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Lavoratori CFT - il punto della situazione

Alcuni lavoratori fanno il punto della situazione ad un mese dall'avvio delle procedure di mobilità in CFT e e propongono forme di lotta più radicali delle poche iniziative finora messe in campo.

Ad un mese dall'inizio della procedura di mobilità nulla di nuovo e positivo si profila all'orizzonte. Dopo qualche incontro tra organizzazioni sindacali e azienda e qualche timida iniziativa per nulla soddisfacente, il tempo scorre inesorabilmente per il destino dei lavoratori e delle lavoratrici della CFT. La strategia sindacale è parsa chiara fin da subito: cercare in tutti i modi un accordo che preveda licenziamenti su base volontaria (con quali incentivi?) e qualche ricollocamento tramite artigiani (poco più di una decina sui 64 esuberi dichiarati e con contratti da fame!).

Mai strategia sindacale si è rivelata più sbagliata! Il vero problema è che se l'azienda dovesse riuscire nell'intento di esternalizzare o delocalizzare la quasi totalità della produzione, sarebbe fortemente compromesso anche il futuro di coloro che continueranno a lavorarci. Si avrebbe infatti l'inevitabile e incontrollata moltiplicazione dei costi di garanzia dovuta alla scarsa conoscenza del prodotto ed inesperienza delle aziende che dovrebbero sostituire la manodopera interna nelle lavorazioni chiave. La CFT non è strutturata per questo genere di operazioni e il prezzo da pagare potrebbe essere insostenibile. Questa vertenza non è come le altre già vissute dai lavoratori della CFT, sia perché il numero di licenziamenti è più alto e comprende intere aree, sia perché l'azienda ha già ribadito che o si rispettano questi numeri oppure il fallimento è dietro l'angolo, o per lo meno l'amministrazione controllata, aggiungiamo noi. Se l'azienda, come ha dichiarato ufficialmente l'A.D., ha seri problemi economici, non si capisce il perché venga negato l'uso di ammortizzatori sociali come la cassa integrazione a rotazione che consentirebbe di alleggerire il peso economico per superare quelli che sono tradizionalmente i periodi "scarichi" come l'autunno, in attesa che il mercato si ravvivi, piuttosto che procedere con licenziamenti di massa di lavoratori che non hanno alcuna responsabilità del disastro finanziario, risultato invece di pessima gestione manageriale rispondente ai voleri della proprietà della CFT. Paradossalmente sono proprio i lavoratori che, seppur incolpevoli, hanno il difficile ma non impossibile compito di tentare di impedire quello che sembra un vero e proprio suicidio dell'azienda, respingendo l'ennesimo infame attacco padronale per salvaguardare non solo i 64 posti di lavoro, ma anche un patrimonio di conoscenze ed esperienza senza le quali la CFT non avrebbe futuro. Ma a questo punto è necessario un salto qualitativo nella lotta. Le organizzazioni sindacali devono farsi carico delle richieste dei lavoratori che propongono forme di lotta ben più radicali di quelle espresse finora, come il blocco totale dell'azienda, previa informativa data a tutti i clienti nel mondo, facendo mancare assistenza nel pieno della campagna. E' questo infatti il periodo più delicato dell'anno per quanto riguarda l'impiantistica per la trasformazione del pomodoro, core business della CFT, e sarebbe deleterio non approfittarne per cercare di convincere il padrone ed il management a più miti consigli.

Alcuni lavoratori CFT

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