imporsi in nome dei loro interessi.

  • E allora, a cosa servono gli studenti? A lavorare!

Entrando nel vivo della posizione dello studente, la riforma stabilisce che: “la possibilità di fare percorsi di didattica in realtà lavorative aziendali, così come pubbliche e del no profit, sarà resa sistemica per gli studenti di tutte le scuole secondarie di secondo grado..”

Finalmente, dopo tutti i bei discorsi sull’innovazione, sull’inglese, sulle app, sul digital qualsiasi cosa, su quanto è bella la musica e anche la storia dell’arte, si arriva al punto: che devono fare gli studenti per rivoluzionare davvero la scuola? Lavorare! Lavorare non solo se fai un istituto tecnico, ma perché no, in prospettiva anche se fai il classico o lo scientifico! Perché preparare la formazione magari con più laboratori a fini accademici, più momenti all’aperto, più scambi culturali, perché immaginare strade del genere quando il problema del governo non è formarci ma renderci utili per le aziende?

E allora ecco che a questo proposito vengono imposte quattro linee guida, ossia:

- “alternanza scuola – lavoro” rendere i tirocini obbligatori al triennio negli istituti tecnici ed estenderli di un anno negli istituti professionali.

- “l’impresa didattica” I beni o i servizi, prodotti dagli istituti, potranno essere commercializzati, utilizzandone il ricavato per investire sull’attività didattica. Per cui la scuola diventa una vera e propria azienda che, in parte, si autofinanzia tramite il lavoro, non pagato, degli studenti. E i laboratori previsti, lungi dal focalizzarsi sulle necessità didattiche, potranno provvedere a creare beni utili per un ritorno economico per la scuola o per l’azienda che li commissiona.

- “la bottega scuola” Sarà promosso l’artigianato con l’inserimento degli studenti in questi contesti imprenditoriali, così chiaramente se ti ritrovi a vivere in regioni con un basso tessuto industriale potrai sempre ripiegare lavorando per i piccoli artigiani. Magari qui a Napoli possiamo imparare a fare i presepi e poi li rivendiamo a mamma e papà per Natale così il preside sarà contento!

- “apprendistato sperimentale” Verrà diffuso, in via sperimentale, l’ apprendistato negli ultimi due anni della scuola superiore. Il modo in cui un liceo classico o scientifico possa intraprendere un apprendistato di tipo lavorativo per ora è del tutto ignoto.

Naturalmente per rendere accattivante tutto ciò per le aziende in tempi di crisi, il governo ha pensato a degli sgravi fiscali ed incentivi economici per chi investirà nella manodopera studentesca. Finalmente, a pieno titolo, potremo avere le imprese negli organi direttivi scolastici, magari con un bel registro Coca Cola e una divisa Benetton. Di tutto questo già parlava il DDL Aprea, ma, l’avrete capito ormai, a Renzi piace rubare le idee agli altri che da decenni hanno creato le condizioni per la miseria del mondo della formazione, così può dire di aver messo in campo una vera svolta, che, ahinoi, ci riporta indietro di centinaia di anni.

  • “guerra tra docenti”: criteri di assunzione e premialità

La vera magia di questa riforma, in ogni caso, sta nelle coperture finanziarie per la principale manovra annunciata: l’assunzione di 150.000 precari della scuola rientranti nelle graduatorie (GAE). Si parla di 3 miliardi di euro che il governo dovrà andare a pescare tagliando qua e là con una nuova finanziaria senza chiaramente rompere i vincoli del “Fiscal Compact”. Se e come ci riuscirà rimane un mistero,  non è invece misterioso il modo in cui si intende, anche nel corpo docente, provare ad abbassare i salari per introdurre scatti di merito di 60€ solo per il 66% del corpo docente, sulla cui applicazione decide chiaramente il preside-manager come un qualsiasi Marchionne, sostituendoliagli scatti di anzianità e vincolando il docente a dover rincorrere attività extra curriculari, amministrative, PON, tutto il necessario nel ring della competizione sfrenata per l’aumento salariale. Se questa vi sembra una svolta, quando, con gli attuali scatti di anzianità ogni 6/7 anni entrano nelle tasche di ogni docente tra i 110 e i 130 euro netti al mese, capirete che è una truffa fantastica ad una categoria lavorativa che già guadagna molto meno rispetto ai proprio colleghi europei.

Quest’anno non ci resta che spiegarlo anche ai nostri docenti che è venuto il momento di non abbassare la testa ma anzi di costruire, insieme, un’opposizione reale contro questa riforma facendoci sentire in ogni scuola, in ogni strada, perché le loro ricette sono la nostra rovina!

Insomma, l’abbiamo detto in ogni salsa: i provvedimenti di questa riforma vanno contro gli interessi di noi studenti, vanno contro gli interessi degli insegnanti, vanno contro gli interessi delle famiglie, vanno verso gli interessi esclusivi delle aziende, secondo il modello americano che ha già manifestato il suo totale fallimento. Come? Un modello simile crea un’estrema frammentazione della scuola pubblica, con risultati scolastici scadenti, perché l’insegnamento, lungi dal formare coscienze critiche, diventa un vero e proprio addestramento al lavoro e alla disciplina autoritaria. Negli U.S.A., infatti, le scuole migliori sono private e costosissime,mentre le pubbliche possono avere rette anche molto elevate e spesso le più accessibili economicamente parlando ma sono in quartieri disagiati e questo crea un vero e proprio divario di classe tra chi ha i mezzi per fare una scuola “figa” e all’”avanguardia” e chi va in scuole “parcheggio” che non garantiscono nessuna mobilità sociale.

Renzi sta portando avanti il processo di privatizzazione intrapreso da Berlinguer con la legge sull’autonomia, continuato da Tremonti con i tagli alla formazione, e, lo completa con questa riforma, con una figura come il preside-manager alla perenne rincorsa di sponsor che sceglierà le sue clientele di docenti e le migliori forme di controllo politico-culturale nell’ansia di avere un ritorno economico dagli eventuali investimenti privati.

Il problema fondamentale dell’ ingresso dei privati nei consigli d’ istituto,come anche quello della “gara ” fra docenti, è la standardizzazione dell’insegnamento che seguirà una sola direzione, quella “Buona”, in modo da ostacolare in tutti i modi una tipologia di didattica alternativa, atta all’apertura mentale e al pensiero critico. Renzi vuole chiudere a chiave la mente degli studenti, plasmandola su un modello preciso e approvato da un potere che ci vuole schiavi di ideali che non sono i nostri.

Per questo fermiamoli! Né questo né altri governi hanno le risposte che vogliamo, è il momento di costruire l’opposizione e l’alternativa a questo modo di pensare la scuola, di valutare gli studenti, di guardare ai profitti contro i nostri bisogni e i nostri diritti. Il 10 ottobre si inizia, con un corteo nazionale dislocato in numerose città d’Italia, ridiamo voce e protagonismo agli studenti, alle loro condizioni di vita, alle loro pretese sul futuro!

THINK OUT OF CONTROL!

La VERA svolta è nelle piazze!

#incendiamolautunno

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