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REFERENDUM |
14/06/2003 |
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Art. 18 per tutti o barbarie
Uno spettro s'aggira per l'Italia: il referendum del 15 giugno. Il primo referendum nell'epoca postindustriale. Il 15 e 16 giugno, dopo due anni di attacco senza precedenti da parte della destra aziendalista-fascista-razzista a ciò che rappresentava una regolazione sociale complessiva del mercato del lavoro fordista, saremo chiamati a rispondere al quesito se sia giusto o no estendere a tutti i lavoratori l'art.18 dello Lo Statuto dei Lavoratori del 1970. Oggi, la legge sanziona l'ingiusto licenziamento prevedendo dei meccanismi di reintegro per le realtà aziendali che abbiano più di 15 lavoratori.
Come se fosse accettabile accettare l'ingiusto licenziamento solo perchè si lavori "al di sotto" di quella soglia!!
Il referendum è il frutto di due anni di lotte operaie sui contratti separati che CISL e UIL hanno voluto sottoscrivere in questo periodo, fino a giungere a quel famigerato Patto per l'Italia che piace tanto anche alla sinistra neoliberista.
Alla base di questo referendum vi è l'affermazione dell' indisponibilità di un diritto ad essere mercanteggiato in qualsiasi modo dall'impresa e la generalizzazione di tutti i diritti conquistati a tutto il mondo del lavoro.
E' pur vero che l'estensione dell'articolo 18 non riguarda certamente molte tipologie di lavoratori precari ed atipici (arrivati, dalle ultime stime ad essere 5 milioni), che rappresentano sempre più la precarizzazione del lavoro fordista e la crisi della società del lavoro così come l'abbiamo conosciuta nel novecento: crisi del comando salariale e precarizzazione esistenziale.
Il valore che si puo' assegnare a questo referendum è di essere, piuttosto che uno strumento legislativo "dal basso" - le indicazioni dei referendum sono spesso state disattese nel passato dalla classe politica - un chiaro messaggio al padronato ed ai politici della volontà popolare di invertire la rotta della precarizzazione del lavoro. Mainstream che, ricordiamo, già s'avviò da parte del Centro-Sinistra col Pacchetto Treu sulla flessibilità, ottenuto col consenso della CGIL che ancora non era stata trascinata dalla FIOM su una opposizione più forte alla cogestionalità liberista.
Di fronte a questa prospettiva di inversione di rotta, l'Ulivo s'è spaccato e la sinistra riformista, in splendida identità di vedute con la Confindustria, sta tentando di sabotare il raggiungimento del quorum con inviti ad andare al mare o a non votare. Cofferati compreso.
Anche nel Movimento sono presenti posizioni astensioniste che però affrontano il tema posto in essere da questo referendum con altro tono e con altre motivazioni rispetto alla sinistra riformista.
Chi invece sostiene il SI al referendum sull'art. 18, pensa che - se vincente - potrebbe diventare uno strumento per bloccare l'attacco portato ai lavoratori dalle leggi come la Legge Delega n. 30, il Ddl 848 ed il Ddl 848-Bis, che le forze padronali stanno già incassando dal Governo e dal Parlamento, così da riconfigurare una nuova stagione di lotte sociali.
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FIAT TERMINI IMERESE |
08/12/2002 |
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Difenderemo il posto di lavoro anche con il sangue
--> 5 Dicembre: salta l'accordo, in 5600 a casa Audio [ 1 | 2 ]
La crisi dell'auto, aggravata dall'inerzia di un management senza idee e
senza progetti, travolge la Fiat. I vertici dell'azienda annunciano un
drastico piano di ristrutturazione in cui, tanto per cambiare, a farne
le spese sono gli operai del gruppo: 7.600 dipendenti in cassa
integrazione, 500 in mobilità breve e la chiusura degli stabilimenti di
Arese e Termini Imerese. In una terra in cui disoccupazione e precarietà
del (poco) lavoro che c'è la fanno da padrone, lo stabilimento siciliano
è una delle rare realtà di una, sostanzialmente mancata,
industrializzazione dell'Isola.
Mentre in tutta Italia gli operai Fiat
incrociano le braccia e scendono in strada, il punto nevralgico della
protesta è proprio Termini
Imerese che non ci sta. Prima lo sciopero
generale di tre giorni, poi un corteo di 20.000 persone a cui partecipa tutta la città, e poi ancora blocchi stradali e ferroviari, impedito l'accesso al porto di Palermo e poi all'aeroporto Falcone e Borsellino e infine bloccati anche gli imbarchi allo stretto di Messina nel giorno dello sciopero generale dei metalmeccanici.
continua>>
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06/05/2003 |
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9 maggio : e' call strike!
Il 20 settembre 2002 la Vodafone-Omnitel ha comunicato a lavoratori e
sindacati la disdetta del contratto metalmeccanico e il passaggio, dal
primo gennaio 2003, al contratto telecomunicazioni, che segna un
peggioramento netto della situazione dei lavoratori e delle
lavoratrici.
Da settembre ad oggi la Vodafone-Omnitel e' stata quindi investita da
mesi di mobilitazioni, scioperi, assemblee, volantinaggi, senza ottenere
che l'azienda tornasse sui suoi passi o accettasse una armonizzazione
dei due contratti, al fine di non peggiorare le gia' inaccettabili
condizioni di lavoro.
Dopo mesi di trattative e di fronte alla negazione da parte dell'azienda
di alcun valore alla rappresentanza sindacale e dell'esistenza di forme
di integrazione
del nuovo contratto rispetto alle precedenti condizioni di lavoro, alla
indisponibilita' a trovare un momento di incontro e di negoziazione, a
ripristinare le liberta' sindacalli in azienda e sospendere le decisioni
unilaterali fino a conclusione della trattativa, venerdi' 9
maggio e' stato dichiarato uno sciopero nazionale dei lavoratori e
delle lavoratrici della Omnitel Vodafone.
Lo scontro e' evidentemente piu' che sindacale, coinvolgendo
principalmente la ricattabilita' e la subordinazione dei lavoratori,
piu' che le sole questioni economico/salariali: la precarieta' e
felssibilita' degli orari sono i punti cruciali dell'attacco ai diritti
dei lavoratori da parte della Omnitel-Vodafone.
Per alcuni settori, pero', lo sciopero vessato dalle leggi antisciopero
sui servizi di pubblica utilita', e' diventata un'arma troppo poco
efficace. Per questo si stanno immaginando forme non tradizionali
di mobilitazone che colpiscano l'immagine della azienda e stimolino il
coninvolgimento dei clienti nel solidarizzare con i lavoratori e le
lavoratrici come azioni simboliche e un call
strike, invitando clienti e simpatizzanti a riempire il numero
190 e il numero 43232 di chiamate di solidarieta'.
La battaglia pero' non si ferma alle rivendicazioni di maggiori diritti
e di condizioni di lavoro accettabili, ma deve coinvolgere il tentativo
di non "introiettare l'interesse dell'azienda e la sua cultura come
propria" ma di costruire insieme un sentire e un agire altro.
[ sito rsu milano
omnitel | call strike
| materiale
di approfondimento ]
E le mobilitazioni sui call center si allargano: Atesia | tim 119
Aggiornamenti
06/05/2003: i lavoratori consegnano 1700 firme di protesta
07/05/2003: interviste con il comitato lavoratori in lotta
09/05/2003: picchetto - call strike - corteo - cronologia - audio dalle mobilitazioni - prime impressioni lavoratori - comunicato lavoratori
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