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DA CAVOUR A MARCHIONNE 150 ANNI DI NODI IRRISOLTI

Poche settimane ancora ed entreremo nel vivo delle commemorazioni per il 150° dell’unità d’Italia già da qualche giorno, tuttavia, la classe politica di governo si sta scannando sull’opportunità di ridare lustro a questo oscuro e liso feticcio.
Sinceramente risulta difficile comprendere cosa ci sia da festeggiare, il paese è allo sbando, la politica ridotta a un guerra, all’ultimo sangue, tra clan per il mantenimento delle proprie posizioni di potere, altro che Risorgimento qui ci sarebbe da fare festa per il ritorno dell’ancien regime! Ancora più arduo risulta da capire che cosa abbia da lamentarsi quella parte di classe dirigente nordista –quella Lega tanto “per bene”- che fa finta di pagare le tasse e sgobbare duro per sé e per gli altri.
In fondo, la storia di questo paese, nell’ultimo secolo e mezzo, ha preso esattamente la piega auspicata dagli illustri politicanti anticipatori del “celodurismo” leghista: se il nord è ricco e produttivo e il sud povero e parassitario lo si deve proprio alla classe di governo, tutta nordista, che, all’indomani dell’unità, ha governato con pugno di ferro la nazione considerando il mezzogiorno alla stregua di una colonia africana da colonizzare e i suoi abitanti come una razza inferiore di briganti e subumani. Chi conosce la storia sa bene come gli impianti produttivi e industriali della Campania, per fare un esempio, siano stati sacrificati sull’altare del liberismo e di una supposta, maggiore competitività nel mercato europeo e mondiale, eh già, il mito della globalizzazione esercitava il suo fascino perverso sulle menti dei nostri governanti perfino un secolo fa’. Si tratti di un fine statista vintage come Cavour o di un moderno maneggione pop come Marchionne, che oggi fa lo stesso con la FIAT e, per giunta, si prende tanto di pacche sulle spalle dai politici di destra e sinistra, in questo paese, il liberismo ha prodotto solo sfaceli e drammi sociali.
Ma oggi il liberismo è il Verbo, l’unica via percorribile e nessun partito sembra avere il fegato di contrastarne in campo aperto le nefaste mattanze sociali. I distinguo trasversali agli schieramenti della politica di Palazzo, riguardo al tema festeggiamenti del 150°, sembrano, rispetto alla situazione che stiamo vivendo e subendo come popolo, qualcosa di trascurabile.

Resta l’amarezza e la rabbia nel sapere in anticipo che, dato l’anniversario a cifra tonda, quest’anno più che mai, alcune figure chiave della nostra storia passata verranno utilizzate strumentalmente e senza pietà, per la memoria loro e quella altrui, in veste di “padri nobili” di questa nostra bella repubblica caduta in mano a puttane e papponi professionisti della politica.
Non potranno nemmeno reagire i vari Mazzini, Pisacane e Garibaldi d’Italia ormai ridotti a statue arrugginite, santini innocui buoni solo per le noiose cerimonie di Stato. A noi, allora, piace invece ricordare che Garibaldi è stato un pirata e un nemico delle polizie di mezzo mondo, Mazzini un sovversivo che ha passato buona parte della sua vita in prigione o nella clandestinità, Pisacane un disertore per amore, perseguitato per mezza Europa dal governo napoletano.

Si chiamasse Anarchia, Repubblica o Socialismo, questi personaggi hanno lottato, scarificando la loro intera esistenza, per un’idea di Giustizia Sociale. Sono uomini come questi i nostri Antieroi preferiti, padri di una Patria che non sarà mai la vostra. Non c’è peggior insulto alla loro memoria dello schifo di chi ci governa.

Io più non aggiungo che una parola: se non riesco disprezzo profondamente l’uomo ignobile e volgare che mi condannerà: se riesco apprezzerò assai poco i suoi applausi. Ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell’animo di questi cari e generosi amici, che mi hanno recato il loro concorso e diviso i battiti del mio cuore e le mie speranze: che se il nostro sacrificio non apporta alcun bene all’Italia, sarà almeno una gloria per essa l’aver prodotto dei figli che vollero immolarsi al suo avvenire.

- Carlo Pisacane

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