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GUERRE GLOBALI 27/04/2004
ALT

precipita la situazione in chiapas

:: NEW :: Sabato 10 Aprile a Zinacantan è statoattaccato da militanti del Partito della Rivoluzione Democratica, un corteo di basi d’appoggio zapatiste che volevano distribuire acqua alle famiglie della zona a cui alcuni mesi fa ne era stata tagliata l’erogazione: 29 feriti anche da colpi d'arma da fuoco. Fonti della Croce Rossa riferiscono di due zapatisti morti.

::AGGIORNAMENTI::


Comunicato della Red de defensores comunitarios | Corrispondenza da San Cristobal

11/04 [ 1 ] [ Sui feriti ]
12/04 [ Testimonianza ] [ L'indifferenza dei politici ] [ Per le autorità tutto normale ]
13/04 [ Conferenza stampa ]
[ Report osservatori dei diritti umani 1 - 2 ] [ 125 famiglie sfollate ]
14/04 [ Aggiornamenti ] [ Ancora 5 i dispersi ]
15/04 [ I motivi dell'agguato ] [ Comunicato Caracol di Oventik ] [ La Jornada ] [ Dichiarazioni del governo ]
16/04 [ Inchiesta e giustizia ]
17/04 [ Riaprire il dialogo ]
20/04 [ Ancora attacchi paramilitari a Tiutzol ]
21/04 [ Comunicato JBG Oventik ] [ Il municipio di Zincatan vuole sapere la verità ]
22/04 [ La COCOPA chiede di riaprire il dialogo ]
23/04 [ Il ritorno dei desplazados ]
25/04 [ Oggi il ritorno dei desplazados ]
26/04 [ Ancora sui desplazados ]
27/04 [ Porteranno l'acqua a Zinacatan ] [ grave il "governatore ribelle" Amado Avendano Figueroa ]

::APPROFONDIMENTI::

[ Chiapas, tra Nafta e migrazione ]
[ Foto 1 - 2 - 3 - 4 - 5 ]
[ Appello per i desplazados - 2 ]
[ Reazioni dall'Europa - Appello dalla Spagna ]

More news su IMC Chiapas | www.ipsnet.it/chiapas

--
A dieci anni dall'insurrezione armata dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, sta nuovamente crescendo la militarizzazione della regione e ci sono stati molti nuovi movimenti di truppe sulle strade del Chiapas.
Rischia inoltre di precipitare la situazione già precaria dei 5.500 desplazados (profughi) accampati a San Pedro Polhó, capoluogo dell'omonimo Municipio Autonomo, Altos de Chiapas.
La Croce Rossa Internazionale ha deciso di lasciare questa zona sostenendo che "la priorità in questo momento è l'Iraq" e dopo che lo status internazionale degli indigeni che dal 1997 (dopo il massacro di Acteal) vivono ancora in accampamenti precari, è passato da vittime di guerra a profughi interni, cui non viene garantito alcun diritto.
La presenza della CRI in questa zona, seppur con alcune riserve, rappresentava un segnale minimo di attenzione sanitaria alle oltre 5.000 persone che vivono in condizioni igieniche e sanitarie allarmanti, perché impossibilitate a far ritorno alle comunità di origine a causa della minaccia rappresentata da gruppi paramilitari che - come denunciato anche da Don Samuel Ruiz - si sono riattivati negli ultimi mesi, nonostante le smentite ufficiali.
Il problema in realtà riguarda la strategia di saccheggio delle risorse naturali della Selva disegnata nei progetti del Corridoio Biologico Mesoamericano e del Plan Puebla Panama che comporta una crescente militarizzazione e l'intensificazione dell'offensiva contro le comunità indigene nei Municipi Autonomi in Chiapas. Il 22 gennaio scorso, nella regione dei Montes Azules, con l'intervento di corpi di polizia federale e statale, sono state bruciate 23 case e sgomberati violentemente gli abitanti della comunità di Nuevo San Rafael, ed è stato impedito l'accesso alla zona dei rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani, come il Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, lasciando questa zona completamente isolata. La politica degli "sgomberi" insieme a quella degli omicidi mirati, rientra pienamente nella strategia dei grandi piani di sviluppo che riguardano questa zona del mondo.
Nella regione del Caracol de La Garrucha, con popolazione di etnia Tzeltal cui fanno riferimento le basi d'appoggio dei Montes Azules, prosegue la devastazione dei boschi con i permessi del governo: già migliaia di metri cubi di legname sono stati saccheggiati e svenduti, per altro, ad un prezzo miserabile.
Da segnalare, inoltre, le continue aggressioni da parte di funzionari municipali del PRD contro le basi di appoggio dell'EZLN nella comunità di Zinacantán, con l'interruzione della fornitura di acqua potabile ed impedendo il transito agli zapatisti che ha portato le basi d'appoggio della zona a manifestare numerose il 13 febbraio scorso.
In aggiunta, s'inasprisce il livello di controllo sugli osservatori di pace internazionali, con la richiesta di un parlamentare chiapaneco di "fare ricorso all'espulsione" per queste persone in quanto "violerebbero le regole del permesso di soggiorno turistico".

E' possibile contribuire all'emergenza dei profughi nel Municipio di Polhó con versamenti sul conto corrente bancario di Mani Tese (piazzale Gambara 7/9 - 20146 Milano) n° 40 c/o Banca Popolare Etica, sede di Padova, Piazzetta Forzaté 2, ABI 05018, CAB 12100 specificando la causale "Micro 2025 - Emergenza Chiapas".

#AGGIORNAMENTO 3/3/2004
Allarme sgomberi nei Montes Azules

#AGGIORNAMENTO 17/05/2004
Denuncia della JBG di Oventik

#AGGIORNAMENTO 30/05/2004
San Pedro Polho' denuncia minaccie di paramilitari

Altri documenti recenti:
I priisti propongono l'uscita degli zapatisti dal municipio di Cancuc | Sugli assasini di zapatisti | La situazione delle donne indigene | Il ricordo di Acteal | Arrestato uno zapatista a San Cristobal | Rapporto sui diritti umani in Chiapas| da PeaceLink| Secondo Dossier Chiapas
CECENIA 23/02/2004
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Persecuzione senza fine

Marcho doryla (che la libertà sia con te): è il saluto che si scambiano tra di loro gli abitanti della Cecenia, uno dei territori che più hanno sperimentato le violenze di regimi totalitari, dell'espansione coloniale, del furto delle risorse (in questo caso il petrolio), della intolleranza etnica e religiosa. Sessanta anni fa, il 23 febbraio 1944, Stalin ordinò la deportazione di massa del popolo ceceno in Asia Centrale. Oltre 490 mila persone vennero trascinate sui treni e trasportate nei carri bestiame in Kazakistan. Oltre mille morirono.
Non è una data da memoriale.
Il genocidio ceceno infatti è continuato e continua: dal 1991, quando Dudaev ha proclamato l'indipendenza cecena, i ceceni sono stati oggetto di persecuzioni. Oltre 50.000 persone sono morte nel corso della prima guerra tra il 1994 e il 1996. Una seconda guerra è ripresa ufficialmente nel 1999 e continua ancora oggi, ed è proprio per chiederne la fine che l'anno scorso un gruppo di combattenti ceceni si era chiuso nel teatro Dubrovka a Mosca con 800 spettatori. E l'interferenza russa è sempre più pesante.
GIUSTIZIA PER LA PALESTINA! 20/02/2004
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ILLEGALE!

Il prossimo 23 Febbraio alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell'Aja è in discussione l'illegittimità del Muro. La Corte sarà chiamata infatti ad ascoltare interventi e testimonianze contro la legittimità del Muro, denominato muro dell'Apartheid, che Israele sta costruendo nei territori occupati. Le società civili in tutto il mondo si oppongono e la comunità internazionale deve assumersi le sue responsabilità di fronte a un progetto già dichiarato illegale dalle Nazioni Unite. Nei Palestinesi, come in tutte le persone che vogliono giustizia, cresce la preoccupazione per le pressioni sulla Corte tendenti ad ostacolare una decisione rapida e giusta contro il Muro, pressioni che nascono dai timori israeliani per i risultati delle udienze del ICJ.
Nel frattempo, la costruzione del Muro continua giorno dopo giorno (report | mappa). In occasione della prima udienza sul Muro alla Corte Internazionale dell'Aja, il network di ONG palestinesi PENGON e la Campagna Palestinese contro il Muro dell'Apartheid fanno appello a tutti i gruppi, le reti e i movimenti di solidarietà perché si alzi la voce contro questo crimine e si denunci l'illegalità di questo muro.

Il Muro viola chiaramente i Diritti Umani fondamentali, tra cui il diritto alla liberta' di movimento, il diritto all'educazione, alla salute, al lavoro e alla proprieta'. La costruzione del Muro comporta l'annessione illegale di un territorio gia' occupato e come tale è un Crimine di Guerra, una "grave violazione" della IV Convenzione di Ginevra.
Il governo israeliano infrange continuamente il diritto internazionale per stringere ancora di più la morsa dell'Occupazione in Palestina, attraverso la costruzione del Muro che, una volta completato, sarà lungo circa 730 km e annettersi il 50% della Cisgiordania. Il Muro rafforza un regime di Apartheid, dal momento che il suo percorso va tutto a beneficio dei coloni ebrei e dello stato di Israele, a scapito della popolazione palestinese.
Contro questa politica di occupazione e espansione e contro il progetto del Muro dell'Apartheid da tempo sono in atto lotte e proteste di ogni forma in Palestina, in Italia e in tutto il resto del mondo. A queste Israele risponde internamente con l'incarcerazione di chi rifiuta di combattere, e esternamente con la violenza solita di un'esercito di occupazione: pallottole e granate contro chi si ribella, restrizioni illegali e indiscriminate a chi volesse entrare nei territori per solidarizzare e testimoniare, e infine la solita violenza cieca contro la popolazione palestinese.

Maggiori Info: Campagna contro il Muro
ECUADOR 21/02/2004
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3 giorni di mobilitazioni contro la repressione e il governo Gutierrez

Il 16 Febbraio ha segnato l' inizio di tre giorni di mobilitazioni in tutto il paese contro il presidente Gutierrez e il suo piano per trasformare l' Equador in uno stato poliziesco al servizio degli interessi stranieri. Con un incredibile voltafaccia rispetto alla piattaforma politica che gli aveva permesso di andare al governo, Gutierrez ha dato il via libera ad uno sfacciato processo di militarizzazione della societa' equadoriana, attraverso ampie concessioni agli Stati Uniti in materia di infrastrutture militari e al terrorismo di stato contro l' opposizione indigena, che in larga parte e' stata artefice del suo successore elettorale. Dopo il tentato omicidio di Leonidas Iza, portavoce dell' organizzazione indigena CONAIE, e con la popolarita' del presidente ridotta a meno del 15%, la protesta ha dilagato in 7 province del paese - le percentuali piu' alte si sono registrate nel Cotopaxi, provincia a sud di Quito - con marce, scioperi e blocchi delle principali vie di comunicazione del paese, come l' autostrada panamericana. La repressione da parte dell' esercito si è fatta sentire nella provincia di Azuay, nel sud dell'’Ecuador dove circa 2 mila manifestanti dell'Unione delle Comunità Indigene dell'Azuay (UCIA) sono stati dispersi con lacrimogeni e proiettili di piombo. Il bilancio e' di 17 manifestanti feriti da colpi di arma da fuoco e di altri sedici che sono stati arrestati. Una donna, María Galvay di 63 anni è morta a causa dei due proiettili che l'hanno colpita allo stomaco.
A poco piu' di un anno dall' inizio Gutierrez si trova ad affrontare una fortissima ondata di malcontento sociale. Oltre alle proteste contro la repressione delle organizzazioni indigene, il governo ha incontratro fortissime opposizioni a progetti quali la famigerata 'legge sulla biodiversita', le privatizzazione di settori vitali come quello petrolifero, delle telecomunicazioni e dell' elettricita', la militarizzazione della comunita' amazzonica di Sarayacu. A questo si somma la crisi del settore pubblico che ha generato tagli ai posti di lavori e i numerosi scandali, tra i quali i presunti traffici clandestini di armi con le guerrigle colombiane, che hanno coinvolto elementi di spicco del governo.

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DISOCCUPATI ARGENTINI IN LOTTA 20/02/2004
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ARGENTINA BLOCCATA

Giovedi 19 è stata in tutta l'Argentina una giornata di mobilitazione dei gruppi di disoccupati in lotta.
Attraverso un piano coordinato di blocchi stradali e manifestazioni, sfidando allarmismi e minacce dei mass media, i piqueteros hanno bloccato diverse arterie del traffico autostradale urbano, dalle province del Nord alla Terra del Fuoco.

E' stata contestata la riforma del lavoro che il governo nazionale sta per approvare e richiesto un allontamento deciso dalle posizioni ultraliberiste del FMI. Sussidi di disoccupazione, tariffe basse per il trasporto pubblico e libertà per i compagni arrestati, sono state le altre rivendicazioni condivise da migliaia di uomini e donne permanentemente in lotta in un paese permanentemente in crisi

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